Un viaggio epocale nel segno di Maria e della pace, quello a cui si appresta Papa Francesco, dal 5 all’8 marzo 2021, nella terra di Abramo. E si realizza il sogno di Giovanni Paolo II.
La visita di papa Francesco in Iraq è più che mai all’insegna di una speranza che si concretizza in almeno tre obiettivi: la pace, il dialogo interreligioso, la fine della pandemia.
Il 2020, è stato, tra le altre cose, l’anno senza viaggi pontifici. Dalla visita in Thailandia e Giappone (20-26 novembre 2019) sono trascorsi ormai quindici mesi: un ‘digiuno’ così lungo non si aveva dal gennaio1979. In quel mese, San Giovanni Paolo II si recò in Messico, per la sua prima visita pastorale all’estero, che avveniva a distanza di circa otto anni dall’ultima di San Paolo VI (Asia Orientale, Oceania e Australia, novembre-dicembre 1970).
Quello di Bergoglio in Iraq, dunque, sarà un viaggio storico e a lungo atteso per tante ragioni. Per la prima volta, un Pontefice si reca a Ur, nella terra di Abramo, padre di tutte le religioni monoteiste.
Altamente significativo sarà anche la visita di Francesco a Najaf. Nella città santa dell’Islam sciita, che custodisce il mausoleo dell’imam Alì (genero di Maometto), il Pontefice incontrerà l’ayatollah Al Sistani, leader della maggioranza sciita in Iraq. In questi otto anni di pontificato, infatti, Bergoglio ha interloquito principalmente con l’Islam sunnita, da cui sono scaturite tappe importanti nel dialogo catto-musulmano: dall’amicizia del Papa con Ahmad Al-Tayyeb, Grande Imam di Al-Azhar alla firma del Documento sulla Fratellanza ad Abu Dabi. Se in precedenza le interlocuzioni della Santa Sede con il mondo sciita erano state di carattere per lo più diplomatico (si pensi al ruolo decisivo del Vaticano negli accordi USA-Iran sul nucleare), adesso l’approccio entra decisamente nel merito della fede.
L’Iraq è comunque un crocevia religioso non solo per la compresenza di cristiani (ortodossi e cattolici nelle varie denominazioni e riti) e musulmani (al 62-67% sciiti e al 32-37% sunniti). Notevole, infatti, è la presenza di zoroastriani, bahai e yazidi, tutte minoranze accomunate a quella cristiana dalle persecuzioni subite nel triennio di terrore imposto dallo Stato Islamico (2014-2016). L’incontro interreligioso nella Piana di Ur (sabato 6 marzo, ore 11.10) porrà il sigillo a questa rinnovata fratellanza, in nome della sconfessione di qualunque violenza a sfondo religioso.
I cristiani rappresentano ormai soltanto l’1,5% dell’intera popolazione irachena. Dopo la guerra del 2003 e la deposizione di Saddam Hussein, la libertà religiosa in Iraq ha conosciuto un declino inesorabile e la situazione è precipitata a partire dall’estate 2014. Nella notte tra il 6 e il 7 agosto di quell’anno, il blitz dei miliziani dell’ISIS determinò la fuga dei cristiani dalla Piana di Ninive e, in particolare, da Qaraqosh, villaggio a maggioranza cristiana.
Sarà proprio Qaraqosh una delle tappe più importanti del viaggio del Papa (domenica 7 marzo, ore 11.30). Qui Bergoglio sarà accolto da un cartellone recante la scritta: “Il sangue dei martiri di Qaraqosh, sparso per generare la vita, è stato coronato dalla visita del Papa”. La parrocchia locale, dedicata all’Immacolata Concezione, distrutta dai jihadisti, è stata poi ricostruita e riaperta al culto nel 2019. Lo scorso 11 gennaio, la statua della Madonna è stata posta in cima alla chiesa.
La speranza della comunità locale è che la visita del Papa possa incoraggiare i cristiani iracheni a non fuggire dalla loro terra. Un particolare auspicio degli episcopati è che questo evento possa spingere a un maggior rispetto della minoranza cristiana: le giovani generazioni, in tal senso, sembrano sempre più propense all’apertura e a uno spirito d’amicizia, nonostante l’ancora potente propaganda dell’ISIS.
120mila cristiani sono fuggiti nel 2014 dall’intera Piana di Ninive, mentre circa 6000 famiglie (circa la metà) sono rientrate nella sola Qaraqosh dopo la sconfitta dell’ISIS. Un rimpatrio avvenuto grazie anche al contributo di Aiuto alla Chiesa che soffre, che ha finanziato la ricostruzione delle abitazioni con 48 milioni di euro.
Sempre nell’ambito delle tappe nella Piana di Ninive, altro momento topico, sarà la preghiera di suffragio per le vittime della guerra a Mosul (domenica 7 marzo, ore 10). Al termine della veglia sarà posta una lapide commemorativa davanti alla chiesa locale.
Evento conclusivo della visita sarà la messa allo stadio “Franso Hariri” di Erbil. La capienza dell’impianto è di 30mila posti ma, per rispettare i distanziamenti dovuti alla pandemia, l’ingresso è stato ridotto a 10mila persone. Durante la celebrazione sarà esposta una statua della Vergine di Karemlesh, danneggiata dai miliziani dell’ISIS, che le tagliarono le mani.
Durante i suoi tre giorni in Iraq, il seguito di rappresentanti pontifici che accompagnerà il Santo Padre, vedrà tra gli altri: il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin; il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, il cardinale Ferdinando Filoni, già prefetto della Congregazione per la Propaganda della Fede e nunzio apostolico in Iraq; monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, il cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso. Ad accompagnare e proteggere la visita pastorale sarà un’immagine della Madonna di Loreto, nel centenario della proclamazione di Maria patrona degli aviatori.
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Una curiosità: recarsi in Iraq rimase uno degli obiettivi irrealizzati di San Giovanni Paolo II. Durante il Giubileo del 2000 il papa polacco avrebbe voluto recarsi ad Ur ma per ragioni di sicurezza e politiche, il viaggio non fu possibile. Papa Francesco ha raccontato lo scorso mese di come Wojtyla pianse per non aver potuto raggiungere la terra di Abramo. Il suo successore oggi spera di non deludere per la seconda volta il popolo iracheno.
Luca Marcolivio
Fonti: Aiuto alla Chiesa che Soffre / Aleteia / Tempi
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