Papa: Porte aperte ai migranti in Vaticano, monasteri, santuari, parrocchie

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Dopo la preghiera mariana dell’Angelus, Francesco ricorda la misericordia di madre Teresa e lancia un appello a parrocchie, comunità religiose, monastero, santuario d’Europa: “Ognuno ospiti una famiglia, incominciando dalla mia diocesi di Roma. Anche le due parrocchie del Vaticano”. Il sordomuto del Vangelo odierno “simbolo del non credente che compie un cammino verso la fede”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Ogni parrocchia, comunità religiosa, monastero o santuario d’Europa “ospiti una famiglia di migranti. Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama ad essere ‘prossimi’ dei più piccoli e abbandonati. A dare loro una speranza concreta”. Lo ha detto oggi papa Francesco dopo la preghiera mariana dell’Angelus.

Il pontefice ricorda la misericordia di madre Teresa, di cui in questi giorni ricordiamo la morte: “La Misericordia di Dio viene riconosciuta attraverso le nostre opere, come ci ha testimoniato la vita della beata”. Subito dopo aggiunge: “La speranza è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura. Pertanto, in prossimità del Giubileo della Misericordia, rivolgo un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi. Un gesto concreto in preparazione all’Anno Santo. Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia, incominciando dalla mia diocesi di Roma. Anche le due parrocchie del Vaticano accoglieranno in questi giorni due famiglie di profughi”.

Il papa si appella poi “ai miei fratelli Vescovi d’Europa, veri pastori, perché nelle loro diocesi sostengano questo mio appello, ricordando che Misericordia è il secondo nome dell’Amore: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»”.

In precedenza, il pontefice commenta il Vangelo odierno, ovvero il racconto del sordomuto: “Un evento prodigioso che mostra come Gesù ristabilisca la piena comunicazione dell’uomo con Dio e con gli altri uomini. Il miracolo è ambientato nella zona della Decapoli, cioè in pieno territorio pagano; pertanto quel sordomuto che viene portato da Gesù diventa simbolo del non-credente che compie un cammino verso la fede. Infatti la sua sordità esprime l’incapacità di ascoltare e di comprendere non solo le parole degli uomini, ma anche la Parola di Dio. E san Paolo ci ricorda che «la fede nasce dall’ascolto della predicazione»”

La prima cosa che Gesù fa, sottolinea il papa, “è portare quell’uomo lontano dalla folla: non vuole dare pubblicità al gesto che sta per compiere, ma non vuole nemmeno che la sua parola sia coperta dal frastuono delle voci e delle chiacchiere dell’ambiente. La Parola di Dio che il Cristo ci trasmette ha bisogno di silenzio per essere accolta come Parola che risana, che riconcilia e ristabilisce la comunicazione”.

Vengono poi evidenziati due gesti di Gesù: toccare orecchie e lingua dell’uomo “bloccato” nella comunicazione, e l’implorazione del miracolo dall’alto, dal Padre. L’insegnamento che traiamo da questo episodio, spiega Francesco, “è che Dio non è chiuso in sé stesso, ma si apre e si mette in comunicazione con l’umanità. Nella sua immensa misericordia, supera l’abisso dell’infinita differenza tra Lui e noi, e ci viene incontro. Per realizzare questa comunicazione con l’uomo, Dio si fa uomo”.

Ma questo Vangelo ci parla anche di noi: “Spesso noi siamo ripiegati e chiusi in noi stessi, e creiamo tante isole inaccessibili e inospitali. Persino i rapporti umani più elementari a volte creano delle realtà incapaci di apertura reciproca: la coppia chiusa, la famiglia chiusa, il gruppo chiuso, la parrocchia chiusa, la patria chiusa… e quello non è di Dio. Quello è nostro, è il nostro peccato”.

Eppure, conclude il pontefice prima della preghiera, “all’origine della nostra vita cristiana, nel Battesimo, ci sono proprio quel gesto e quella parola di Gesù: ‘Effatà! – Apriti!’. E il miracolo si è compiuto: siamo stati guariti dalla sordità dell’egoismo e dal mutismo della chiusura e del peccato, e siamo stati inseriti nella grande famiglia della Chiesa; possiamo ascoltare Dio che ci parla e comunicare la sua Parola a quanti non l’hanno mai ascoltata, o a chi l’ha dimenticata e sepolta sotto le spine delle preoccupazioni e degli inganni del mondo. Chiediamo alla Vergine Santa, donna dell’ascolto e della testimonianza gioiosa, di sostenerci nell’impegno di professare la nostra fede e di comunicare le meraviglie del Signore a quanti incontriamo sul nostro cammino”.

Dopo l’Angelus e dopo l’appello per i profughi, il papa si appella – in spagnolo – per la pace fra Venezuela e Colombia. Poi dice: “Ieri a Gerona in Spagna sono state proclamate tre beate, religiose dell’Istituto delle suore di san Giuseppe di Gerona. Malgrado le minacce e le intimidazioni, queste donne rimasero al loro posto coraggiosamente per assistere i malati confidando in Dio. La loro eroica testimonianza dia forza e speranza a quanti oggi sono perseguitati a motivo della fede cristiana.E sappiamo che sono tanti”. Infine, prima dei saluti ai gruppi presenti, un “pensiero” per i Giochi d’Africa di Brazzaville.

 

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