Il rischio di una fede “ideologica” è uno dei temi su cui si è soffermato papa Francesco, durante la sua ultima trasferta una diocesi italiana.
Una “visita-lampo” particolarmente intensa quella del Santo Padre a Trieste. Bergoglio è approdato per la prima volta nel capoluogo friulano in occasione della 50ª Settimana Sociale dei Cattolici in Italia, conclusasi oggi sul tema “Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro”.
Accolto al Centro Congressi “Generali Convention Center dal cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo Metropolita di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, da monsignor Luigi Renna, arcivescovo di Catania e presidente del Comitato Organizzatore delle Settimane Sociali, da monsignor Enrico Trevisi e dalle autorità civili, il Santo Padre ha tenuto il suo primo discorso, interamente incentrato sul ruolo dei cattolici in politica.
La delicata riflessione del Pontefice ha offerto l’immagine della “crisi della democrazia come un cuore ferito”. Una ferita che deriva in primo luogo da “diverse forme di esclusione sociale“. “Ogni volta che qualcuno è emarginato“, ha ricordato il Papa, “tutto il corpo sociale soffre. La cultura dello scarto disegna una città dove non c’è posto per i poveri, i nascituri, le persone fragili, i malati, i bambini, le donne, i giovani, i vecchi“.
“Il potere diventa autoreferenziale – è una malattia brutta questa –, incapace di ascolto e di servizio alle persone“, ha aggiunto Francesco, citando un grande statista come Aldo Moro il quale ricordava che “uno Stato non è veramente democratico se non è al servizio dell’uomo, se non ha come fine supremo la dignità, la libertà, l’autonomia della persona umana, se non è rispettoso di quelle formazioni sociali nelle quali la persona umana liberamente si svolge e nelle quali essa integra la propria personalità“.
Inoltre, “la parola stessa ‘democrazia’ non coincide semplicemente con il voto del popolo“, ha proseguito il Santo Padre, dicendosi preoccupato per “il numero ridotto della gente che è andata a votare“. Ciò significa che vanno create “le condizioni perché tutti si possano esprimere e possano partecipare. E la partecipazione non si improvvisa: si impara da ragazzi, da giovani, e va ‘allenata’, anche al senso critico rispetto alle tentazioni ideologiche e populistiche“.
Ricordando le sue parole in occasione della visita del novembre 2014 al Parlamento Europeo e al Consiglio d’Europa, il Papa ha sottolineato “l’apporto che il cristianesimo può fornire oggi allo sviluppo culturale e sociale europeo nell’ambito di una corretta relazione fra religione e società“, promuovendo “un dialogo fecondo con la comunità civile e con le istituzioni politiche perché, illuminandoci a vicenda e liberandoci dalle scorie dell’ideologia, possiamo avviare una riflessione comune in special modo sui temi legati alla vita umana e alla dignità della persona. Le ideologie sono seduttrici“, ha aggiunto. “Qualcuno le comparava a quello che a Hamelin suonava il flauto; seducono, ma ti portano a annegarti“.
Di seguito il Santo Padre ha presieduto la messa in piazza Unità d’Italia, cui hanno concelebrato 98 vescovi e 260 sacerdoti, alla presenza circa 8500 fedeli e alcune delegazioni ecumeniche di vescovi e pastori delle chiese serbo-ortodossa, greco-ortodossa e luterana.
Per l’occasione, il Pontefice ha auspica che la fede possa risanare i cuori spezzati e anche svegliare le coscienze “dal torpore”, mettere “il dito nelle piaghe della società”, suscitando “domande sul futuro dell’uomo e della storia”. Il Papa auspica “una fede inquieta, che ci aiuta a vincere la mediocrità e l’accidia del cuore, che diventa una spina nella carne di una società spesso anestetizzata e stordita dal consumismo”.
La fede dovrebbe, in modo particolare, spiazzare “i calcoli dell’egoismo umano”, denunciare “il male, che punta il dito contro le ingiustizie, che disturba le trame di chi, all’ombra del potere, gioca sulla pelle dei deboli”. Poi un severo monito: “Quanti usano la fede per sfruttare la gente? Quella non è fede”.
Il Papa ha avuto parole di fuoco anche per “il consumismo, quell’ansia di sprecare e avere di più“: esso “è una piaga, un cancro che ammala il cuore”, ha detto.
Tutto il contrario è “una fede fondata su un Dio umano, che si abbassa verso l’umanità, che di essa di prende cura, che si commuove per le nostre ferite, che prende su di se le nostre stanchezze, che si spezza come pane per noi”.
“Un Dio forte e potente, che sta dalla mia parte e mi soddisfa in tutto è attraente; un Dio debole, che muore sulla croce per amore e chiede anche a me di vincere ogni egoismo e offrire la vita per la salvezza del mondo, è un Dio scomodo“, ha detto Francesco.
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