Il Santo Padre cerca di mettere ordine, in particolare fra gli alti funzionari dello Stato Vaticano, cardinali compresi.
Una nuova legge anti corruzione è stata promulgata per la Santa Sede, per dirigenti ed amministrativi e, fra essi, anche per i porporati che ricoprono questi ruoli. Una vera e propria norma sulla trasparenza per avere dirigenti puliti e privi di condanne.
Papa Francesco, con un Motu Proprio sulla trasparenza, ha richiesto ad ogni dirigente dello Stato Vaticano e a tutti gli amministrativi che svolgono, anche, funzioni di controllo e giurisdizionali, la firma di un documento. Una vera e propria dichiarazione nella quale sottoscrivano di non avere condanne né per evasione, né per terrorismo o per frode. Ma ciò che colpisce più di tutti è la dichiarazione di “non detenere contanti o investimenti in paesi ad alto rischio di riciclaggio o finanziamento del terrorismo”, i cosiddetti paradisi fiscali.
Una necessità da parte del Pontefice di dare un ordine, una regola comune per l’intero Stato e per tutti coloro che vi lavorano. Una linea comune che sia da esempio e che segua la Dottrina della Chiesa.
Una novità su tutte riguarda un passaggio di questo documento emanato: “E’ proibito a tutti i dipendenti, accettare regali del valore superiore a 40 euro”. “La fedeltà nelle cose di poco conto è in rapporto, secondo la Scrittura, con la fedeltà in quelle importanti” – con queste parole inizia il Pontefice nel suo documento.
La necessità di combattere la corruzione, da parte, di Francesco, è alla base del suo Pontificato. Il Motu proprio emanato segue quello del 19 maggio 2020 quando aveva promulgato il nuovo codice degli appalti: “La corruzione può manifestarsi in modalità e forme differenti anche in settori diversi da quello degli appalti. Per questo le normative e le migliori prassi a livello internazionale prevedono per i soggetti che ricoprono ruoli chiave nel settore pubblico particolari obblighi di trasparenza ai fini della prevenzione e del contrasto, in ogni settore, di conflitti di interessi, di modalità clientelari e della corruzione in genere” – ha spiegato il Santo Padre.
Nuovi punti, quindi, aggiunti al regolamento generale della Curia Romana che tutti sono tenuti a rispettare, anche i Cardinali e tutti i dipendenti collocati i livelli funzionali C (fra questi anche i Monsignori capi di dicastero): dovranno sottoscrivere al momento dell’assunzione e poi con cadenza biennale una dichiarazione.
Nessuna condanna (né nello stato Vaticano né in altri Stati), non aver beneficiato di indulto, amnistia o grazia, non essere sottoposti a processi penali pendenti o a indagini per partecipazione a un’organizzazione criminale; non detenere” partecipazioni o “interessenze” in società o aziende che operino con finalità contrarie alla Dottrina sociale della Chiesa, assicurare che i beni di loro proprietà non abbiano provenienza da attività lecite: questo è ciò che dovranno dichiarare.
Norme necessarie e utili per far sì che la Chiesa non diventi lei stessa un paradiso fiscale, sviandosi così dal suo naturale ruolo di cura delle anime.
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ROSALIA GIGLIANO
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