La visita pastorale del Santo Padre si arricchisce di nuovi commoventi incontri con i ragazzi e di preziose riflessioni sulla vita sacramentale.
La terza giornata di papa Francesco in Slovacchia è stata probabilmente la più impegnativa. In mattinata, il Santo Padre è volato a Košice dove ha presieduto al Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo.
Nella medesima città, nel quartiere periferico di Luník, il Pontefice ha incontrato la comunità rom, che lo ha calorosamente accolto al suono della musica gitana. Nel suo discorso, il Papa ha stigmatizzato i “giudizi e pregiudizi” contro i rom, esortando all’integrazione e alla “convivenza pacifica”.
“Ghettizzare le persone non risolve nulla – ha detto –. Quando si alimenta la chiusura prima o poi divampa la rabbia”. Dopo aver ascoltato la testimonianza di una coppia rom, Francesco ha incoraggiato la comunità: “Voi nella Chiesa non siete ai margini… Voi siete nel cuore della Chiesa”.
Bergoglio ha quindi indicato ad esempio la testimonianza di Nikola e René, coppia con due figli. Questa famiglia ha percorso la strada dell’emancipazione e dell’integrazione, sotto la guida del parroco locale. Entrambi i coniugi si sono laureati, lavorano regolarmente e vivono in un appartamento.
“Così ci avete dato un messaggio prezioso: dove c’è cura della persona, dove c’è lavoro pastorale, dove c’è pazienza e concretezza i frutti arrivano. Non subito, col tempo, ma arrivano”, ha detto il Santo Padre alla coppia.
Il Pontefice ha elogiato don Peter, il salesiano che da anni, assieme ai suoi confratelli, opera affianco ai rom di Košice fornendo non “assistenzialismo sociale” ma “accompagnamento personale”.
Ultima tappa della giornata di Francesco a Košice è stato l’incontro con i giovani allo stadio Lokomotiva. Icona dell’evento è stata la beata Anna Kolesarova (1928-1944), considerata la “Maria Goretti” slovacca, il cui sacrificio invita a “punta a traguardi alti”.
Ascoltando le testimonianze dei giovani partecipanti all’incontro, il Papa ha esortato a non farsi blandire da un’idea superficiale e illusoria dell’amore. “L’amore è il sogno più grande della vita – ha detto – ma non è un sogno a buon mercato. È bello, ma non è facile, come tutte le cose grandi della vita. È il sogno, ma non è un sogno facile da interpretare”.
“Amici non banalizziamo l’amore – ha proseguito – perché l’amore non è solo emozione e sentimento, questo semmai è l’inizio. L’amore non è avere tutto e subito, non risponde alla logica dell’usa e getta. L’amore è fedeltà, dono, responsabilità”.
Come in altre occasioni in presenza di giovani, il Santo Padre ha invitato a “ribellarsi alla cultura del provvisorio”, andando “oltre l’istinto e oltre l’istante, è amare per tutta la vita e con tutto sé stessi. Non siamo qui per vivacchiare, ma per fare della vita un’impresa”, ha detto, perché “amore ed eroismo” sono sempre necessari “per fare grande la vita”.
“Sognate una bellezza che vada oltre l’apparenza, al di là delle tendenze della moda – ha esortato il Pontefice –. Sognate senza paura di formare una famiglia, di generare ed educare dei figli, di passare una vita condividendo tutto con un’altra persona, senza vergognarsi delle proprie fragilità, perché c’è lui, o lei, che le accoglie e le ama, che ti ama così come sei”.
Invitando i giovani slovacchi a non lasciarsi “omologare”, il Papa ha detto loro: “I grandi sogni non sono l’auto potente, il vestito alla moda o la vacanza trasgressiva. Non date ascolto a chi vi parla di sogni e invece vi vende illusioni: sono manipolatori di felicità. Siamo stati creati per una gioia più grande: ciascuno di noi è unico ed è al mondo per sentirsi amato nella sua unicità e per amare gli altri come nessuno può fare al posto suo”.
Altro consiglio: andare ad “innaffiare le radici” rappresentate dagli anziani, dai “nonni”: “fate loro domande, dedicate tempo ad ascoltare i loro racconti”.
Francesco ha messo in guardia i giovani slovacchi dalle tentazioni di una virtualità, per cui le persone che appaiono sullo schermo “con un clic” finiscono per diventare “più familiari dei volti che ci hanno generato”.
“Disconnetterci dalla vita, fantasticare nel vuoto, non fa bene – ha affermato – è una tentazione del maligno. Dio ci vuole ben piantati per terra, connessi alla vita; mai chiusi, ma sempre aperti a tutti!”.
Un pericolo in cui spesso incorrono i giovani è la malinconia. “Non lasciatevi imprigionare dalla tristezza o dallo scoraggiamento rassegnato di chi dice che nulla mai cambierà – ha affermato il Papa –. Se si crede a questo ci si ammala di pessimismo. Si invecchia dentro. E si invecchia giovani”.
Antidoto formidabile per “quando siamo giù” è la “confessione”, nella quale, però, non vanno posti al centro tanto i “peccati” ma “l’abbraccio del Padre”. Durante la confessione, “non vado da un giudice a regolare i conti, vado da Gesù che mi ama e mi guarisce”.
Sarebbe un controsenso, ha osservato Francesco non riuscire a “superare la vergogna”, quando ci si confessa. “Se ti vergogni, vuol dire che non accetti quello che hai fatto. La vergogna è un buon segno, ma come ogni segno chiede di andare oltre”.
Dio, infatti, non “si offende” mai quando “vai a chiedergli perdono”, ma “soffre” soltanto quando pensiamo che non possa perdonarci; sarebbe come dirgli: “Sei debole nell’amore!”.
In conclusione, il Santo Padre ha indicato ai giovani slovacchi di “abbracciare la Croce” assieme a Gesù. “Se si abbraccia Gesù, rinasce la gioia. E la gioia di Gesù, nel dolore, si trasforma in pace”. Un dono da portare “ai vostri amici – ha detto in conclusione rivolto ai giovani presenti –. Non prediche, ma gioia. Non parole, ma sorrisi, vicinanza fraterna”.
Luca Marcolivio
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