Lo ha ricordato papa Francesco, nel corso dell’udienza generale odierna, in cui ha sottolineato la forza della preghiera orale.
Che sia “parola”, “invocazione”, “canto” o “poesia”, la preghiera è sempre e comunque un “dialogo con Dio”.
“La Parola divina – ha detto il Santo Padre, durante la catechesi – si è fatta carne, e nella carne di ogni uomo la parola torna a Dio nella preghiera”.
Le parole di una preghiera, ha proseguito, citando il Salmo 23, “ci fanno attraversare senza pericolo una valle oscura, ci dirigono verso prati verdi e ricchi di acque, facendoci banchettare sotto gli occhi di un nemico”.
Nella Bibbia, nulla di ciò che è umano viene “escluso”, né “censurato” ed è “pericoloso” lasciare che il dolore rimanga “coperto, chiuso dentro di noi”, ha affermato il Pontefice. Alla luce di ciò “la Sacra Scrittura ci insegna a pregare anche con parole talvolta audaci”.
L’autore sacro, quindi, senza fare illusioni sull’uomo, rivela che “nel suo cuore albergano anche sentimenti poco edificanti, addirittura l’odio”. Tutti questi “sentimenti cattivi” vanno “disinnescati “con la preghiera e con le parole di Dio”.
Le “espressioni molto dure contro i nemici”, che troviamo nella Bibbia, sono riferite “al diavolo e ai nostri peccati”; tuttavia sono parole che “appartengono alla realtà umana e che sono finite nell’alveo delle Sacre Scritture”.
“La prima preghiera umana è sempre una recita vocale”, ha sottolineato il Papa. È importante abituarsi a pregare a voce, perché i sentimenti “per quanto nobili, sono sempre incerti: vanno e vengono, ci abbandonano e ritornano”.
Mentre “la preghiera del cuore è misteriosa e in certi momenti latita”, la “preghiera delle labbra” – sia “quella che si bisbiglia o che si recita in coro” – è invece “sempre disponibile, e necessaria come il lavoro manuale”. A ricordarlo è anche il Catechismo (n 2701): nel momento in cui i discepoli, attratti dalla preghiera silenziosa del Maestro, gli chiedono di insegnare loro a pregare, questi insegna loro il “Padre nostro”, preghiera “vocale” per eccellenza.
“Tutti dovremmo avere l’umiltà di certi anziani che, in chiesa, forse perché ormai il loro udito non è più fine, recitano a mezza voce le preghiere che hanno imparato da bambini, riempiendo la navata di bisbigli”, ha commentato Francesco.
È ancora il Catechismo a indicare l’esempio della preghiera vocale del “pellegrino russo”, dell’omonima opera di spiritualità, che ripete costantemente la stessa unica invocazione: “Gesù, Cristo, Figlio di Dio, Signore, abbi pietà di noi, peccatori!” (cfr CCC, 2616; 2667). È importante, quindi, “non cadere nella superbia di disprezzare la preghiera vocale”, che è la “preghiera dei semplici”, a vantaggio di forme più sofisticate di “meditazione” o di “preghiera mentale”.
Le parole della preghiera, allora, “ci portano per mano all’esperienza di Dio” ma “soprattutto sono le sole, in maniera sicura, che indirizzano a Dio le domande che Lui vuole ascoltare”, ha ribadito il Papa, ricordando che, insegnandoci il Padre nostro, “Gesù non ci ha lasciato nella nebbia”.
Luca Marcolivio
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