“Abbiamo bisogno dello Spirito Santo, dono di Dio che ci guarisce dal narcisismo, dal vittimismo e dal pessimismo”. Le parole del Pontefice in questa Pentecoste.
“Ci troviamo nella carestia della speranza e abbiamo bisogno di apprezzare il dono della vita, il dono che ciascuno di noi è.
Le parole di Papa Francesco pronunciate nell’omelia della Santa Messa di Domenica di Pentecoste, dall’Altare della Cattedra della Basilica di San Pietro, diventano un messaggio dirompente di fronte all’indifferenza e all’egoismo, alla sofferenza e all’arrivismo, alla disillusione, all’idea che non si può fare nulla per essere felici e che Dio non ascolti le nostre preghiera.
La Pentecoste e le parole del Papa
“Perché peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi”, ha affermato il Pontefice.
Le parole di Francesco partono dalla Pentecoste, dal giorno in cui cioè dalla discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli riuniti con la Vergine nel Cenacolo, cinquanta giorni dopo la risurrezione di Cristo, nacque la Chiesa, e la missione dei cristiani diventa Kerygma, annuncio.
La centralità dell’annuncio nel messaggio del Papa
Il messaggio del Pontefice è tutto imperniato sulla centralità dell’annuncio, sul bisogno di tornare alla fonte originaria della missione cristiana, che nasce dallo Spirito Santo.
“Il mondo ci vede di destra e di sinistra; lo Spirito ci vede del Padre e di Gesù”, spiega il Papa. “II mondo vede conservatori e progressisti; lo Spirito vede figli di Dio. Lo sguardo mondano vede strutture da rendere più efficienti; lo sguardo spirituale vede fratelli e sorelle mendicanti di misericordia.
Lo Spirito ci ama e conosce il nostro posto
Lo Spirito ci ama e conosce il posto di ognuno nel tutto: per Lui non siamo coriandoli portati dal vento, ma tessere insostituibili del suo mosaico. Torniamo al giorno di Pentecoste e scopriamo la prima opera della Chiesa: l’annuncio”.
L’apostolo Paolo scriveva infatti (1 Cor 12,4) che anche se “vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito“. E che anche se “vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio” (vv. 5-6).
Lo Spirito è quell’uno che mette insieme i diversi
Lo Spirito Santo infatti, ha ricordato il Pontefice, “è quell’uno che mette insieme i diversi; e che la Chiesa è nata così: noi, diversi, uniti dallo Spirito Santo”.
Gli Apostoli infatti erano gente semplice, “abituata a vivere del lavoro delle proprie mani”, con “provenienze e contesti sociali diversi, nomi ebraici e nomi greci, caratteri miti e altri focosi, visioni e sensibilità differenti”.
A Pentecoste comprendiamo la forza dello Spirito
Gesù “non li aveva cambiati, non li aveva uniformati facendone dei modellini in serie”, ma “aveva lasciato le loro diversità e ora li unisce ungendoli di Spirito Santo”, spiega il Papa.
Solo a “Pentecoste gli Apostoli comprendono la forza unificatrice dello Spirito. La vedono coi loro occhi quando tutti, pur parlando lingue diverse, formano un solo popolo: il popolo di Dio, plasmato dallo Spirito, che tesse l’unità con le nostre diversità, che dà armonia perché è armonia”.
L’unione arriva con l’unzione
Per questo, “l’unione arriva con l’unzione“. Una realtà che ci riporta alla Chiesa di oggi, alle prove con le difficoltà della società moderno e troppo spesso con la tentazione di basare tutto sulle proprie forze, di trasformarla in opera umana a cui dover noi dare organizzazione e modelli sociali.
Dimenticandoci cioè che il Signore che la guida, e che tutti insieme ci conduce, come pecore con il Pastore. Il Papa perciò domanda: “Che cosa ci unisce, su che cosa si fonda la nostra unità?”. “Anche tra noi ci sono diversità, ad esempio di opinioni, di scelte, di sensibilità.
La tentazione di una fede a nostra immagine
La tentazione è sempre quella di difendere a spada tratta le proprie idee, credendole buone per tutti, e andando d’accordo solo con chi la pensa come noi. Ma questa è una fede a nostra immagine, non è quello che vuole lo Spirito“, è l’appello di Francesco.
