“Quando ci presentiamo a Gesù non è necessario fare lunghi discorsi, bastano poche parole purchè piene di fiducia”. Così il Papa nella catechesi dell’udienza generale di oggi- l’ultima prima della pausa estiva- in cui la parabola del lebbroso purificato da Gesù per la sua fede, offre al Pontefice l’occasione per lanciare un appello contro l’esclusione: “toccare il povero”, dice Francesco, “può purificarci dall’ipocrisia”. Poi il riferimento ai rifugiati:un gruppo proveniente dall’Africa, siede insolitamente ai suoi piedi e il Papa non esita a dire “sono nostri fratelli, il cristiano non esclude nessuno”. Il servizio diGabriella Ceraso:
Salgono con Francesco sul Sagrato della Basilica di S. Pietro e si siedono ai suoi piedi. E’ una scena inconsueta a segnare l’udienza generale di oggi: un gruppo di giovani immigrati africani assistiti dalla Caritas di Firenze con uno striscione che chiede vicinanza aspettano il Papa scendere dalla jeep e lui li accoglie e li porta con sé perché ascoltino, assieme agli oltre 15 mila fedeli presenti, il “segno” della misericordia che è nella parabola del lebbroso dell’evangelista Luca.
Davanti a Gesù non servono tante parole, ma la fede
“Se vuoi puoi purificarmi”. E’ una richiesta di “risanamento nel corpo e nell’anima” che il lebbroso rivolge a Gesù, perché quest’uomo “aveva una vita triste”, osserva Francesco, in quanto ritenuto impuro per la maledizione della malattia e costretto a tenersi lontano da tutti, da Dio e dagli uomini. Eppur,e quel lebbroso non si rassegna e infrange anche la legge, entrando in città, pur di raggiungere Gesù, e lo fa per fede:
“Riconosce la potenza di Gesù: è sicuro che abbia il potere di sanarlo e che tutto dipenda dalla sua volontà. Questa fede è la forza che gli ha permesso di rompere ogni convenzione e di cercare l’incontro con Gesù e, inginocchiandosi davanti a Lui, lo chiama ‘Signore’. La supplica del lebbroso mostra che quando ci presentiamo a Gesù non è necessario fare lunghi discorsi. Bastano poche parole, purché accompagnate dalla piena fiducia nella sua onnipotenza e nella sua bontà. Affidarci alla volontà di Dio significa infatti rimetterci alla sua infinita misericordia”.
Anche il Papa la sera prega come il lebbroso
Ma perchè non fare ciascuno di noi a Gesù la stessa preghiera del lebbroso? E’ il Papa stesso a chiederlo e a farlo ogni giorno, come rivela in confidenza ai fedeli:
“La sera, prima di andare a letto, io prego questa breve preghiera: ‘Signore, se vuoi, puoi purificarmi!’. E prego cinque ‘Padre nostro’, uno per ogni piaga di Gesù, perché Gesù ci ha purificato con le piaghe. Ma se questo lo faccio io, potete farlo voi anche, a casa vostra, e dire: ‘Signore, se vuoi, puoi purificarmi!’ e pensare alle piaghe di Gesù e dire un ‘Padre nostro’ per ognuna. E Gesù ci ascolta sempre”.
Il racconto evangelico rivela però che è anche Gesù ad essere “profondamente colpito dal lebbroso”, tanto da tendere la mano e “persino toccarlo”, infrangendo così la Legge di Mosè che proibiva di avvicinarsi a un simile malato. E anche qui lo sguardo del Pontefice va al nostro quotidiano, illuminato dall’insegnamento di Gesù:
Toccare poveri e esclusi ci purifica da ipocrisia
“Quante volte noi incontriamo un povero che ci viene incontro! Possiamo essere anche generosi, possiamo avere compassione, però di solito non lo tocchiamo. Gli offriamo la moneta, ma evitiamo di toccare la mano. E dimentichiamo che quello è il corpo di Cristo! Gesù ci insegna a non avere timore di toccare il povero e l’escluso, perché Lui è in essi. Toccare il povero può purificarci dall’ipocrisia e renderci inquieti per la sua condizione”.
“Toccare gli esclusi”, è questo che sta a cuore al Papa: e oggi gli esclusi sono anche giovani, come gli africani, immigrati, rifugiati, che sono sul sagrato della Basilica. “Molti pensano”, osserva Francesco, “che è meglio rimangano nei loro Paesi, luoghi però di sofferenza”. Da qui l’appello:
“Sono i nostri rifugiati, ma tanti li considerano esclusi. Per favore, sono i nostri fratelli! Il cristiano non esclude nessuno, dà posto a tutti, lascia venire tutti”.
Prendere atto delle nostre miserie
Concludendo la parabola del lebbroso, il Papa osserva che Gesù dopo la guarigione lo invita a “non parlarne con nessuno”, ma ad andare a “mostrarsi al sacerdote”. Ed è da questa disposizione di Gesù che il Papa sottolinea tre aspetti: la grazia che agisce in noi non “ricerca il sensazionalismo”; la riammissione dell’escluso nella comunità ne completa la guarigione e ne fa un testimone di Gesù. La grazia dunque ci guarisce nel profondo :
“La forza della compassione con cui Gesù ha guarito il lebbroso ha portato la fede di quest’uomo ad aprirsi alla missione. Era un escluso, adesso è uno di noi.”
Dunque, la preghiera del lebbroso sia il nostro modo di rivolgerci a Dio, prendendo atto delle nostre miserie, “senza coprirle con le buone maniere”. Questo l’invito con cui il Papa conclude l’udienza ripetendo per tre volte assieme a una piazza gremita che prega, con lui, all’unisono: “Signore se vuoi puoi purificarmi”.
A conclusione dell’udienza generale, il Papa ha ringraziato in particolare la “Villetta della misericordia” del policlinico Gemelli,”dormitorio per persone senza fissa dimora, gestita dalla comunita’ di Sant’Egidio, opera concreta di questo Giubileo straordinario”, e i protagonisti della Giostra del Saracino di
Arezzo, quest’anno dedicata al tema della Misericordia.
fonte: radiovaticana
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