Saper pregare “per quelli che ci vogliono male” farà migliorare i nemici e renderà noi “più figli del Padre”. Con questa riflessione il Papa ha concluso l’omelia della Messa del mattino, celebrata in Casa S. Marta. Francesco ha affrontato il brano del Vangelo in cui Gesù esorta i discepoli a tendere alla perfezione di Dio, “che fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni”. Il servizio di Alessandro De Carolis:
“Avete inteso che fu detto, ma io vi dico”. La Parola di Dio e due modi inconciliabili di intenderla: un arido elenco di doveri e divieti o l’invito ad amare il Padre e i fratelli con tutto il cuore, arrivando al culmine di pregare per il proprio avversario.
Legge senza cuore
È la dialettica del confronto tra i dottori della legge e Gesù, tra la Legge proposta in modo schematico al popolo ebraico dai suoi capi e la “pienezza” di quella stessa Legge che Cristo afferma di essere venuto a portare. Papa Francesco ribadisce sul punto una convinzione già espressa più volte. Quando Gesù inizia la sua predicazione, osteggiato dai suoi avversari, “la spiegazione della Legge in quel tempo – osserva – era in crisi”:
“Era una spiegazione troppo teorica, casistica… Diciamo che era una legge in cui non c’era il cuore proprio della Legge, che è l’amore di Dio, che ha dato a noi. Per questo il Signore ripete quello che era nell’Antico Testamento: il Comandamento più grande qual è? Amare Dio con tutto il cuore, con tutte le tue forze, con tutta l’anima, e il prossimo come te stesso. E nella spiegazione dei Dottori della Legge questo non era tanto al centro. Al centro c’erano i casi: ma si può fare questo? Fino a che punto si può fare questo? E se non si può?… La casistica proprio della Legge. E Gesù prende questo e riprende il vero senso della Legge per portarlo alla sua pienezza”.
Il Papa mette in evidenza come Gesù offra “tanti esempi” per mostrare i Comandamenti sotto una luce nuova. “Non uccidere”, afferma, può voler dire anche non insultare un fratello e avanti e su fino a porre in risalto come l’amore sia “più generoso della lettera della Legge”, nel mantello aggiunto in dono a chi aveva domandato il vestito e nei due chilometri fatti con chi aveva chiesto di essere accompagnato per uno:
“E’ un lavoro che non è solo un lavoro per il compimento della Legge, ma è un lavoro di guarigione del cuore. In questa spiegazione che Gesù fa sui Comandamenti – nel Vangelo di Matteo soprattutto – c’è un cammino di guarigione: un cuore ferito dal peccato originale – tutti noi abbiamo il cuore ferito dal peccato, tutti – deve andare per questa strada di guarigione e guarire per assomigliare al Padre, che è perfetto: ‘Siate perfetti come è perfetto il Padre Vostro Celeste’. Una strada di guarigione per essere figli come il Padre”.
E la perfezione che Gesù indica è quella contenuta nel brano del giorno del Vangelo di Matteo: “Avete inteso che fu detto: ‘Amerai il tuo prossimo’ e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”. “È l’ultimo scalino” di questa strada, afferma il Papa, il più difficile. Francesco ricorda che da ragazzo, pensando a uno dei grandi dittatori dell’epoca, si era soliti pregare che Dio gli riservasse presto l’inferno. Invece, conclude, Dio chiede un esame di coscienza:
“Che il Signore ci dia la grazia, soltanto questa: pregare per i nemici, pregare per quelli che ci vogliono male, che non ci vogliono bene. Pregare per quelli che ci fanno del male, che ci perseguitano. E ognuno di noi sa il nome e il cognome: prego per questo, per questo, questo, per questo… Io vi assicuro che questa preghiera farà due cose: a lui lo farà migliorare, perché la preghiera è potente, e a noi ci farà più figli del Padre”.
fonte: radiovaticana