Sbagliato infatti è pensare che ciò che ci unisca siano le nostre attività, i nostri comportamenti, persino i nostri pensieri. Il Papa ricorda a tutti che “c’è molto di più: il nostro principio di unità è lo Spirito Santo.
Siamo figli amati di Dio
Lui ci ricorda che anzitutto siamo figli amati di Dio. Lo Spirito viene a noi, con tutte le nostre diversità e miserie, per dirci che abbiamo un solo Signore, Gesù, e un solo Padre, e che per questo siamo fratelli e sorelle!”.
Questo perché “lo Spirito non vuole che il ricordo del Maestro sia coltivato in gruppi chiusi, in cenacoli dove si prende gusto a fare il nido. Egli apre, rilancia, spinge al di là del già detto e del già fatto, oltre i recinti di una fede timida e guardinga”.
Nella Chiesa lo Spirito garantisce l’unità
Un pensiero che a molti potrà sembrare paradossale, infruttuoso. Ma è proprio questo tipo di ragionamento, mondano, efficentista, che fa perdere alla Chiesa e ai cristiani la vera direzione di marcia, quella indicata da Gesù Cristo.
“Nel mondo, senza un assetto compatto e una strategia calcolata si va a rotoli. Nella Chiesa, invece, lo Spirito garantisce l’unità a chi annuncia”, spiega infatti il Papa. Gli Apostoli presero invece alla lettera il messaggio di Gesù, e con la discesa dello Spirito si fecero completamente guidare da Lui.
Gli Apostoli, impreparati, si mettono in gioco
E così “vanno: impreparati, si mettono in gioco, escono. Un solo desiderio li anima: donare quello che hanno ricevuto”.
Solo così “giungiamo finalmente a capire qual è il segreto dell’unità, il segreto dello Spirito. È il dono. Perché Egli è dono, vive donandosi e in questo modo ci tiene insieme, facendoci partecipi dello stesso dono”.
Da come intendiamo Dio dipende la vita cristiana
Credere che Dio è dono, e che per questo bisogna donarsi, e non prendere, che Dio è dono e non un dittatore tirannico, ci permette di stare al mondo come cristiani, e di vivere uniformati solamente alla volontà del Signore.
“Da come intendiamo Dio dipende il nostro modo di essere credenti. Se abbiamo in mente un Dio che prende e si impone, anche noi vorremo prendere e imporci: occupare spazi, reclamare rilevanza, cercare potere. Ma se abbiamo nel cuore Dio che è dono, tutto cambia“.
Ricordarci che siamo dono gratuito e immeritato
“Se ci rendiamo conto che quello che siamo è dono suo, dono gratuito e immeritato, allora anche noi vorremo fare della vita un dono. E amando umilmente, servendo gratuitamente e con gioia, offriremo al mondo la vera immagine di Dio”, dice il Papa.
Ricordando i “tre nemici del dono, sempre accovacciati alla porta del cuore”. Ovvero “il narcisismo, il vittimismo e il pessimismo”. Il primo, che “fa idolatrare sé stessi, fa compiacere solo dei propri tornaconti”.
Il tre nemici del dono
Che fa pensare: “La vita è bella se io ci guadagno”. E che quindi si chiede: Perché dovrei donarmi agli altri?. Il secondo, “si lamenta ogni giorno del prossimo: Nessuno mi capisce, nessuno mi aiuta, nessuno mi vuol bene, ce l’hanno tutti con me!. E il suo cuore si chiude, mentre si domanda: “Perché gli altri non si donano a me?”.
E il terzo, infine, con la litania quotidiana del “Non va bene nulla, la società, la politica, la Chiesa…”. Che “se la prende col mondo, ma resta inerte e pensa: “Intanto a che serve donare? È inutile”.
Mettere al centro lo Spirito Santo
Per questo, è importante mettere al centro della nostra vita lo Spirito Santo, lasciare che Lui agisca nelle nostre esistenze, e pregarlo con insistenza. Papa Francesco così ha lasciato una preghiera da recitare insieme.
“Spirito Santo: Tu che sei armonia, rendici costruttori di unità; Tu che sempre ti doni, dacci il coraggio di uscire da noi stessi, di amarci e aiutarci, per diventare un’unica famiglia”.
Spirito Santo, memoria di Dio, ravviva in noi il ricordo del dono ricevuto. Liberaci dalle paralisi dell’egoismo e accendi in noi il desiderio di servire, di fare del bene
Giovanni Bernardi
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