Papa Francesco ha presieduto il consueto Angelus domenicale in una calda giornata di sole alla presenza di tanti pellegrini giunti in Piazza San Pietro da tutto il mondo. Al centro della sua catechesi, il Vangelo della celebre parabola del seminatore. Il servizio di Sergio Centofanti:
Prima di commentare la parabola del seminatore, il Papa premette che Gesù usava un linguaggio semplice, servendosi “anche di immagini che erano esempio di vita quotidiana in modo da poter essere compreso facilmente da tutti”:
“Per questo lo ascoltavano volentieri e apprezzavano il suo messaggio che arrivava dritto nel loro cuore; e non era quel linguaggio complicato da comprendere, quello che usavano i Dottori della Legge del tempo, che non si capiva bene ma che era pieno di rigidità e allontanava la gente. E con questo linguaggio Gesù faceva capire il mistero del Regno di Dio: non era una teologia complicata”.
Il seminatore – spiega Francesco – è Gesù che con questa immagine “si presenta come uno che non si impone, ma si propone; non ci attira conquistandoci, ma donandosi”, spargendo “con pazienza e generosità la sua Parola, che non è una gabbia o una trappola, ma un seme che può portare frutto” se noi lo accogliamo. Gesù – osserva il Papa – effettua una sorta di “radiografia spirituale” del nostro cuore, che è il terreno sul quale cade il seme della Parola:
“Il nostro cuore, come un terreno, può essere buono e allora la Parola porta frutto, e tanto, ma può essere anche duro, impermeabile. Ciò avviene quando sentiamo la Parola, ma essa ci rimbalza addosso, proprio come su una strada”.
Tra il terreno buono e la strada ci sono due terreni intermedi. Il primo è quello sassoso: qui il seme germoglia, ma non riesce a mettere radici profonde:
“Così è il cuore superficiale, che accoglie il Signore, vuole pregare, amare e testimoniare, ma non persevera, si stanca e non ‘decolla’ mai. È un cuore senza spessore, dove i sassi della pigrizia prevalgono sulla terra buona, dove l’amore è incostante e passeggero. Ma chi accoglie il Signore solo quando gli va, non porta frutto”.
C’è poi il terreno spinoso, pieno di rovi che soffocano le piante buone. I rovi – dice Gesù – rappresentano la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza:
“I rovi sono i vizi che fanno a pugni con Dio, che ne soffocano la presenza: anzitutto gli idoli della ricchezza mondana, il vivere avidamente, per sé stessi, per l’avere e per il potere. Se coltiviamo questi rovi, soffochiamo la crescita di Dio in noi. Ciascuno può riconoscere i suoi piccoli o grandi rovi, i vizi che abitano nel suo cuore, quegli arbusti più o meno radicati che non piacciono a Dio e impediscono di avere il cuore pulito. Occorre strapparli via, altrimenti la Parola non porterà frutto”.
Gesù – afferma il Papa – ci invita “a guardarci dentro: a ringraziare per il nostro terreno buono e a lavorare sui terreni non ancora buoni”:
“Troviamo il coraggio di fare una bella bonifica del terreno, una bella bonifica del nostro cuore, portando al Signore nella Confessione e nella preghiera i nostri sassi e i nostri rovi. Così facendo, Gesù, buon seminatore, sarà felice di compiere un lavoro aggiuntivo: purificare il nostro cuore, togliendo i sassi e le spine che soffocano la sua Parola”.
fonte: radiovaticana