Papa Francesco: lo sport è lealtà e rispetto delle regole, e se vissuto bene diventa “celebrazione”. Di quando era piccolo, il Pontefice ricorda la “palla di stracci”.
Papa Francesco ha concesso una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, in cui ha risposto a numerose domande (una trentina). Bergoglio infatti, come noto, è da sempre molto vicino ai temi dello sport, ed è anche un vero tifoso. La sua squadra del cuore è il San Lorenzo, e durante l’intervista i suoi ricordi volano lontano, alla sua infanzia, ai momenti trascorsi con i suoi genitori ad assistere a competizioni sportive.
Francesco: “Ricordo quando da bambino andavo allo stadio”
“Ricordo molto bene e con piacere quando, da bambino, con la mia famiglia andavamo allo stadio, El Gasómetro. Ho memoria, in modo particolare, del campionato del 1946, quello che il mio San Lorenzo vinse”, racconta il Papa. “Ricordo quelle giornate passate a vedere i calciatori giocare e la felicità di noi bambini quando tornavamo a casa: la gioia, la felicità sul volto, l’adrenalina nel sangue”.
Che ha anche un altro ricordo, molto suggestivo. “Quello del pallone di stracci, la pelota de trapo: il cuoio costava e noi eravamo poveri, la gomma non era ancora così abituale, ma a noi bastava una palla di stracci per divertirci e fare, quasi, dei miracoli giocando nella piazzetta vicino a casa. Da piccolo mi piaceva il calcio, ma non ero tra i più bravi, anzi ero quello che in Argentina chiamano un “pata dura”, letteralmente gamba dura. Per questo mi facevano sempre giocare in porta”, ha raccontato Francesco.
Bergoglio: “Fare il portiere è stato per me una grande scuola di vita”
“Fare il portiere è stato per me una grande scuola di vita”, ha spiegato ancora. “Il portiere deve essere pronto a rispondere a pericoli che possono arrivare da ogni parte… E ho giocato anche a basket, mi piaceva il basket perché mio papà era una colonna della squadra di pallacanestro del San Lorenzo”.
I temi su cui il Papa ha poi voluto esprimersi sono in realtà numerosi. Partono dalla lealtà al rispetto delle regole, fino alla alle scorciatoie, come ad esempio il doloroso tema del doping, fino ad arrivare al bisogno di metterci impegno, di fare squadra, di vivere lo sport come modello di inclusione.
Il Papa: le scorciatoie sono “l’arte di imbrogliare le carte”
Bergoglio ha definito le scorciatoie come “l’arte di imbrogliare le carte”, molto spesso dovuta alla volontà di “portare la competizione sempre più al limite”. “Prendere le scorciatoie è una delle tentazioni con cui spesso abbiamo a che fare nella vita: pensiamo sia la soluzione immediata e più conveniente ma quasi sempre conduce a degli esiti negativi”, ha spiegato il Pontefice.
Mentre al contrario, “il gioco e lo sport in genere sono belli quando si rispettano le regole”. Ovvero quando si accetta “la sfida di battersi con l’avversario in maniera leale”. In tutto ciò, “la pratica del doping nello sport non solo è un imbroglio, una scorciatoia che annulla la dignità, ma è anche volere rubare a Dio quella scintilla che, per i suoi disegni misteriosi, ha dato ad alcuni in forma speciale e maggiore”.
Le 7 parole chiave di Papa Francesco per lo sport, tra lealtà e sacrificio
Le parole chiave dell’intervista di Francesco sono state sette: lealtà, impegno, sacrificio, inclusione, spirito di gruppo, ascesi e riscatto. Il Papa ha parlato del talento facendo riferimento alla Parabola biblica spiegando che per coltivare il talento serve applicazione, altrimenti finisce che ci si addormenta sopra. “Nello sport non basta avere talento per vincere: occorre custodirlo, plasmarlo, allenarlo, viverlo come l’occasione per inseguire e manifestare il meglio di noi”, ha spiegato il Papa.
“La parabola di Matteo ci insegna che Gesù è un allenatore esigente: se sotterri il talento, non fai più parte della sua squadra. Dunque avere talento è un privilegio ma anche e soprattutto una responsabilità, di quelle rischiose da custodire”. Altro termine fondamentale è quello del sacrifico, che con la religione spartisce l’origine del termine, “sacrum-facere”, dare sacralità alla fatica.
