Il Papa ha ricordato ai cristiani di farsi «sale e luce», portatori di pace e riconciliazione in un continente tanto martoriato da violenze, conflitti e saccheggi alimentati da chi mira ad accaparrarsi le sue vaste ricchezze naturali.
E ha ricordato l’esempio di una grande santa africana oggi festeggiata dalla liturgia della Chiesa.
Il recente viaggio di papa Francesco nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan è stato al centro della catechesi durante l’udienza di questo mercoledì in Aula Paolo VI.
Il Papa ha definito «sogni» queste due tappe del suo viaggio e ha ripercorso i momenti più significativi di questi ultimi giorni in terra d’Africa. Due sogni, ha detto Francesco, che consistevano in questo: da un lato visitare la popolazione di un Paese vasto come il Congo. Una terra che, oltra a essere il polmone verde dell’Africa e del pianeta (assieme all’Amazzonia) è insanguinata da una guerra infinita a causa di chi soffia sul fuoco della discordia.
Il secondo sogno è la visita al popolo del Sud Sudan, in un «pellegrinaggio ecumenico di pace» assieme all’Arcivescovo di Canterbury Justin Welby e al Moderatore generale della Chiesa di Scozia, Iain Greenshields.
In Congo Francesco ha denunciato lo sfruttamento delle ricchezze del Paese. Una costante, potremmo dire, che accomuna tante altre zone dell’Africa, sfruttate, saccheggiate e colonizzate. Il Papa ha levato alto il suo grido: «Basta sfruttare l’Africa!».
Ha poi invitato ad andare avanti insieme sul cammino della dignità, nel nome di Cristo. Francesco spiega anche di aver incoraggiato il Paese a ripartire seguendo la strada di compassione, vicinanza e tenerezza tracciata dall’esortazione del Risorto: «Pace a voi!». Al tempo stesso, il Papa ha detto assieme ai congolesi un chiaro «“no” alla violenza e alla rassegnazione, “sì” alla riconciliazione e alla speranza».
Un messaggio ribadito anche in Sud Sudan, un piccolo Paese (11 milioni da abitanti) nato da poco (nel 2011), a sua volta lacerato da devastanti conflitti armati che hanno causato vittime e milioni di sfollati. Qui Francesco ha detto un altro «no»: alla corruzione e al traffico di armi. E ha definito «vergognoso» che in cima alla lista di fornitori di armi che fomentano il conflitto ci siano «tanti Paesi cosiddetti civilizzati» che «offrono aiuto al Sud Sudan e l’aiuto consiste in armi, armi, armi per fomentare la guerra».
Il Papa ha incoraggiato tutti, in particolare le Chiese e le organizzazioni di ispirazione cristiana, a diventare i «semi di un nuovo Sud Sudan, senza violenza, riconciliato e pacificato». Nella messa finale, conclusione del viaggio in Sud Sudan, Francesco ha ricordato di essersi fatto eco del Vangelo «incoraggiando i cristiani ad essere “sale e luce” in quella terra tanto tribolata. Dio ripone la sua speranza non nei grandi e nei potenti, ma nei piccoli e negli umili. E questo è il modo di andare avanti di Dio».
Alla fine dell’udienza, Francesco ha ricordato Santa Giuseppina Bakhita, la schiava sudsudanese elevata agli onori degli altari da Giovanni Paolo II, di cui proprio oggi ricorre la festa liturgica. Il pontefice ha rammentato anche la Giornata del malato dell’11 febbraio (festa della Madonna di Lourdes) e, una volta ancora, anche la popolazione ucraina (un popolo «così martoriato con questo freddo senza luce e in guerra»). Ma Francesco ha pregato anche per Turchia e Siria, colpite dal devastante terremoto di questi giorni, incoraggiando ad aiutare popolazioni già messa a dura prova da anni di guerra. Infine ha fatto recitare un’Ave Maria, perché «la Madonna li protegga» e possano avere il coraggio e la forza di andare avanti.
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