Durante la sua visita a Bratislava, Francesco si sofferma soprattutto sulla strada da intraprendere in questo momento di transizione.
I Santi Cirillo e Metodio, co-patroni d’Europa, sono stati indicati da papa Francesco come un simbolo di fraternità tra i popoli, in un momento delicato per tutta l’Europa.
Nella seconda giornata della sua visita ufficiale in Slovacchia, papa Francesco ha reso omaggio a quella che lui stesso ha definito una “terra di mezzo”.
Quando nel 1993, la Cecoslovacchia si divise, “il mondo ammirò la nascita senza conflitti di due Paesi indipendenti”, ha ricordato nel suo incontro con le autorità, la società civile e il corpo diplomatico nel palazzo presidenziale di Bratislava.
La “striscia blu” della bandiera slovacca “simboleggia la fratellanza con i popoli slavi”: ciò è di grande esempio per tutta l’Europa “dopo durissimi mesi di pandemia”.
La ripresa economica che si prospetta potrebbe indurre molti a “lasciarsi trasportare dalla fretta e dalla seduzione del guadagno, generando un’euforia passeggera che, anziché unire, divide”.
“La sola ripresa economica, inoltre – ha proseguito il Santo Padre – non è sufficiente in un mondo dove tutti siamo connessi, dove tutti abitiamo una terra di mezzo”.
Il Pontefice ha esortato il popolo slovacco a riaffermare “il suo messaggio di integrazione e di pace” sulla scorta delle “grandiose vite dei santi fratelli Cirillo e Metodio”, i quali diffusero il Vangelo “quando i cristiani del continente erano uniti; e oggi ancora essi uniscono le Confessioni di questa terra”.
Nel suo discorso alle autorità slovacche, il Papa ha insistito sul messaggio evangelico per cui “la ricchezza vera non consiste tanto nel moltiplicare quanto si ha, ma nel condividerlo equamente con chi abbiamo intorno”.
“Il pane, che spezzandosi evoca la fragilità – ha aggiunto – invita in particolare a prendersi cura dei più deboli. Nessuno venga stigmatizzato o discriminato. Lo sguardo cristiano non vede nei più fragili un peso o un problema, ma fratelli e sorelle da accompagnare e custodire”.
Allargando il discorso all’intero continente, Francesco ha osservato: “Tanti, troppi in Europa si trascinano nella stanchezza e nella frustrazione, stressati da ritmi di vita frenetici e senza trovare dove attingere motivazioni e speranza. L’ingrediente mancante è la cura per gli altri. Sentirsi responsabili per qualcuno dà gusto alla vita e permette di scoprire che quanto diamo è in realtà un dono che facciamo a noi stessi”.
Un ultimo riferimento è andato alla pandemia, come “prova del nostro tempo”, che “ci ha insegnato quanto è facile, pur nella stessa situazione, disgregarsi e pensare solo a sé stessi. Ripartiamo invece – ha raccomandato – dal riconoscimento che siamo tutti fragili e bisognosi degli altri”.
Di seguito, presso la cattedrale di San Martino della capitale slovacca, Bergoglio ha incontrato i vescovi, i sacerdoti, le religiose, i religiosi, i seminaristi e i catechisti. “La Chiesa non è una fortezza, un potentato, un castello situato in alto che guarda il mondo con distanza e sufficienza”, ha detto loro, esortando a non cedere “alla tentazione della magnificenza, della grandezza mondana”.
Alla luce di ciò, “è bella una Chiesa umile che non si separa dal mondo e non guarda con distacco la vita, ma la abita dentro”. “Condividere, camminare insieme, accogliere le domande e le attese della gente” è ciò che “ci aiuta a uscire dall’autoreferenzialità: il centro della Chiesa non è la Chiesa!”.
È urgente, ha proseguito il Santo Padre, immergersi “nella vita reale della gente” e chiedersi: “quali sono i bisogni e le attese spirituali del nostro popolo? Che cosa si aspetta dalla Chiesa?”.
Le tre parole chiave suggerite dal Pontefice sono “libertà”, “creatività” e “dialogo”. Nella sua storia, la Slovacchia ha vissuto “periodi drammatici”, traendone “un grande insegnamento: quando la libertà è stata ferita, violata e uccisa, l’umanità è stata degradata e si sono abbattute le tempeste della violenza, della coercizione e della privazione dei diritti”.