Trovate il significato nella fatica serve a fare il giogo più lieve
“A nessuno piace fare fatica perché la fatica è un peso che ti spezza. Se, però, nella fatica riesci a trovare un significato, allora il suo giogo si fa più lieve”, ha spiegato il Papa. “L’atleta è un po’ come il santo: conosce la fatica ma non gli pesa perché, nella fatica, è capace di intravedere oltre, qualcos’altro. Trova una motivazione, che gli permette non solo di affrontare la fatica ma quasi di rallegrarsi per essa: senza motivazione, infatti, non si può affrontare il sacrificio“.
Parola di grande entusiasmo sono state spese dal Papa anche riguardo alle Olimpiadi. “Celebrare le olimpiadi è una delle forme più alte di ecumenismo umano, di condivisione della fatica per un mondo migliore“, ha spiegato Francesco. La celebrazione sportiva è infatti testimonianza di un’unità umana verso qualcosa di più grande. Ma per prepararsi a vivere la dimensione della squadra l’atleta ha bisogno di ascesi.
Francesco cita Gino Bartali, “Giusto tra le nazioni”, e gli azzurri
“Se penso alla storia di tantissimi santi e sante è evidente che fare ascesi non significa solo rinunciare, distaccarsi, fare esperienza del dolore”, ha detto il Papa. “L’ascesi è un po’ come abitare nelle periferie: ti permette di vedere e comprendere meglio il centro: estraniarsi dal mondo per immergersi ancora meglio”. Ed è proprio “l’esercizio che rende asceti e proprio attraverso l’esercizio costante e faticoso si affina qualche abilità”, ha spiegato il Papa.
“Lo sport è tutto ciò che abbiamo detto: fatica, motivazione, sviluppo della società, assimilazione delle regole”, ha concluso il Papa, citando tra le altre cose la figura di Gino Bartali, considerato dallo Yad Vashem “Giusto tra le nazioni“, per il suo impegno nel dare salvezza a intere famiglie perseguitate dai nazisti, nascondendo qualcuno di loro anche a casa sua.
Il Papa: “Tenere il cuore ordinato è il segreto per ogni vittoria”
Oppure la nazionale di calcio italiana, “che ogni anno con il loro Ct passano, letto per letto, a trovare i bambini nell’ospedale del Papa (il Bambino Gesù, n.d.r.), anzitutto nel reparto oncologico. “Quando, però, il campione dimentica questa dimensione, perde il bello dell’essere tale, l’occasione per fare in modo che chi lo prende come modello possa migliorarsi, crescere, diventare anche lui campione“.
“Tenere ordinato il cuore è il segreto per qualsiasi vittoria, non solo per quella sportiva: il salmista, infatti, chiede a Dio: “Sia il mio cuore integro” (Sal 119,80). Se guardiamo alla storia del talento, ci accorgiamo che tanta gente di talento si è perduta proprio a causa del disordine. Un cuore ordinato è un cuore felice, in stato di grazia, pronto alla sfida. Penso che se chiedessimo a qualche sportivo il segreto ultimo delle sue vittorie, più di qualcuno ci direbbe che vince perché è felice. La felicità, dunque, è la conseguenza di un cuore ordinato. Una felicità da condividere perché se la tengo per me resta un seme, se invece la condivido può diventare un fiore”, ha concluso il Papa.
Papa Francesco: “Meglio una sconfitta pulita che una vittoria sporca”
“L’atleta è un mistero affascinante, un capolavoro di grazia, di passione. È facilissimo però trasformarlo in un oggetto, una mercanzia che genera il profitto”. Per quanto riguarda invece l’idea di scrivere addirittura un’enciclica sullo sport, il Papa ha spiegato che forse anche questa nostra conversazione può definirsi l’avvio di una enciclica sullo sport. Vedremo cosa il buon Dio suggerirà nel prosieguo del pontificato!
“Meglio una sconfitta pulita che una vittoria sporca”, ha così concluso Papa Francesco la lunga intervista. “Lo auguro a tutto il mondo, non solo a quello dello sport. È la maniera più bella per giocarsi la vita a testa alta. Che Dio ci doni giorni santi. Pregate per me, per favore: perché non smetta di allenarmi con Dio!”.
Giovanni Bernardi