All’interno del 28° corso annuale sul Foro interno promosso dalla Penitenzieria Apostolica, Papa Francesco ha indicato le virtù di cui dev’essere fornito un buon confessore. Innanzitutto ha chiarito che il lavoro del penitenziere non ha orari, ma che da buoni e veri amici di Gesù questi devono essere disposti a confessare ogni qualvolta un penitente glielo richiede. Per far ciò è necessario che il confessore abbia una discreta empatia nei confronti del fedele, in modo tale da permettergli di immedesimarsi nella vita e nelle ragioni che hanno condotto questo al peccato.
Entrando maggiormente nel dettaglio il Santo Padre ha indicato una per una quelle che devono essere le buone abitudini della vita di un penitenziere, in primo luogo, dice il pontefice, il confessore dev’essere forte nella preghiera, questo perché: “Un ministero della Riconciliazione fasciato di preghiera sarà riflesso credibile della misericordia di Dio ed eviterà quelle asprezze e incomprensioni che, talvolta, si potrebbero generare anche nell’incontro sacramentale”.
Se si cura la preghiera il cuore del confessore sarà meno indurito e la confessione potrà essere libera da un giudizio, per questo il Santo Padre dice: “Un confessore che prega sa bene di essere lui stesso il primo peccatore e il primo perdonato. E dunque la preghiera è la prima garanzia per evitare ogni atteggiamento di durezza, che inutilmente giudica il peccatore e non il peccato”. Dunque la preghiera permette al sacerdote di non porsi al di sopra del peccatore perché gli ricorda di essere anch’esso un peccatore. Una caratteristica che rende l’intero magistero intriso dalla misericordia, e pertanto molto amato dallo stesso Papa.
Il discorso di Papa Francesco sulla confessione continua con una considerazione importante, ovvero quella che un penitenziere, libero dal giudizio e guidato dallo Spirito Santo, è in grado di discernere le situazioni al meglio. Solo in questo modo si può condurre i peccatori lungo un sentiero di Pace ed armonia, solo così i fedeli si possono avvicinare al confessionale senza il timore di essere etichettati: “Il discernimento permette di distinguere sempre, per non confondere, e per non fare mai ‘di tutta l’erba un fascio’. Il discernimento educa lo sguardo e il cuore, permettendo quella delicatezza d’animo tanto necessaria di fronte a chi ci apre il sacrario della propria coscienza per riceverne luce, pace e misericordia”.
Ma il confessionale non è solo il luogo in cui ci si pulisce la coscienza, questo è il posto ideale per plasmare la vita del fedele sulla retta via. Il tutto dev’essere fatto in pochi minuti di conversazione e quindi il confessore dev’essere edotto sulle vie del male che conducono al peccato i propri fedeli per districarsi al meglio e dare i consigli giusti: “Nel pur breve dialogo che intesse con il penitente, il confessore è chiamato a discernere che cosa sia più utile e che cosa sia addirittura necessario al cammino spirituale di quel fratello o di quella sorella e talvolta si renderà necessario ri-annunciare le più elementari verità di fede”.
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