Dopodiché è iniziato un “cammino” di libertà, “a volte faticoso, da rinnovare continuamente”. La storia dell’esodo del popolo d’Israele dall’Egitto, in tal senso svela “una grande tentazione: meglio un po’ di cipolle che la fatica e il rischio della libertà”.
Da parte sua, “una Chiesa che non lascia spazio all’avventura della libertà, anche nella vita spirituale, rischia di diventare un luogo rigido e chiuso”. In particolare, i più giovani “non sono attratti da una proposta di fede che non lascia loro libertà interiore, da una Chiesa in cui bisogna pensare tutti allo stesso modo e obbedire ciecamente”.
Anche per questo, il Papa ha esortato i vescovi slovacchi a far crescere le persone “libere da una religiosità rigida”, facendo in modo che “nessuno si senta schiacciato”.
Dal primo assunto, scaturisce automaticamente il secondo: la creatività fu un tratto distintivo degli stessi Cirillo e Metodio, i quali “ci insegnano che l’evangelizzazione non è mai una semplice ripetizione del passato”.
Cirillo e Metodio inventarono “un nuovo alfabeto per la traduzione della Bibbia, dei testi liturgici e della dottrina cristiana”, diventando così “apostoli dell’inculturazione della fede” presso gli slavi.
Terza parola chiave: il “dialogo” che “unisce e tiene insieme l’Oriente e l’Occidente, tradizioni e sensibilità diverse”, proprio come è avvenuto tra i popoli slavi.
È il dialogo che fa superare gli steccati delle diffidenze e dei rancori. A tal proposito, Francesco ha ricordato la storia del cardinale slovacco gesuita Ján Chryzostom Korec (1924-2015), il quale “perseguitato dal regime, imprigionato, costretto a lavorare duramente finché si ammalò”.
Quando poi, crollato il comunismo, Korec “venne a Roma per il Giubileo del 2000, andò nelle catacombe e accese un lumino per i suoi persecutori, invocando per loro misericordia. Questo è Vangelo!”, ha commentato in conclusione Bergoglio.
Nel pomeriggio, il Santo Padre ha proseguito visitando privatamente il “Centro Betlemme” di Bratislava, dove sono accolti i senzatetto assistiti dalle Suore della Congregazione di Madre Teresa. Papa Francesco si è intrattenuto con 30 persone vissute per strada di cui alcuni malati o con disabilità e ora accolte dalle suore, e con altri ospiti della Casa. Nel cortile del Centro era presente un coro di bambini che ha eseguito dei canti.
“Anche il Signore è con noi: quando noi siamo insieme, così felici, il Signore è con noi – ha detto il Pontefice nel suo breve discorso a braccio –. È con noi anche quando abbiamo momenti di prova: mai ci abbandona, sempre il Signore è vicino a noi. Possiamo vederlo e possiamo non vederlo, ma sempre ci accompagna nel cammino della vita: non dimenticare questo, soprattutto nei momenti brutti”.
Successivamente il Papa si è recato a piazza Rybné námestie, per l’incontro con le comunità ebraiche slovacche. “La vostra storia è la nostra storia, i vostri dolori sono i nostri dolori – ha affermato in questa circostanza –. Per alcuni di voi, questo Memoriale della Shoah è l’unico posto dove potete onorare la memoria dei vostri cari. Anch’io mi unisco a voi”.
Francesco ha puntato il dito contro gli “idoli” del “potere” e del “denaro” che “prevalgono sulla dignità dell’uomo, dell’indifferenza che gira lo sguardo dall’altra parte, delle manipolazioni che strumentalizzano la religione, facendone questione di supremazia oppure riducendola all’irrilevanza”.
Anche oggi, Bergoglio ha condannato “ogni forma di antisemitismo”, richiamando all’impegno “perché non venga profanata l’immagine di Dio nella creatura umana”.
Ultima tappa della giornata: la visita al presidente del Parlamento, Boris Kollár, e al primo ministro Eduard Heger, accompagnati dalle rispettive famiglie, presso la nunziatura apostolica di Bratislava.
Luca Marcolivio
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