Ecco qualche curiosità sull’abbigliamento usato dal sacerdote, per celebrare la Santa Messa o condurre una processione, oppure partecipare a qualunque altro evento religioso, che richieda il suo contributo.
Prima di salire sull’altare, il sacerdote mette un camice (chiamato anche “alba”) sui suoi abiti; il cingolo, una cintura in stoffa, che solleva e ferma il camice sui fianchi; l’amitto, un panno intorno al collo, che contribuisce a coprire gli abiti civili del sacerdote; la stola (il cui colore è coordinato con quello della casula, per indicare il periodo liturgico in corso o l’evento celebrato), che si indossa a mo’ di sciarpa; la casula, che viene messa sopra tutto il resto (paramento sacerdotale per eccellenza, insieme alla stola), il più visibile a noi fedeli e il più rappresentativo della celebrazione.
Si pensa che la casula sia stata ispirata da un agricoltore, che indossava qualcosa di molto simile, per ripararsi dal vento e dal freddo.
Fu adottata, poi, dai cristiani nel III secolo, come abito che li identificava. In seguito, fu ritenuto adatto solo all’abbigliamento sacerdotale.
Fu nel VIII secolo che la casula cominciò a differenziarsi, ad essere colorata e ornata, in modo da dare anche un messaggio e ribadire il significato e il periodo dell’anno liturgico che si stava vivendo, nonché l’importanza e la particolarità del rito celebrato.
Il termine “casula” viene, probabilmente, da “piccola casa”, poiché l’abito (soprattutto un tempo, quando la veste arrivava ai piedi) avvolge completamente il Ministro di Dio.
Ma, un tempo, la casula indicava anche la cella in cui i Monaci si ritirano in solitudine, come alcune cappelle fuori paese.
Secondo le disposizioni della Sacra Congregazione dei Riti, l’indumento (e i suoi ornamenti) ha cambiato forma, nel corso dei secoli, come mostrano anche le illustrazioni di alcuni Santi di altre epoche. Sono stati modificati i colori, i decori, come la lunghezza delle maniche e dell’abito, ma anche l’ampiezza degli stessi.
In ogni caso, la casula rappresenta il “giogo di Cristo”, per rammentare al sacerdote il ruolo che riveste in quel momento, ossia di “alter Christus”.
La casula ricorda anche la tunica senza cuciture, indossata da Cristo; quella sulla quale i soldati tirarono a sorte, dopo la crocifissione di Gesù: “Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca”, dice il Vangelo di Giovanni.
Un tempo, quando il rito della Santa Messa si svolgeva in latino, mentre il sacerdote si preparava a celebrare, si vestiva della casula, pronunciando queste parole: “Domine, qui dixisti: “Iugum meum suave est, et onus meum leve”, fac, ut istud portare sic valeam, quod consequar tuam gratiam. Amen”, ossia “Signore, tu che hai detto: “Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero”, fa’ che io possa portarlo, per meritare la tua grazia”.
I colori della casula
Nel corso dell’anno liturgico, anche il colore dell’abito del sacerdote (della casula e della stola, per la precisione) ci aiuta a capire di che momento siamo partecipi.
Il viola è il simbolo della penitenza, della conversione, dell’attesa, del suffragio per i defunti e viene indossato nei tempi d’Avvento, di Quaresima, per i defunti.
Il bianco simboleggia la risurrezione, la purezza, la gioia e si usa nel tempo di Natale, nel tempo di Pasqua, per le celebrazioni riguardanti il Signore, per la Vergine Maria, per i Santi non martiri.
Il verde simboleggia la speranza, la costanza nel cammino spirituale del cristiano e si usa per il Tempo ordinario.
Il rosso simboleggia la Passione di Cristo e il martirio e si usa la Domenica delle Palme, il Venerdì Santo, la Domenica di Pentecoste, per i Santi martiri.
L’oro simboleggia la regalità e si usa solo per alcune Solennità.
Il rosa indica che la Solennità sta per giungere e si usa, infatti, solo la terza Domenica d’Avvento e la quarta di Quaresima.
L’azzurro simboleggia il cielo e si usa per la Vergine Maria.
Per avere un quadro completo dei paramenti usati dal sacerdote, dobbiamo citare anche l’abito talare, una tunica lunga e nera, su cui solitamente si mette la cotta, bianca, più corta e merlettata. Sono usate insieme, ad esempio, durante le processioni, con sopra la stola.
La pianeta è, invece, una forma antica della casula, caduta ormai quasi in disuso; il piviale è una sorta di mantello, usato per le celebrazioni particolari.
Non dimentichiamo, poi, il copricapo nero (che ormai non si usa quasi più), il cui nome è berretta o tricorno, perché presenta tre punte, come quello indossato da San Giovanni Bosco, per intenderci.
Antonella Sanicanti