La cecità dello spirito impedisce di vedere il bene. Le tentazioni annebbiano e rendono miope il cuore. Ritroviamo la vista, perché la vita non dipende da quello che si ha. Lo ha detto Papa Francesco, ieri pomeriggio, durante la celebrazione penitenziale nella Basilica Vaticana per l’iniziativa “24 ore per il Signore”, che si è svolta in tutto il mondo per far riscoprire il Sacramento della Riconciliazione durante la Quaresima. Il Papa si è confessato e ha confessato alcuni fedeli. Molte le chiese che per questa occasione sono rimaste aperte anche tutta la notte. Il servizio di Francesca Sabatinelli:
Che noi si possa vedere di nuovo dopo che i peccati ci hanno fatto perdere di vista il bene. E’ il Vangelo di Marco che Francesco ci dice di prendere quale testimonianza dal “grande valore simbolico” di come il peccato, così come fa la cecità che può condurre alla povertà e a vivere ai margini, possa impoverire e isolare, di come possa distogliere “dalla bellezza della nostra chiamata, facendoci invece errare lontano dalla meta”. La cecità dello spirito – ci dice il Papa – “impedisce di vedere l’essenziale, di fissare lo sguardo sull’amore che dà la vita; e conduce poco a poco alla volta a soffermarsi su ciò che è superficiale, fino a rendere insensibili agli altri e al bene”:
“Quante tentazioni hanno la forza di annebbiare la vista del cuore e di renderlo miope! Quanto è facile e sbagliato credere che la vita dipenda da quello che si ha, dal successo o dall’ammirazione che si riceve; che l’economia sia fatta solo di profitto e di consumo; che le proprie voglie individuali debbano prevalere sulla responsabilità sociale! Guardando solo al nostro io, diventiamo ciechi, spenti e ripiegati su noi stessi, privi di gioia e privi di libertà. E così brutto”.
E’ la presenza vicina di Gesù, che si ferma, che ci fa capire che lontani da lui “ci manca qualcosa di importante”. Quella Luce gentile che ci guarda “ci invita a non rimanere rinchiusi nelle nostre scure cecità” la sua presenza “ci fa sentire bisognosi di salvezza, e questo è l’inizio della guarigione del cuore”:
“Purtroppo, come quei «molti» del Vangelo, c’è sempre qualcuno che non vuole fermarsi, che non vuole essere disturbato da chi grida il proprio dolore, preferendo far tacere e rimproverare il povero che dà fastidio (cfr v. 48)”.
Ecco quindi la tentazione di andare “avanti come se nulla fosse”, continua Francesco, rimanendo distanti dal Signore e tenendo lontani da Gesù anche gli altri. Riconosciamo dunque “di essere tutti mendicanti dell’amore di Dio, e non lasciamoci sfuggire il Signore che passa”:
“Questo Giubileo della Misericordia è tempo favorevole per accogliere la presenza di Dio, per sperimentare il suo amore e ritornare a Lui con tutto il cuore… buttiamo via, cioè, quello che impedisce di essere spediti nel cammino verso di Lui, senza paura di lasciare ciò che ci dà sicurezza e a cui siamo attaccati; non rimaniamo seduti, rialziamoci, ritroviamo la nostra statura spirituale, in piedi, la dignità di figli amati che stanno davanti al Signore per essere da Lui guardati negli occhi, perdonati e ricreati. E la parola forse che oggi arriva nel nostro cuore, è la stessa della creazione dell’uomo: ‘Alzati!’. Dio ci ha creati in piedi: Alzati!'”.
Oggi, più che mai, soprattutto i Pastori – prosegue Francesco – sono “anche chiamati ad ascoltare il grido, forse nascosto, di quanti desiderano incontrare il Signore”:
“Siamo tenuti a rivedere quei comportamenti che a volte non aiutano gli altri ad avvicinarsi a Gesù; gli orari e i programmi che non incontrano i reali bisogni di quanti si potrebbero accostare al confessionale; le regole umane, se valgono più del desiderio di perdono; le nostre rigidità che potrebbero tenere lontano la tenerezza di Dio”.
Non si devono “sminuire le esigenze del Vangelo”, avverte il Papa, ma non si può correre il rischio di “rendere vano il desiderio di riconciliarsi con il Padre, perché il ritorno a casa del figlio è ciò che il Padre attende prima di tutto”:
“Siamo mandati ad infondere coraggio, a sostenere e condurre a Gesù. Il nostro è il ministero dell’accompagnamento, perché l’incontro con il Signore sia personale, intimo, e il cuore si possa aprire sinceramente e senza timore al Salvatore. Non dimentichiamo: è solo Dio che agisce in ogni persona. Nel Vangelo è Lui che si ferma e chiede del cieco; è Lui a ordinare che glielo portino; è Lui che lo ascolta e lo guarisce. Noi siamo stati scelti, noi pastori, per suscitare il desiderio della conversione, per essere strumenti che facilitano l’incontro, per tendere la mano e assolvere, rendendo visibile e operante la sua misericordia. Che ogni uomo e donna che si accosti al confessionale trovi un padre, trovi un padre che lo aspetta. Che trovi il padre che perdona”.
“Chi crede, vede” e va avanti con speranza, “perché sa che il Signore è presente, sostiene e guida”. “E dopo l’abbraccio del Padre, il perdono del Padre – conclude Francesco – facciamo festa, nel nostro cuore, perché Lui fa festa!”.
fonte: radiovaticana
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