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Il Papa: Gesù guarda l’altro come un dono di Dio. Qui c’è libertà e amore

“La fede cristiana si fonda su questa semplice affermazione: Gesù è di natura divina e Dio è amore. Questo fondamento determina una serie di conseguenze e cambia tutto il modo di stare al mondo del cristiano”.

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Nell’ultimo libro di Papa Francesco, “Diversi e uniti. Comunico quindi sono”, pubblicato da Libreria Editrice Vaticana, si parla di relazioni, comunicazione e fede. 

Parlando dell’episodio del “giovane ricco” narrato dai tre Vangeli, in cui un uomo chiede a Gesù cosa deve fare per ereditare la vita eterna, il Papa invita a focalizzare l’attenzione su uno specifico dettaglio. “C’è un dettaglio in questo breve dialogo che riporta solo il Vangelo di Marco, nel mezzo della conversazione, tra una domanda e una risposta, l’evangelista scrive che «Gesù, fissatolo, l’amò» (Mc 10,21)”, spiega infatti il Papa.

Gesù “fissa” il prossimo con amore

“Un dettaglio che a me appare decisivo”, dice Francesco. “Un particolare che dice molto dello stile di Gesù, di quello stile che è «essenza», «sostanza» e ci indica una via per vivere da veri uomini nel mondo. Essere uomini vuol dire comunicare, entrare in contatto con il mondo e con gli altri e costruire relazioni”.

Il punto messo in luce da Bergoglio nel libro è che “mentre i due parlano, Gesù non sta soltanto pensando a quello che vuole dire al suo interlocutore, ma sta pensando a lui, a chi ha davanti, anzi, prima ancora di pensare, lo guarda, lo fissa, con amore”. Uno “stile”, quello di Gesù, che “ha mostrato non solo con il giovane ricco ma con tutte le persone che ha incontrato. In fondo il Vangelo è (anche) il racconto dei tanti incontri di Gesù lungo il suo cammino per le vie della Palestina”.

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Uno sguardo d’amore che rivoluziona l’umanità

Lo sguardo di Gesù è lo stesso che utilizza con Pietro quando offre la sua guancia. “Anche se facciamo fatica a comprenderlo, è lo stesso sguardo con cui osserva silenzioso il misero spettacolo del re Erode che aspetta da lui qualche gesto miracoloso prima di rimandarlo deluso da Pilato”, dice il Papa. Anche in quel dialogo infatti, con l’uomo che decretò la sua morte, “Gesù lo avrà fissato con amore“.

Uno sguardo d’amore destinato a rivoluzionare completamente l’umanità e a compiere grandi miracoli. “Senza quello sguardo d’amore la comunicazione umana, il dialogo tra le persone può facilmente diventare soltanto un duello dialettico, quello sguardo rivela invece che c’è in ballo un’altra questione, vertiginosa, che non ha al centro il merito della discussione ma molto di più, il senso stesso dell’esistenza, mia e del mio interlocutore”, dice il Papa.

La perdita della contemplazione nell’Occidente

L’evangelista, sottolinea Francesco, usa il verbo fissare. Un termine che “sottintende un atteggiamento contemplativo che a sua volta richiede una dilatazione temporale, un fermare il momento quasi per gustarne ogni attimo“. In particolare, un segnale per le società occidentali dove tutto è frenesia, tutto è attivismo, tutto è denaro. E dove non ci sono più momenti per stare in intimità con sé stesso, con gli altri, con il Creato, infine con Dio.

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“Nelle società occidentali il verbo «fissare», l’atteggiamento contemplativo sembra non avere più cittadinanza, essere sparito dal paesaggio quotidiano, nella vita di tutti i giorni”, si legge. “Nessuno fissa più nessun altro, anzi se questo accade scatta automatico un senso di disagio e una reazione come di fronte a un pericolo. Si è perso così qualcosa, nessuno guarda negli occhi l’altro, non si «sta» uno di fronte all’altro, fermando per un attimo la corsa frenetica del tempo a cui siamo sottoposti”.

Il Papa: l’Occidente deve recuperare il senso della poesia

Un pensiero che il Papa ammette di avere fatto tornando dal suo ultimo viaggio in Asia. In quell’occasione Bergoglio ha pensato che l’Occidente ha bisogno di recuperare “il senso della «poesia», intendendo con questa bella parola proprio il senso della contemplazione, del fermarsi e donarsi un momento di apertura verso se stessi e gli altri nel segno della gratuità, del puro disinteresse”.

“Senza quel «di più» della poesia, senza questo dono, senza la gratuità, non può nascere un vero incontro, né una comunicazione propriamente umana”, spiega il Papa. “Gli uomini «comunicano» non solo perché si scambiano informazioni, ma perché provano a costruire una comunione. Le parole devono essere quindi come dei ponti gettati per avvicinare le diverse posizioni, per creare un terreno comune, un luogo di incontro, di confronto e di crescita”.

Il Papa: nella comunicazione ci si offre all’altro

Un fissare l’altro che implica necessariamente l’apertura ad essere fissati, all’altro, all’ascolto paziente. Tutto ciò perché “nella comunicazione ci si offre uno all’altro”. Riconoscimento dell’altro, e dell’alterità, che è il presupposto fondamentale del riconoscimento della propria identità, che per essere “piena” deve certamente aprirsi all’altro. Tutto questo è collocato, dice il Papa, “nel cuore del cristianesimo”. E riporta direttamente alla vicenda iniziale di Gesù narrata nei tre Vangeli.

“Gesù non guarda l’altro come uno «spettacolo», ma come una persona, come un dono, come un essere che Dio ha voluto creare liberamente (per amore) e mettere sulla sua strada. Nel suo sguardo d’amore vi è già inserita la dimensione della libertà. Si ama solo nella libertà e solo l’amore vero rende e lascia liberi gli altri”. Tutto ciò anche perché “amare vuol dire essere aperti al rischio”.

La preghiera ci apre a Dio, per cui nulla è impossibile

“Gesù nel momento in cui fissa il giovane davanti a lui, non lo «squadra» per trovare i suoi punti deboli, ma lo contempla come fosse appena uscito dalle mani creatrici di Dio Padre ed è felice della sua esistenza, lo ama appunto e lo chiama a superare tutte le prigioni e le ferite passate per un avvenire di pienezza, rispondendo così alla sua domanda sulla possibilità di una vita eterna”, dice ancora il Papa.

“In questo gesto Gesù si espone al rischio, la sua è una scommessa sull’altro, sull’uomo e come tale la possibilità del fallimento è reale”. Un finale che sembra chiudersi in modo fallimentare, ma solo in un primo momento. Perché come afferma Gesù poco dopo, non è la fine. “Su questo dramma può sopravvenire il gesto della preghiera, dell’apertura all’alterità di Dio per il quale «nulla è impossibile»”.

Giovanni Bernardi

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