Papa Bergoglio conclude la sua visita pastorale prima in Ungheria e poi in Slovacchia ed esorta a vivere una fede senza compromessi.
L’ultima giornata di papa Francesco in Slovacchia è nel segno di Maria. Tutta la mattinata, il Santo Padre l’ha trascorsa presso il santuario nazionale di Šaštín.
Al suo arrivo, il Pontefice ha incontrato in forma privata i vescovi slovacchi per un momento di preghiera nella basilica dei Sette Dolori della Vergine Maria, nel giorno della festa liturgica di Maria Addolorata.
Nella preghiera, Papa e vescovi hanno affidato “la nostra vita”, “la nostra patria” e “la nostra stessa comunione episcopale”. “Regina degli Apostoli e Rifugio dei peccatori, che conosci i nostri limiti umani, i fallimenti spirituali, il dolore per la solitudine e l’abbandono: risana con la tua dolcezza le nostre ferite”, recita un passaggio dell’invocazione.
Dopo aver compiuto un giro in papamobile tra i fedeli, Francesco ha presieduto la sua ultima messa in terra slovacca, poche ore prima del suo volo di ritorno a Roma.
“In questo Santuario nazionale di Šaštín, il popolo slovacco accorre, con fede e devozione, perché sa che è Lei [Maria, ndr] a donarci Gesù – ha detto durante l’omelia –. Nel “logo” di questo Viaggio Apostolico c’è una strada disegnata dentro un cuore sormontato dalla Croce: Maria è la strada che ci introduce nel Cuore di Cristo, che ha dato la vita per amore nostro”.
In Maria, sono riconoscibili tre dimensioni della fede: “il cammino, la profezia, la compassione”. La prima dimensione risalta nell’episodio della visita a Santa Elisabetta. Maria, ha spiegato il Pontefice, “non ritenne un privilegio l’essere stata chiamata a diventare Madre del Salvatore; non perse la gioia semplice della sua umiltà per aver ricevuto la visita dell’Angelo; non rimase ferma a contemplare sé stessa, tra le quattro mura di casa sua”.
Al contrario, Maria “ha vissuto quel dono ricevuto come missione da compiere; ha sentito l’esigenza di aprire la porta e uscire di casa; ha dato vita e corpo all’impazienza con cui Dio vuole raggiungere tutti gli uomini per salvarli con il suo amore”.
Il cammino in cui Maria si avvia mostra la radicalità delle sue scelte: “alla comodità delle abitudini preferisce le incognite del viaggio, alla stabilità della casa la fatica della strada, alla sicurezza di una religiosità tranquilla il rischio di una fede che si mette in gioco, facendosi dono d’amore per l’altro”.
Maria diventa dunque “modello della fede di questo popolo slovacco”: una fede “sempre animata da una devozione semplice e sincera, sempre in pellegrinaggio alla ricerca del Signore”.
Non una “fede statica, che si accontenta di qualche rito o vecchia tradizione” ma una fede che fa “uscire da stessi”, portando “nello zaino le gioie e i dolori, e fate della vita un pellegrinaggio d’amore verso Dio e i fratelli”.
Bergoglio ha quindi ricordato la dimensione “profetica” della fede di Maria, il cui “agire misericordioso […] rovescia le logiche del mondo, innalzando gli umili e abbassando i superbi (cfr Lc 1,52)”. È nel grembo di Maria che culmina la “profezia d’Israele”, poiché “Ella porta in grembo la Parola di Dio fattasi carne, Gesù”.
Il Santo Padre ha raccomandato di non “ridurre la fede a zucchero che addolcisce la vita”. Gesù, infatti, “è segno di contraddizione. È venuto a portare la luce dove ci sono le tenebre, facendo uscire le tenebre allo scoperto e costringendole alla resa. Per questo le tenebre lottano sempre contro di Lui”.
Davanti a Gesù, “non si può restare tiepidi, con ‘il piede in due scarpe’. Accoglierlo significa accettare che Egli sveli le mie contraddizioni, i miei idoli, le suggestioni del male; e che diventi per me risurrezione, Colui che sempre mi rialza, che mi prende per mano e mi fa ricominciare”.
Anche la Slovacchia, ha proseguito il Papa, ha bisogno di “profeti”, che, senza essere “ostili al mondo”, siano “segni di contraddizione” nel mondo, che sappiano “mostrare, con la vita, la bellezza del Vangelo”.
Francesco auspica “tessitori di dialogo laddove le posizioni si irrigidiscono; che fanno risplendere la vita fraterna, laddove spesso nella società ci si divide e si è ostili; che diffondono il buon profumo dell’accoglienza e della solidarietà, laddove prevalgono spesso gli egoismi personali e collettivi; che proteggono e custodiscono la vita dove regnano logiche di morte”.
Maria è infine “Madre della compassione”; è colei che si è definita “serva del Signore”, che si è preoccupata di “non far mancare il vino alle nozze di Cana (cfr Gv 2,1-12), ha condiviso con il Figlio la missione della salvezza, fino ai piedi della Croce”.
E sotto quella croce, Maria “semplicemente rimane […]. Non scappa, non tenta di salvare sé stessa, non usa artifici umani e anestetizzanti spirituali per sfuggire al dolore”.
Rimanere sotto la croce è la “prova della compassione”: Maria lo fa “col volto segnato dalle lacrime, ma con la fede di chi sa che nel suo Figlio Dio trasforma il dolore e vince la morte”. La sua fede “non rimane astratta, ma ci fa entrare nella carne e ci fa solidali con chi è nel bisogno”.
A conclusione della celebrazione eucaristica, il Papa ha ringraziato i vescovi slovacchi e tutte le autorità civili e religiose che hanno reso possibile il suo viaggio. “Sono grato a tutti coloro che in diversi modi hanno collaborato, soprattutto con la loro preghiera – ha detto –. E sono lieto di rinnovare il mio saluto ai Membri e agli Osservatori del Consiglio Ecumenico delle Chiese che ci onorano con la loro presenza”.
Luca Marcolivio
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