Tornando dal Kazakhstan, a colloquio con i giornalisti, Francesco parla di eutanasia, Ucraina e si esprime in termini meravigliati sulla politica italiana.
La pace e la guerra ma anche la crisi valoriale e demografica dell’Occidente. Questi e molti altri i temi trattati da papa Francesco durante l’ultima conferenza stampa in aereo.
All’inizio del suo viaggio in Kazakhstan, il Pontefice aveva parlato della sua disponibilità ad andare in Cina. Al momento di rientrare a Roma, è tornato sull’argomento offrendo ulteriori argomentazioni al suo punto di vista.
Sul volo di ritorno da Nur-Sultan, una giornalista francese ha domandato al Santo Padre se il processo a Hong Kong contro il cardinale Zen rappresenti una “violazione della libertà religiosa”. A riguardo, il Santo Padre ha affermato: “Non è facile capire la mentalità cinese, ma va rispettata, io rispetto sempre”.
Mentre la commissione per il dialogo sino-vaticano, presieduta dal cardinale Parolin sta proseguendo il suo lavoro e “si fanno passi avanti”, il Papa ha aggiunto: “Qualificare la Cina come antidemocratica io non me la sento, perché è un Paese così complesso”.
Il processo contro Zen è segno delle “limitazioni” che sussistono nel grande Paese asiatico, tuttavia, anche su questo terreno, è necessario avere “pazienza” e proseguire lungo la strada del “dialogo”.
Un altro governo ‘difficile’ con cui il Papa ha confermato un “dialogo” è quello del Nicaragua. “Io mi aspetto almeno che le suore di madre Teresa tornino”, ha detto Francesco con riferimento all’espulsione delle religiose. Al tempo stesso, però, la cacciata del nunzio apostolico da Managua sono “cose sono difficili da capire e anche da ingoiare”, ha aggiunto.
Dopo essersi rallegrato per il livello di civiltà e di sviluppo riscontrati nei giorni scorsi in Kazakhstan, sollecitato da una domanda sulla liceità dell’invio di armi in Ucraina, il Santo Padre ha spiegato che occorre fare una chiara distinzione. Ciò è accettabile nella misura in cui “difendersi è non solo lecito, ma anche una espressione di amore alla Patria”.
Questo “diritto alla difesa” è però da usare “quando è necessario”. Pertanto, in Ucraina, come altrove (il Papa ha ricordato le guerre dimenticate come quelle nel Corno d’Africa, in Mozambico, in Myanmar e, soprattutto in Siria), sarebbe “immorale” inviare armi “con l’intenzione di provocare più guerra o di vendere le armi o di scartare quelle armi che a me non servono più”.
Una giornalista polacca, testimone del grande afflusso di profughi ucraini nel suo Paese, ha domandato fino a che punto sia lecito dialogare con la Russia. “Io non escludo il dialogo con qualsiasi potenza, che sia in guerra, che sia l’aggressore”, perché, se non succedesse, chiuderemmo “l’unica porta ragionevole per la pace”.
Un altro passaggio rilevante della conferenza stampa è stata una riflessione stimolata da una domanda sul “degrado morale” dell’Occidente e, in particolare, dell’Europa, la quale si dimentica di “accogliere” quando, in realtà, avrebbe “bisogno di gente”.
Paesi come la Spagna o l’Italia, ha osservato il Santo Padre, soffrono l’“inverno demografico”, contro il quale la migrazione andrebbe “considerata sul serio perché ti fa alzare un po’ il valore intellettuale e cordiale dell’Occidente”.
Il rischio per l’Europa, poi, sono i “populismi”, che nascono “quando c’è un livello metà senza forza, e uno promette il messia”, proprio come avvenne con la Germania nazista.
Quanto all’eutanasia, il Pontefice ha detto: “Uccidere non è umano, punto. Se tu uccidi con motivazioni, sì… alla fine ucciderai di più e più. Uccidere lasciamolo alle bestie”.
Infine, una battuta sull’Italia che si appresta alle elezioni politiche: il fatto che il nostro Paese abbia avuto venti governi negli ultimi vent’anni “non so spiegarlo”, ha detto.
“Dobbiamo lottare per aiutare i nostri politici a mantenere il livello dell’alta politica – ha aggiunto – non la politica di basso livello che non aiuta per niente, e anzi tira giù lo Stato, si impoverisce”.
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