Quando la tradizione popolare si fonde pienamente con la fede e la religiosità: ecco che ne viene fuori un connubio inscindibile, che dura da più di cinque secoli.
Un pellegrinaggio che nasce come “penitenziale” ma che, nel corso dei secoli, ha assunto connotati sempre più diversi, affiancando alla penitenza vera e propria, anche e soprattutto il valore del ringraziamento.
La Vergine Maria che, da tutti coloro che a piedi da Lei si recano in un giorno solenne, è conosciuta come “la Mamma dell’Arco”. Succede in provincia di Napoli.
La Madonna dell’Arco: un culto vivo da oltre 5 secoli
Non tutti, forse, conoscono la piena devozione che, a Napoli, nella sua provincia e in tutta la Campania, esiste per la Madonna dell’Arco. Un Santuario che sorge alle pendici del Vesuvio e che, non solo da il nome alla frazione nella quale è situato, ma che ogni anno, il Lunedì dell’Angelo, diventa la meta di migliaia e migliaia di pellegrini.
Loro che, non sono semplici “pellegrini”, ma hanno un nome speciale: i “battenti”. Una tradizione lunga secoli e secoli e che i Padri Domenicani (che reggono e dirigono questo Santuario) non hanno mai smesso di far conoscere. Un’unione piena fra la tradizione popolare e la fede, fra il sacro ed il profano, fra il prodigio ed il miracolo. Perché, parafrasando le parole di Totò nel film “Operazione San Gennaro”, “a Napoli campiamo solo di miracoli”.
Per capire da dove si sia originato il vero culto per la Madonna dell’Arco, è necessario tornare indietro nel tempo, per la precisione al 1450: “In quell’anno, c’è stato il primo miracolo, quello del sangue sulla guancia della Madonna. Un giocatore di bocce, sferrò la palla contro l’immagine della Vergine per rabbia, poiché aveva perso al gioco. Questa cominciò a sanguinare: il primo miracolo. Da questo è incominciato a nascere un po’ il senso del culto. E siccome tutti ricordavano questo episodio, fu fatta una cappellina a memoria di ciò che era successo”.
A raccontarci tutto questo è Padre Gerardo Imbriani, domenicano, oggi rettore della Basilica di “San Domenico Maggiore” a Napoli, ed ex rettore del Santuario dal 2006 al 2012.
Un pellegrinaggio “penitenziale”: i piedi staccati della bestemmiatrice
Non si tratta di un solo miracolo quello dal quale è partito il concetto di pellegrinaggio penitenziale: “Nel 1590 c’è stato l’episodio più eclatante: quello della caduta dei piedi di Aurelia Del Prete, una bestemmiatrice, una donna di Sant’Anastasia. La donna un giorno, durante un mercato, portava con se dei porcellini. All’improvviso, questi animali si diedero alla fuga fra la folla. Aurelia incominciò a bestemmiare.
Il marito le diceva che, dopo quello che aveva detto, doveva confessarsi ma, passato un anno dalla bestemmia, Aurelia non si pentì di ciò che aveva fatto, né tantomeno recò a confessarsi. Un bel giorno si trovò i piedi staccati. Questo è stato il momento forte” – continua Padre Gerardo.
Possibile che la Vergine Maria sia una donna vendicativa? Sta di fatto che, con questo episodio, la gente che arriva all’edicola della Madonna dell’Arco, aumenta di giorno in giorno: tutti voglio vedere ciò che è successo. “Logicamente, questo episodio ha portato conseguenze enormi. Da qui si incomincia ad entrare nella mentalità del pellegrinaggio penitenziale” – spiega il religioso. Ed oggi, protagonisti di questo pellegrinaggio sono proprio i battenti.
“La parola battente non la si deve confondere solo con il concetto di quelli “che battono” semplicemente, oppure fujenti perché “fuggono”. Probabilmente, questo nome ha avuto origine in una caserma antica: qui vivevano queste persone e vivevano, anche, quelle persone che, a livello fisico, fuggivano o camminavano a piedi”. E difatti, il pellegrinaggio che i battenti, come dicevamo, compiono il Lunedì dell’angelo, lo fanno proprio a piedi.
