Con una frase significativa racchiusa in un tweet, Papa Francesco ricorda a tutti, nel giorno dei morti, il vero significato della morte cristiana: “Siamo piccoli e indifesi davanti al mistero della morte. Però, che grazia se in quel momento custodiamo nel cuore la fiammella della fede!”. Il Papa non poteva scegliere occasione migliore che il giorno dedicato alla commemorazione dei defunti, per ricordare a tutti i fedeli come la fine della vita terrena non coincida con la fine del tutto, ma semplicemente con un rito di passaggio che conduce alla vita eterna.
Proprio in questa significativa differenza si erge la forza del credo cattolico. Sin dal catechismo, infatti, ci insegnano che la morte cristiana assume un significato positivo grazie al sacrificio di Gesù sulla croce, per questo nella Bibbia si legge: “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno” e ancora: “Certa è questa parola: se moriamo con lui, vivremo anche con lui”. La vita terrena, insomma, viene vista solo come un passaggio che conduce alla piena comunione con Cristo (ovviamente se questa vita viene vissuta secondo i suoi insegnamenti).
Allo stesso modo la liturgia cristiana è basata tutta sulla trasmissione di questo messaggio: “Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo. La morte è la fine del pellegrinaggio terreno dell’uomo, è la fine del tempo della grazia e della misericordia che Dio gli offre per realizzare la sua vita terrena secondo il disegno divino e per decidere il suo destino ultimo”.
Appare chiaro come il primo passo per ogni cattolico sia quello di accettare la morte sotto questa prospettiva. Per quanto riguarda, invece, la commemorazione dei morti attraverso la cura dei sepolcri, il ricordo ed i suffraggi, Papa Francesco ha spiegato durante l’Angelus del 2 novembre del 2014 che si tratta della: “Testimonianza di fiduciosa speranza, radicata nella certezza che la morte non è l’ultima parola sulla sorte umana, poiché l’uomo è destinato ad una vita senza limiti, che ha la sua radice e il suo compimento in Dio”.