Papa Francesco: La guerra è distruzione di noi stessi

 

Papa Francesco ha voluto celebrare una Messa per tutti i Caduti delle guerre alle 15.15 di ieri, giorno in cui la Chiesa ha commemorato  tutti i fedeli defunti, non in Vaticano, ma in uno dei luoghi sacri legati alla Seconda Guerra mondiale e cioè il Cimitero Americano di Nettuno, in provincia di Roma.

Appena arrivato in automobile, poco prima della celebrazione, il Papa ha fatto una sosta tra le tombe del Cimitero, tra le quali quella di un ignoto, un italo-americano e un ebreo. In mano un mazzo di 10 rose bianche che depone con passo lento, su altrettante croci in omaggio ai Caduti. Subito dopo l’accoglienza in sagrestia da parte del vescovo di Albano, mons. Marcello Semeraro, della direttrice del Cimitero, Melanie Resto e dai sindaci di Nettuno Angelo Casto e di Anzio, Luciano Bruschini.

Francesco pronuncia l’omelia a braccio. Il volto è serio e la voce riflette la sofferenza di fronte al dramma della violenza, ma il Papa parla subito di speranza:

Tutti noi, oggi, siamo qui radunati in speranza”, dice, perché possiamo ripetere con Giobbe, ascoltato nella prima Lettura: “Io so che il mio Redentore è vivo e che ultimo si ergerà sulla polvere”. La speranza è quella di di ri-incontrare Dio, di ri-incontrarci tutti noi, e questa, come dice l’apostolo Paolo nella seconda Lettura è “speranza che non delude”.

“Ma la speranza, continua il Papa, tante volte nasce e mette le sue radici in tante piaghe umane, in tanti dolori umani e quel momento di dolore, di piaga, di sofferenza ci fa guardare il Cielo”. Noi crediamo che il Signore è vivo ed è con noi, dice il Papa, ma gli diaciamo anche: fermati, Signore”.

“Non più. Non più la guerra, implora il Papa, non più questa strage inutile”, come aveva detto Benedetto XV. “Meglio sperare senza questa distruzione: giovani … migliaia, migliaia, migliaia, migliaia … speranze rotte. Non più, Signore”.

Una preghiera quanto mai attuale oggi quando “il mondo un’altra volta è in guerra e si prepara per andare più fortemente in guerra”.

Con la guerra si perde tutto, prosegue il Papa, e racconta di un’anziana che di fronte alle rovine di Hiroshima commentava: gli uomini fanno di tutto per fare una guerra, e alla fine distruggono se stessi”. E conclude: “Questa è la guerra: la distruzione di noi stessi”.

Giorno di speranza che non accada più, ma anche di  lacrime, quello di oggi. E Francesco va col pensiero alle tante donne, spose e madri, che in tempo di guerra aspettavano la posta e una lettera portava la notizia della morte del marito, dei figli. “Sono lacrime che oggi l’umanità non deve dimenticare, dice il Papa, questo orgoglio di questa umanità che non ha imparato la lezione e sembra che non voglia impararla … “

Frutto della guerra è la morte, afferma il Papa. Quante volte gli uomini pensano di fare una guerra convinti di portare un mondo nuovo, una “primavera”, constata poi amaramente, “e finisce in un inverno, brutto, crudele, con il regno del terrore e la morte”.

La preghiera del Papa va quindi in modo speciale per i giovani, “in un momento in cui tanti muoiono nelle battaglie di questa guerra a pezzetti” e anche per i bambini coinvolti. “Che il Signore ci dia la grazia di piangere”, conclude Francesco.

Al termine dell’omelia, tra le preghiere dei fedeli, l’intenzione per i caduti e per tutte le vittime delle guerre e della violenza, e per quanti sono rivestiti di responsabilità civili e sociali. E poi la richiesta al Padre di donare a tutti noi, occhi e cuore capaci di piangere per tutte le vittime della follia della guerra.

La partenza del Papa da Nettuno per rientrare a Roma intorno alle 16.30 dopo un saluto particolare rivolto ai dipendenti del Cimitero.
di Adriana Masotti

fonte: radiovaticana

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