La gratitudine esprime la “certezza di essere amati” e rende “figli” e “fratelli dell’amore”. Lo ha detto papa Francesco nell’ultima udienza generale dell’anno, ispirata al Vangelo dei dieci lebbrosi guariti (Lc 17,11-19).
Nonostante “l’emarginazione sociale” e “religiosa” che i lebbrosi pativano, Gesù “va oltre i limiti imposti dalle leggi e tocca il malato, lo abbraccia, lo guarisce”.
Una volta ascoltato il loro “grido di pietà”, Gesù manda i dieci dai sacerdoti: i lebbrosi “si fidano” e, tornando, “guariscono tutti”. Soltanto uno, però, “prima di andare dai sacerdoti, torna indietro a ringraziare Gesù e a lodare Dio per la grazia ricevuta”. Quell’unico lebbroso grato è un “samaritano”, un “eretico”, per i giudei del tempo, ha osservato il Pontefice.
Ogni preghiera, ha aggiunto, implica un “ringraziamento”, che consiste sempre nel “riconoscersi preceduti dalla grazia”. “Siamo stati pensati prima che imparassimo a pensare; siamo stati amati prima che imparassimo ad amare; siamo stati desiderati prima che nel nostro cuore spuntasse un desiderio”, ha spiegato il Santo Padre.
Nonostante “tante volte dimentichiamo di dire grazie”, per i “cristiani il rendimento di grazie ha dato il nome al Sacramento più essenziale che ci sia: l’Eucaristia”. Inoltre, essi “benedicono Dio per il dono della vita”: infatti “tutti nasciamo perché qualcuno ha desiderato per noi la vita. E questo è solo il primo di una lunga serie di debiti che contraiamo vivendo”.
La gratitudine è un moto dell’animo che può nascere solo quando una persona inizia a guardarci “con occhi puri, gratuitamente. Spesso – ha detto il Papa – si tratta di educatori, catechisti, persone che hanno svolto il loro ruolo oltre la misura richiesta dal dovere. E hanno fatto sorgere in noi la gratitudine”.
Tornando a commentare il Vangelo oggetto della catechesi, Francesco ha osservato come tutti i lebbrosi fossero ovviamente “felici per la guarigione”. Soltanto uno di loro, però, oltre che per la guarigione, “si rallegra per l’avvenuto incontro con Gesù. Non solo è liberato dal male, ma possiede ora anche la certezza di essere amato”.
Il “nocciolo” della questione è proprio qui: “quando ringrazi esprimi la certezza d’essere amato”. Si scopre che l’amore è “la forza che regge il mondo”. Come scriveva Dante, l’amore è ciò «che move il sole e l’altre stelle» (Paradiso, XXXIII, 145).
Da “viandanti errabondi che vagano qua e là”, troviamo una “dimora” in Cristo. Mentre “il demonio, dopo averci illusi, ci lascia sempre tristi e soli”, l’incontro con Cristo, porta sempre “gioia”. Se si diventa “portatori di gratitudine, anche il mondo diventa migliore, magari anche solo di poco, ma è ciò che basta per trasmettergli un po’ di speranza”.
Bergoglio ha concluso, citando San Paolo: «Pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa, infatti, è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito» (1Ts 5,17-19). “Non spegnere lo Spirito che abbiamo dentro che ci porta alla gratitudine” è davvero un “bel programma di vita”, ha commentato infine il Papa.
Luca Marcolivio
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