1. Per infallibilità si vuole far capire che da parte del Pontefice ci sia l’impossibilità di sbagliare quando si insegna in materia di fede e di morale.
L’infallibilità è anzitutto un carisma ed una prerogativa donata da Cristo alla Chiesa, sua sposa, perché nelle verità in ordine alla salvezza non porti i suoi membri sulla via dell’errore. Deve essere un aggettivo che si addice al Papa, in qualsiasi contesto, sia quando parla in comunione col collegio episcopale tanto nel Concilio ecumenico quanto con i vescovi sparsi per tutti la terra quando convengono con lui nel ritenere definitiva una determinata dottrina (Concilio Vaticanio II, Lumen Gentium 25).
2. L’infallibilità è anche sancita dal Concilio Vaticano I nel 1870.
Nella costituzione dogmatica Pastor aeternus il Concilio dichiara che “il romano Pontefice, quando parla dalla cattedra (ex cathedra), cioè, quando, adempiendo l’ufficio di pastore e di maestro di tutti i cristiani, per la sua suprema autorità apostolica, definisce che una dottrina riguardo alla fede e ai costumi deve essere tenuta da tutta la Chiesa, per l’assistenza divina a lui promessa nel beato Pietro, gode di quella infallibilità della quale il Divin Redentore volle dotare la sua Chiesa nel definire una dottrina riguardo alla fede e ai costumi; perciò tali definizioni del romano Pontefice sono irreformabili di per sé (ex sese), non per il consenso della Chiesa”.
Per far capire meglio il Sommo Pontefice non può sbagliare quando insegna come maestro di tutta la Chiesa, in materia di fede come già scritto e di stile di vita cattolico e credente.
3. E’ lo stesso Concilio Vaticano I, tramite il documento ufficiale che ribadisce la soprannaturale infallibilità del Papa. Questa prerogativa di taluni suoi interventi dottrinali scaturisce da un carisma specialissimo dello Spirito Santo. Questo carisma a lui donato racchiude in sé tutta la fede della Chiesa, di cui è espressione fedelissima, e perché è il più grande ministero a favore della comunità dei credenti.
L’infallibilità non implica né ispirazione né rivelazione, ma un’assistenza divina chepreserva dall’errore il Papa quando definisce ex cathedra.
Pur godendo di tale privilegio il Pontefice non è dispensato dall’onere di un lavoro preparatorio, di studio, di ricerche e di preghiera che lo dispongano ad esercitare prudentemente il suo ufficio di maestro universale della Chiesa.
4.“di questa infallibilità fruisce il romano Pontefice, capo del collegio dei vescovi, in virtù del suo ufficio, quando, quale supremo pastore e dottore di tutti i fedeli che conferma nella fede i suoi fratelli (Lc 22,32), sancisce con atto definitivo una dottrina riguardante la fede o la morale” quanto scritto nel Concilio Vaticano II che ha quindi proseguito quanto detto dal I.
Queste definizioni, pronunziate con l’assistenza dello Spirito Santo, sono state promesse a Pietro, non servono approvazioni di nessuno. Infatti allora il romano Pontefice pronunzia la sentenza non come persona privata, ma quale supremo maestro nella Chiesa universale, singolarmente insignito del carisma della infallibilità della stessa Chiesa, espone o fende la dottrina della fede cattolica” (LG 25).
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