I battenti: pellegrini a piedi, ricchi di fede
Un pellegrinaggio vero e proprio, fatto a piedi, pregando e dove la tradizione popolare si fonde con la religiosità. Sì, perché i battenti arrivano dalla Madonna dell’Arco in divisa, con le loro bandiere, con i loro stendardi e, anche, con i loro “toselli” (ovvero, una sorta di piccolo altare, dove portano in trionfo un’immagine riprodotta della Madonna).
Arrivano ed esprimono la loro devozione in maniera diversa: c’è chi attraversa la navata del santuario in ginocchio, chi completamente prostrato a terra, e chi invece, entrando in santuario “dà la voce”. Si tratta, infatti, di canti popolari, antichissimi in alcuni casi, che vengono intonati da uno o più rappresentanti delle singole associazioni di battenti che, al santuario, vi arrivano.
Religiosità popolare, che viene dal popolo. Ma davvero tutti, ancora oggi, dopo 500 anni, si recano dalla Madonna dell’Arco per fede? “Certo che vengono per fede. C’è fede, altrimenti non si spiegherebbe il perché di questo giorno che si ripete ogni anno” – afferma Padre Gerardo.
Ed è un qualcosa che si tramanda di padre in figlio. Non solo la fede in Maria, ma anche la pratica di questo pellegrinaggio. E, a conferma di ciò, anche Lucia e Filippo, dell’associazione battenti “U.C.O. Maria SS. Dell’Arco – Santa Croce”, del quartiere Ponticelli (periferia Est di Napoli), ci dicono: “Il nostro andare in pellegrinaggio a piedi alla Madonna dell’arco è qualcosa che facciamo da piccoli. I miei genitori lo facevano, loro ti trasmettono questa devozione. Man mano che cresci, inizi a capire quello che fai e quindi, automaticamente, ti viene spontaneo continuare a farlo sempre con maggior fede” – racconta Lucia.
E Filippo le fa eco: “Andare in pellegrinaggio è una cosa che ti viene dall’anima, non saprei spiegare il perché. La festa della Madonna dell’Arco è tutto l’anno, non solo il lunedì in albis. In quei giorni specifici, noi tutti battenti ci vestiamo di bianco e andiamo a fare questo pellegrinaggio”.
I Frati domenicani: “La radice di fede di questo pellegrinaggio, anche folkloristico”
Padre Gerardo ci accompagna per mano nel comprendere l’importanza di questa devozione così forte e radicata: “È una fede popolare loro, però legata ad un qualcosa di religioso, come in questo caso l’edicola della Madonna. C’è anche un discorso antropologico da fare: noi tendiamo al trascendente a modo nostro. A modo loro, essi hanno questa fede, tanto è vero che se gli chiedi se vanno a Messa, loro ti rispondono “No, ma vado in chiesa, prego la Madonna”. Sostituiscono l’atto di fede, non in Gesù Cristo ma nella Madonna. Però è una fede a modo loro.
La radice è quella: c’è la fede sicuramente, c’è anche un po’ di folklore è vero. Basti vedere quando fanno le processioni con i loro “toselli” (gli altari della Madonna che portano con loro), anche se quelle sono scenografie, è un modo loro di esprimere una fede, un’appartenenza”.
Chi vive da vicino questa devozione, la sente, in particolare, il Lunedì dell’Angelo: “Per me la Madonna dell’Arco è sostegno. Quando ne sento il bisogno, l’immagine di Lei è tutto. Mi siedo lì in Santuario, mi isolo da tutto e tutti e parlo con lei, anche solo attraverso lo sguardo. Nel mio cuore ci parlo, ho delle risposte, mi aiuta a superare le difficoltà. Chi non vive questa festa il lunedì in albis non può mai capire cosa significa. Chi non lo vive realmente con il cuore” – continua, dall’altro lato, Lucia.
I battenti, quel giorno, arrivano ai piedi della Madonna dell’Arco vestiti di bianco (il colore del pellegrino), con una fascia ai fianchi rossa (colore della penitenza) ed una che li cinge dalla spalla alla vita azzurra (il colore della Madonna). Arrivano rigorosamente a piedi, con le loro associazioni, ed attendono anche ore, prima di poter entrare in santuario. Quando vi entrano, sono stanchi, ma mai delusi. Maria li accoglie tutti, dalle ore 2 del mattino sino a notte inoltrata. Ascolta le loro preghiere, i loro canti devozionali, accoglie le loro sofferenze e i volti di chi chiede una grazia.
