Vengo negli Stati Uniti per stare “vicino alla gente” e aiutarla nel “cammino della vita”. Durante una videoconferenza trasmessa ieri sera (in Italia era notte) dalla rete televisiva statunitense “Abc”, Papa Francesco ha spiegato con quale animo si appresti al viaggio apostolico che dal 22 al 27 settembre prossimi lo porterà in America, in particolare a Philadelphia per l’Incontro mondiale delle famiglie. A dialogare a distanza con il Papa sono stati immigrati e persone vittime di varie forme di disagio sociale.
Le voci arrivano ovattate dal canale, anche gli applausi e le esclamazioni di gioia. E anche la commozione che a un tratto rompe più di un racconto. Papa Francesco sta per andare in visita nella superpotenza americana, ma i visi che gli arrivano sullo schermo in diretta via via da Chicago, Los Angeles, Texas, non sono circonfusi di un’aura di successo né le loro testimonianze paiono dei luccicanti spot del sogno americano.
L’importanza della vicinanza
Papa Francesco si prepara al viaggio negli Stati Uniti ascoltando e benedicendo chi quel sogno non se lo può permettere – gli ospiti di scuole per i poveri, di centri di accoglienza per senzatetto, immigrati che hanno ricominciato da zero superando la frontiera col Messico. A loro Francesco spiega i suoi sentimenti della vigilia, agli ultimi – come predilige – confida il perché del grande viaggio che lo porterà fino alla Casa Bianca e all’Onu:
“Yo estoy al servicio de todas las Iglesias…
Io sono al servizio di tutte le Chiese e di tutti gli uomini e donne di buona volontà. Per me c’è una cosa molto importante, che è la vicinanza. Per me è difficile non stare vicino alla gente. Invece, quando mi avvicino alla gente, come farò con voi, mi è più facile comprendervi e aiutarvi nel cammino della vita. Perciò è così importante questo viaggio, per avvicinarmi al vostro cammino e alla vostra storia”.
Mai da soli e con coraggio
Da una scuola per emarginati di Chicago gestita da Gesuiti, una giovane, Valery Herrera, rivela al Papa la durezza di una vita trascorsa combattendo una malattia della pelle e il conforto offertole dalla musica e il progetto di diventare farmacista. Poi, la domanda: “Cosa si aspetta lei da noi giovani?”. Due cose, le risponde Francesco. Primo, che i giovani “non camminino mai soli nella vita”, ma che lo facciano “bene accompagnati”, “nella mano con Gesù” e “nella mano con Maria”. E secondo, che camminino con coraggio:
“Ustedes saben lo triste que es ver…
Sapete quanto è triste vedere un giovane che non è coraggioso? È un giovane triste, un giovane con la faccia afflitta, un giovane senza allegria. Il coraggio ti dà allegria e l’allegria ti dà la speranza, che è un dono di Dio, ovviamente. È vero che nel cammino della vita ci sono difficoltà, tante. Non abbiate paura delle difficoltà! Siate prudenti, siate attenti, ma non ne abbiate paura. Voi avete la forza per sconfiggerle. Non vi spaventate, non vi fermate”.
Cammina a fronte alta
Torna spesso, nelle considerazioni di Francesco, la parola “coraggio”. Non c’è vicenda ascoltata che non lo richieda come dote indispensabile per sopravvivere. E allora tocca il cuore l’affetto e l’ammirazione che il Papa dimostra verso una ragazza madre e una delle sue figlie, Alisa, di 11 anni:
“Sos una mujer valiente…
Sei una donna coraggiosa perché sei stata capace di portare queste due figlie al mondo. Avresti potuto ucciderle nel tuo grembo, ma hai rispettato la vita, hai rispettato la vita che cresceva dentro di te e questo Dio te lo premierà, e te lo premia. Non ti devi vergognare, cammina con la fronte alta: ‘Io non ho ucciso le mie figlie, le ho portate al mondo’. Mi complimento con te. Mi complimento con te e che Dio ti benedica”.
Tutti siamo responsabili di tutti
Il collegamento si sposta verso sud, nel Texas, dove la polvere di una terra calda e arida è l’oasi bramata da migliaia di migranti che arrivano al confine. Uno di loro, Ricardo, immigrato a 4 anni, spiega a Francesco come sia dovuto diventare l’uomo di casa già a 16 anni per via di un incidente occorso al padre. “Con tutti i problemi che ci sono nel mondo, come la povertà, il nostro sistema educativo, l’immigrazione, secondo lei – chiede al Papa – qual è la soluzione a questi problemi?”. Quando guardo alle “molte ingiustizie della vita”, risponde Francesco, penso all’“ingiustizia più grande della storia”, la Croce di Gesù – “nato in mezzo alla strada”, “nato come un senzatetto” – e penso al suo “silenzio” sulla Croce. In quel silenzio il Papa dice di comprendere ogni dramma del mondo, al quale ripete che “lo sfruttamento dell’uno sull’altro non è un cammino”:
“Todos estamos creados para la amistad social…
Tutti siamo creati per l’‘amicizia sociale’. Tutti abbiamo la responsabilità di tutti. Nessuno può dire ‘la mia responsabilità arriva fin qui’. Tutti siamo responsabili di tutti, aiutandoci nel modo che ciascuno può. L’amicizia sociale è il motivo per cui Dio ci ha creati (…) Parlando in termini calcistici io potrei dire che la partita si gioca tra ‘amicizia sociale’ e ‘inimicizia sociale’. E la scelta la deve fare ciascuno di noi nel suo cuore e noi dobbiamo aiutare a fare questa scelta con il cuore”.
Fuga dalla morte
La conclusione della videoconferenza è un apprezzamento per il lavoro – “grandioso” lo definisce Francesco – compiuto dalle religiose negli Stati Uniti ed è un grazie a un gruppo di studenti di Chicago che gli regalano un Crocifisso. Ma è soprattutto l’ascolto intenso riservato a Wendy, bimba di 11 anni, giunta in Texas con sua mamma dal Salvador per fuggire dalla violenza delle bande. Il pianto della bambina, che mostra una foto al Papa, scandisce il racconto della sua odissea e alla fine Francesco la ringrazia. Anche in quei singhiozzi che hanno dimenticato l’infanzia c’è l’eco del silenzio di Dio.
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