“Mai un Papa era stato nella terra di Abramo” ma “la Provvidenza ha voluto che ciò accadesse ora”. Un “segno di speranza dopo anni di guerra e terrorismo e durante una dura pandemia”.
Con queste parole, papa Francesco ha introdotto l’udienza generale odierna, in cui ha tracciato un bilancio del suo recente viaggio in Iraq.
Al termine di questa visita, che ha realizzato “un progetto di San Giovanni Paolo II”, Bergoglio è tornato con un animo “colmo di gratitudine” a “Dio” e a tutte le “autorità” che l’hanno resa possibile.
Il Santo Padre ha percepito in modo particolare il “senso penitenziale” del suo ultimo pellegrinaggio nel cuore di una “Chiesa martire”. Tutti i cristiani iracheni, ha detto, portano sulle spalle una “Croce grande”, come quella “posta all’entrata di Qaraqosh”.
Nella visita pastorale in Iraq, il Papa ha visto anche “la speranza di aprirsi a un orizzonte di pace e di fraternità, riassunto nelle parole di Gesù che erano il motto della Visita: «Voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8)”. Una speranza ritrovata “sui volti luminosi dei giovani e negli occhi vivaci degli anziani”. Ad attendere in Iraq il Successore di Pietro, c’erano persone che aspettavano “da cinque ore in piedi”: tra loro “donne con bambini in braccio” e “nei loro occhi c’era la speranza”.
Oggi, ha proseguito il Pontefice, “il popolo iracheno ha diritto a vivere in pace, ha diritto a ritrovare la dignità che gli appartiene”. L’antica “Mesopotamia”, ha ricordato, è stata “culla di civiltà”, Baghdad è stata Baghdad è stata nella storia una città di primaria importanza, che ha ospitato per secoli la biblioteca più ricca del mondo “città di primaria importanza, che ha ospitato per secoli la biblioteca più ricca del mondo”.
Uno splendore rovinato dalla “guerra”, un “mostro” che “continua a divorare l’umanità”. A braccio, Francesco ha quindi ripetuto una domanda già posta durante la visita: “Chi vende oggi le armi ai terroristi? Vorrei che qualcuno rispondesse”. La risposta a ogni guerra, ha proseguito, è sempre nella “fraternità”: “se non saremo capaci di praticare la fraternità, continueremo sempre con la logica iniziata da Caino”, ovvero quella della “guerra”.
Un accenno, poi, all’incontro interreligioso nella Piana di Ur, “dove Abramo ricevette la chiamata di Dio circa quattromila anni fa”. La discendenza che Dio mostrò ad Abramo nelle stelle, ancora sembra risuonare nel motto della visita: “Voi siete tutti fratelli”. “Un messaggio di fraternità – ha sottolineato il Papa – è giunto dall’incontro ecclesiale nella Cattedrale Siro-Cattolica di Baghdad”. In quella stessa chiesa, ha rammentato, “nel 2010 furono uccise quarantotto persone, tra cui due sacerdoti, durante la celebrazione della Messa”. A distanza di undici anni, lo “stupore” del Santo Padre di “essere in mezzo a loro”, in quel luogo precedentemente martoriato, “si fondeva con la loro gioia di avere il Papa con sé”.
L’occupazione dell’Isis ha determinato la “fuga” di minoranze religiose, tra cui, oltre ai cristiani, Francesco ha ricordato gli yazidi. Per questo, ha chiesto di “pregare per questi nostri fratelli e sorelle tanto provati, perché abbiano la forza di ricominciare”.
Dopo aver ricordato il “messaggio di fraternità” giunto anche dalle celebrazioni eucaristiche a Baghdad, “in rito caldeo”, e quella a Erbil, Bergoglio ha concluso con una “lode a Dio” per questa “storica visita”.
“In Iraq, nonostante il fragore della distruzione e delle armi, le palme, simbolo del Paese e della sua speranza, hanno continuato a crescere e portare frutto – ha detto –. Così è per la fraternità: non fa rumore, ma è fruttuosa e ci fa crescere. Dio, che è pace, conceda un avvenire di fraternità all’Iraq, al Medio Oriente e al mondo intero!”.
Luca Marcolivio
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