Il sacerdote non è “un burocrate” , ma “sa che l’Amore è tutto” e “si fa prossimo di ognuno”. Così Papa Francesco che, come avvenuto anche in precedenza, ha aperto oggi pomeriggio la 69.ma Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana. I lavori, che termineranno giovedì, si svolgono in Vaticano nell’Aula del Sinodo e hanno come filo conduttore “Il rinnovamento del clero”. Domani l’intervento del cardinale presidente, Angelo Bagnasco. Il servizio di Debora Donnini:
Appartenenza al Signore
Il roveto ardente di Mosè è l’immagine a cui Francesco si ispira per tratteggiare la figura del sacerdote. Il suo segreto sta proprio in quel roveto ardente, che ne marchia a fuoco l’esistenza, conformandola “a quella di Gesù”. Papa Francesco come spesso fa, non vuole offrire una riflessione sistematica sul sacerdote ma partire dalla concretezza dell’esperienza: esorta ad avvicinarsi, quasi in punta di piedi, a qualcuno dei “tanti parroci che – dice – si spendono nelle nostre comunità” e mettersi in ascolto. “Che cosa ne rende saporita la vita? Per chi e per che cosa impegna il suo servizio? Qual è la ragione ultima del suo donarsi?”: sono le domande che il Papa invita i vescovi italiani a porsi per lasciare affiorare le “proposte formative su cui investire con coraggio”. Papa Francesco richiama l’importanza dello Spirito Santo per una vita buona. Prima di iniziare il discorso, ha voluto anche incoraggiare i nuovi vescovi: che sono “un po’ meno di 40”, gli suggerisce il cardinale Bagnasco.
Anche in Italia, in questo tempo, ci sono tante persone che sono in “affanno per la mancanza di riferimenti”, ci sono “relazioni ferite”, “non c’è più posto per il fratello”. Proprio su questo sfondo, la vita del presbitero “diventa eloquente”, perché “diversa”:
“Come Mosè, egli è uno che si è avvicinato al fuoco e ha lasciato che le fiamme bruciassero le sue ambizioni di carriera e potere. Ha fatto un rogo anche della tentazione di interpretarsi come un ‘devoto’, che si rifugia in un intimismo religioso che di spirituale ha ben poco”.
Per Papa Francesco, “è scalzo” il prete rispetto ad una terra che si ostina a considerare “santa”: “non si scandalizza per le fragilità che scuotono l’animo umano”, consapevole di essere lui stesso “un paralitico guarito”, “è distante dalla freddezza del rigorista, come pure dalla superficialità di chi vuole mostrarsi accondiscendente a buon mercato”:
“Con l’olio della speranza e della consolazione, si fa prossimo di ognuno, attento a condividerne l’abbandono e la sofferenza. Avendo accettato di non disporre di sé, non ha un’agenda da difendere, ma consegna ogni mattina al Signore il suo tempo per lasciarsi incontrare dalla gente e farsi incontro. Così, il nostro sacerdote non è un burocrate o un anonimo funzionario dell’istituzione; non è consacrato a un ruolo impiegatizio, né è mosso dai criteri dell’efficienza”.
Il sacerdote “cammina con il cuore e il passo dei poveri”, “reso ricco dalla loro frequentazione”. E quindi non cerca “titoli onorifici” , “non domanda nulla che vada oltre il reale bisogno”. Non lega a sé le persone che gli sono affidate Per Papa Francesco è lo stile di vita semplice e disponibile del sacerdote, che lo presenta credibile e lo avvicina agli umili. In una parola deve essere “un uomo di pace” e “uno strumento della tenerezza di Dio”. La sua amicizia con Gesù, sottolinea il Papa, lo porta ad avere la fiducia “di chi crede che l’impossibilità dell’uomo non rimane tale per Dio”.
Appartenenza alla Chiesa
Centrale, per il sacerdote, è sentirsi partecipe di una “comunità concreta con cui condivide il cammino”. E proprio la comune appartenenza libera dall’autoreferenzialità che isola. Come esempio Francesco indica dom Hélder Câmara, il vescovo brasiliano dedito al sostegno dei poveri:
“‘Quando il tuo battello comincerà a mettere radici nell’immobilità del molo – richiamava dom Hélder Câmara – prendi il largo!’. Parti! E, innanzitutto, non perché hai una missione da compiere, ma perché strutturalmente sei un missionario: nell’incontro con Gesù hai sperimentato la pienezza di vita e, perciò, desideri con tutto te stesso che altri si riconoscano in Lui e possano custodire la sua amicizia, nutrirsi della sua parola e celebrarLo nella comunità”.
Dunque, il pastore è confermato “dalla fede semplice del popolo santo di Dio”, dice Papa Francesco, con parole che ricordano il suo gesto quando si affacciò dalla Loggia delle Benedizioni, dopo l’elezione, e chiese la preghiera del popolo per il suo Vescovo. Il Papa, infatti, torna su questo aspetto:
“Questa appartenenza è il sale della vita del presbitero; fa sì che il suo tratto distintivo sia la comunione, vissuta con i laici in rapporti che sanno valorizzare la partecipazione di ciascuno. In questo tempo povero di amicizia sociale, il nostro primo compito è quello di costruire comunità; l’attitudine alla relazione è, quindi, un criterio decisivo di discernimento vocazionale”.
Questa appartenenza libera dalle “gelosie clericali”, dice il Papa e favorisce la comunione, che è uno dei nomi della Misericordia. Nel camminare insieme presbiteri, diversi per età e sensibilità, si spande un profumo di profezia che affascina.
Appartenenza al Regno
Il Papa sottolinea, poi, quanta tristezza facciano coloro che calcolano e non rischiano nulla. “Il nostro presbitero invece – dice Francesco – con i suoi limiti, è uno che si gioca fino in fondo” nelle condizioni concrete in cui si trova. Il sacerdote, infatti, è “uomo della Pasqua”, dallo sguardo rivolto al Regno, verso cui sente che la storia umana cammina”. Per Papa Francesco, dunque, appartenere al Signore, alla Chiesa e al Regno, sono i caratteri costitutivi del sacerdote.
Prima, nel suo saluto introduttivo, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, ha sottolineato la volontà dei vescovi di confrontarsi per trovare vie di rinnovamento della formazione permanente dei sacerdoti. Saranno messe in luce dall’Assemblea anche alcune linee di gestione in ambito economico e il tema della revisione delle Norme circa il regime amministrativo dei Tribunali ecclesiastici. Infine, ribadita l’intenzione di essere testimonianza di fraternità ed unità.
fonte:radiovaticana
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