“Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto” (Genesi 3, 9-10).
Potremmo far risalire l’origine delle nostre paure a quel momento, a quando Adamo si nascose a Dio, dopo aver disobbedito e mangiato, insieme alla donna, dell’albero di cui non avrebbe dovuto assaggiare i frutti.
L’esempio è davvero calzante perché, se è vero che la Bibbia ci parla spesso per allegorie, è sicuramente vero che esse rappresentano il sentore della coscienza collettiva.
Chi di noi non ha delle paure, che ritiene insormontabili? Da dove provengono? Come le affrontiamo, se le affrontiamo? Sicuramente sono dettate da qualcosa che nel nostro passato ha rotto il normale defluire delle cose, affondano le radici in ciò che ci ha destabilizzato. L’uomo/Adamo ha paura del suo Creatore, come un passero potrebbe aver paura di spiccare il primo volo, come ognuno di noi potrebbe aver paura di parlare davanti ad altri, a scuola, in un convegno.
Da questi semplici -e comuni a molti- intoppi concettuali si costruiscono castelli di paura: se non parlo in pubblico, non riuscirò ad esprimere me stesso, dunque sarò un fallito, etc …
Pensiamo a Caino, che ebbe paura di Abele, temeva il suo confronto e, dunque, lo uccise! Quante prepotenze compie l’uomo contro l’uomo, per paura di perdere l’occasione di primeggiare, di esprimere padronanza? Quanti femminicidi vengono perpetuati perché un uomo teme che la propria donna lo disonori, lo derida, non ne riconosca l’importanza?
E che dire della Torre di Babele, la cui costruzione determinò le diverse lingue presenti nel mondo e la conseguente dispersione di coloro che non comprendevano l’altro? Non è forse esempio del timore evocato dal “diverso da noi”, da colui che, avendo un’altra cultura, si esprime in altri modi?
In linea di massima, l’uomo ha paura quando pensa di perdere il controllo della situazione, quando si sente nudo, davanti agli altri, come Adamo davanti a Dio!
E’ da tempo immemore, dunque, che l’uomo cerca il modo per annientare i suoi timori, per padroneggiarli.
Beh, se è la paura di Dio ad angosciarci o ciò che da questo consegue, se temiamo colui che deciderà delle nostre sorti quotidiane, perché è onnipotente e onnisciente; perché stabilirà la stazione definitiva della nostra anima; perché avvertiamo la precarietà della vita, ma non siamo nemmeno in grado di definirne il senso, allora pensiamo alle parole della più recente rivelazione, avvenuta tramite il Cristo incarnato sulla terra: “Non temete”! Tra l’altro, questa è una delle espressioni più ripetute nelle Sacre Scritture.
E lo Spirito consolatore che Gesù invia sulla terra, dopo la sua morte, risurrezione ed Ascesa al cielo, lo abbiamo dimenticato? Forse ciò che scordiamo -e ad un cristiano non dovrebbe mai accadere- è di fidarci di Dio. Del resto, è proprio l’errore che fece il primo degli uomini, il nostro capostipite Adamo! “Se Dio è per noi chi sarà contro di noi?
Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi tutti, non ci donerà forse anche tutte le cose con lui?” (Rm 8, 31-32), ha scritto San Paolo, rimarcando che c’è una sola “formula letteraria” efficace, che il cristiano può pronunciare in ogni momento di terrore o di semplice sconforto: “Sia fatta la volontà di Dio“, che non è un modo per rassegnarsi, ma per fidarsi di colui che ci ha creato.
Antonella Sanicanti
Fonte Aleteia
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