La voce dei battenti: “Un’emozione unica entrare in Santuario”
Nessuno se ne va via inascoltato. “Quando tu arrivi in Santuario, non riesci a mantenere né l’emozione, perché ti porti tutto dentro. Perché quando già stai solo su quei due scalini prima del portone di ingresso, non ricordi più nulla” – ci spiega Lucia.
Dicevamo anche che, una volta entrati in Santuario, viene data dai battenti la cosiddetta “voce”: “Si tratta di canti antichi: sono vere e proprie richieste di aiuto. In uno di questi canti popolari c’è una frase che dice proprio: “La Madonna scansa dal male sia i figli che i capi di casa”, ovvero i mariti” – spiega Filippo.
Ciò che più colpisce è che questa devozione popolare non si ferma solo al Lunedì dell’angelo, ma parte dal giorno dell’Epifania. A partire dal 6 gennaio e, man mano che si avvicina la Pasqua, i battenti vanno in giro per le strade dei loro territori per la questua ma anche e soprattutto per le loro “funzioni”, ovvero vere e proprie manifestazioni popolari che, nelle strade, raccolgono e radunano fedeli che vogliono ascoltare questi canti e scoprire sempre di più la fede nella Madonna dell’Arco.
“Sarebbe bello domandare loro che cosa provano quando fanno queste manifestazioni. Da esterni, noi vediamo che qualcosa tozza un po’ con quello che si fa di solito con le devozioni e con le processioni alle quali siamo abituati” – continua Padre Gerardo – “Però c’è da dire che quando entrano in Santuario quel giorno, come entrano entrano, sono convinto di una cosa: ognuno ha una storia, un percorso, ha delle ragioni, ha dei motivi”.
La Madonna dell’Arco e le associazioni dei battenti: educazione e formazione cristiana
Al religioso abbiamo anche chiesto se loro, in quanto domenicani e rettori del Santuario, sia mai stato chiesto di abolire questo tipo di pellegrinaggio: “No, da parte nostra c’è sempre stato un atteggiamento di correzione. Chi era responsabile un po’ di queste associazioni, ha sempre cercato di fare degli incontri formativi durante l’anno. Incontri non perché “tu li devi convertire”, ma semplicemente puoi loro dare qualche dritta, dicendo “Guarda, la Madonna vuole questo”, perché a volte esageravano e, per questo, si cerca di attenuare questo aspetto.
Si chiede loro di esser un po’ più raccolti, di non perdersi troppo nelle cose esterne. Noi cerchiamo di promuovere anche che, quando sono nelle loro sedi, facciano preghiera, continuino questa loro vita e non solo quel giorno. Che vivano anche la vita cristiana. Promuoviamo questo”.
Dove nasce la devozione: il battente Filippo racconta la grazia ricevuta dalla Vergine
Ma i battenti sono soprattutto testimonianza del perché, ciascuno di loro fa questo pellegrinaggio. Il racconto di Filippo è radicato, non solo in una devozione tramandatagli dalla sua famiglia, ma anche da un episodio molto particolare, dove la Madonna dell’Arco gli è stata vicino davvero come una mamma: “Nel 2021 ho avuto il Covid e sono stato in terapia intensiva.
Avevo però la possibilità di avere il cellulare con me. E la Madonna dell’Arco non mi ha mai abbandonato, era sempre con me, vicina a me, e mi ha accompagnato per mano ad uscire da questo incubo. Non solo da questo episodio, ma maggiormente da ciò, il mio pellegrinaggio da Lei lo faccio a piedi nudi, segno della mia piena devozione a Lei, quanto anche del mio sentirmi suo figlio”.
Miracoli, devozione, fede, canti popolari, folklore: ma alla base di tutto questo, c’è sempre Lei, la Madonna. Quella “Mamma dell’Arco”, così come i battenti la chiamano, che quel giorno, è come se li abbracciasse ad uno ad uno, li accoglie nel suo tempio santo, anche se sono stanchi e disperati. E con il suo sguardo materno, consola le loro ferite, soprattutto quelle del cuore.
Una devozione da vivere e da vedere.