La riforma delle parrocchie, “tra carenza di vocazioni e rinnovato impegno dei laici”. Il card. Stella spiega cosa sta succedendo.
Il 20 luglio la Santa Sede ha pubblicato l’istruzione vaticana dal titolo “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa”, redatta dalla Congregazione per il Clero.
In questa vengono affrontati i diversi progetti di riforma delle parrocchie, “tra carenza di vocazioni e rinnovato impegno dei laici nell’annuncio”, come scrivono i media vaticani. Molti si sono soffermati su un punto in particolare, quello in cui si spiega che in alcuni casi molto speciali anche i laici possono celebrare nozze o funerali.
L’istruzione vaticana e il messaggio della Santa Sede
La domanda che molti si sono fatti è stata: qual’è il messaggio che la Santa sede vuole inviare alle parrocchie italiane, centro nevralgico della vita cristiana sia nei grandi centri urbani che nelle periferie più lontane o nelle province più remote?
A rispondere c’ha pensato il prefetto della Congregazione per il Clero, il cardinale Beniamino Stella. Si tratta di “un’allerta perché le parrocchie non diventino agenzie di servizi”, ha spiegato. Sottolineando il punto nevralgico del documento.
Il cardinale Stella: le parrocchie non sono aziende
Che cioè “le parrocchie non sono aziende che possono essere dirette da chiunque”. Molti, specialmente nel mondo laico e “progressista”, hanno parlato di una “rivoluzione” nelle parrocchie. Con la solita retorica che dipinge Francesco come una sorta di “sovversivo” della tradizione e della vita cattolica.
Così quasi tutti i quotidiani hanno riportato la notizia partendo da alcuni dettagli a effetto, ma come al solito tralasciando la sostanza del documento. Una su tutte, la questione dei tariffari talvolta richiesti nelle parrocchie per i sacramenti. Oppure, la possibilità che laici celebrino nozze e funerali.
Le critiche sbagliate alla Santa sede
Ma dall’altro lato c’è stato anche chi, come la Conferenza episcopale tedesca, ha criticato fortemente il documento. Dove però si specifica chiaramente che non vi è contenuta alcuna novità dal punto di vista legislativo.
“Per sua natura un’Istruzione non può produrre nuove leggi, bensì aiuta ad applicare meglio quelle esistenti, cercando di renderle più chiare e indicando i procedimenti per eseguirle. Il punto del documento è nel suo titolo”, ha affermato il cardinale.
L’obiettivo? Richiamare a una conversione missionaria
Spiegando che l’obiettivo è quello di “richiamare a una conversione missionaria che non sia solo dei singoli fedeli, chierici o laici, o dei “professionisti” della pastorale, ma che invece coinvolga la comunità parrocchiale in quanto tale, con tutte le sue componenti”.
“La parrocchia, sia per chi la vive come singolo che per coloro che vi partecipano come membri di associazioni, movimenti e gruppi, è un luogo di incontro col Signore, di accoglienza, di esperienze di fede vissuta, pur con le fatiche che si sperimentano talvolta anche nelle migliori famiglie”, ha spiegato il cardinale.
Parrocchie: la suddivisione dei compiti e l’orizzonte di evangelizzazione
Aggiungendo che “la suddivisione di compiti e ministeri all’interno della comunità deve porsi in un orizzonte missionario e di evangelizzazione, in modo che la parrocchia non lavori unicamente per la propria “sopravvivenza”, magari rimpiangendo i “bei tempi”, ma sia animata in ogni suo membro di un vivo anelito ad annunciare Cristo e a testimoniarLo a chi si è allontanato e a chi non Lo ha mai conosciuto”.
E che tuttavia “occorre fare attenzione a non ridurre la parrocchia al rango di “filiale” di una “azienda” – in questo caso la diocesi – con la conseguenza di poter essere “diretta” da chiunque, magari anche da gruppi di “funzionari” con diverse competenze”.
La rivoluzione del cuore che passa per la conversione a Gesù Cristo
Una rivoluzione del cuore, quindi, si direbbe. In cui la vera conversione è quella all’amore di Gesù Cristo, e alla riscoperta di una vocazione ecclesiale che partecipa della missione evangelizzatrice della Chiesa. Per questo l’obiettivo dell’istruzione vaticana diventa quello di estrarre dalla tradizione della Chiesa “cose nuove e cose antiche”. “Per tradurle nella vita quotidiana del Popolo di Dio”, spiega il cardinale.
L’idea che anche i laici possano celebrare matrimoni e funerali, ha spiegato il porporato, fa parte di una lettura “riduttiva” del testo, “utile solo per creare titoli a effetto”. Non a caso, la realtà molto più concreta è che “si tratta di norme già esistenti e di possibilità che, in relazione ai matrimoni, possono realizzarsi quando sussista la mancanza di sacerdoti e diaconi”.
Rivoluzione dei laici nelle parrocchie? Una bufala: è già tutto previsto
Il tutto, peraltro, “all’interno di un dialogo che coinvolge il vescovo diocesano, la Conferenza episcopale e la Santa Sede”. Nel matrimonio, infatti, i veri ministri del sacramento sono gli sposi. L’incaricato di domandare agli sposi il concenso si limita ad adempiere alla funzione di “teste qualificato”. Quindi, ad accogliere a nome della Chiesa il “sì” degli sposi.
Lo stesso accade con il rito delle esequie, che può avvenire anche senza la celebrazione della messa. Già il Rituale Romano prevede che i laici possano eseguire alcune specifiche parti. Quindi, in conclusione, il messaggio che la Congregazione per il Clero vuole diffondere attraverso questa istruzione è chiaro.
Le parrocchie si riscoprano “comunità missionaria”
Che cioè “matrimoni e funerali sono per i sacerdoti occasioni di incontro con i fedeli e anche con persone che abitualmente non frequentano la Chiesa, in circostanze emotivamente forti”. Che la Chiesa è cioè una famiglia e non una sorta di “agenzia” dispensatrice di servizi, quasi di tipo burocratico-amministrativo.
Riscoprendosi così una “comunità missionaria”, in cui “ciascuno contribuisce per la sua parte, secondo vocazione, carisma, disponibilità e competenza“.
Giovanni Bernardi