Ecco perchè abbandonarsi alla “Dolce morte” è eticamente e moralmente sbagliato.

 

 

 

 

 

Ieri vi abbiamo portato la testimonianza del fisiatra di Fabo, questo si attribuiva la sconfitta rappresentata dalla decisione del suo paziente di porre fine alla sua vita con l’Eutanasia, una sconfitta che Monsignor Paglia definiva ”Di tutti”, ma allo stesso tempo attaccava chi se la prendeva con la scelta compiuta dal dj, opponendo alle critiche un dato di fatto incontrovertibile, ovvero la mancanza di esperienza diretta dei contestatori.

 

Se da un punto di vista umano il discorso (per quanto relativista) può essere compreso, da un punto di vista razionale rimane una decisione controversa e delicata da derubricare. Per cercare di comprendere le motivazioni sottostanti al rigetto dell’Eutanasia da parte dei Cattolici, vi porteremo stralci di un articolo pubblicato sul sito ‘Unione Cristiani Cattolici Razionali’ che illustra, fuori da tecnicismi, perché abbandonarsi alla “Dolce morte” è eticamente e moralmente sbagliato.

 

Il primo motivo è legato alla definizione stessa data da alcuni sostenitori della pratica all’Eutanasia, si sente sempre parlare di diritto al suicidio assistito, ma si può parlare in questo caso di un vero e proprio diritto? La Chiesa da tempo sostiene che le persone abbiano il diritto ad avere una morte dignitosa e a pretendere che non ci sia un accanimento terapeutico, questa posizione è sposata alla perfezione dal Professor Etienne Montero, docente di Diritto civile all’Università di Namur: “E’ falso presentare il “diritto all’eutanasia” come corollario del diritto di disporre di se stessi. L’eutanasia, infatti, non riguarda solo il diritto rivendicato da alcuni di disporre della propria vita, ma anche quello concesso alla categoria dei medici di procurare la morte di altri uomini. Ora, una società non può appropriarsi di un tale diritto senza ledere gravemente il valore sociale della persona”.

 

Il secondo motivo riguarda la mancanza di totale autodeterminazione del soggetto, per altro lo stato assicura il proprio dovere di prendersi cura del cittadino anche contro la sua volontà al fine di garantirne il benessere come sottolineato dall’articolo 32 della costituzione. Inoltre i favorevoli al suicidio assistito sottovalutano il fatto che il paziente che chiede un tale trattamento si trova spesso in uno stato confusionale dovuto alla malattia.

 

Un altro punto spesso sottolineato quando si parla di eutanasia riguarda la dignità del paziente, anche in questo caso si prescinde dal considerare quanto sancito dalla legge e dalla Dichiarazione dei diritti fondamentali dell’uomo che riconosce la : “Dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana” oltre a considerare come oggettivo che “I popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana”.

 

L’ultimo punto che ci sembra d’uopo citare è la falsa compassione che si cela dietro al suicidio assistito, prendiamo proprio il caso di Fabo, questo era depresso, aveva perso la voglia di vivere, si sentiva solo ed abbandonato da tutti. Chi gli stava vicino in che modo ha lenito le sue sofferenze? Come lo ha consolato? Come gli ha mostrato calore umano? Il testamento del ragazzo parla chiaro: “Le mie giornate sono intrise di sofferenza e disperazione non trovando più il senso della mia vita ora”, una verità espressa anche dal suo fisiatra. In un caso come questo è più semplice assecondare il desiderio di morte piuttosto che sacrificare la propria vita alle cure di una persona disabile e costantemente depressa, perciò si scambia volentieri la vera compassione con quella falsa esclusivamente per avere un peso minore sulla coscienza.

 

 

 

Queste considerazioni avrebbero dovuto chiarire quanto sia errato considerare un diritto, anzi un “Obbligo morale”, concedere l’Eutanasia. Sarebbe bene rendersi conto che ci sono altri modi per dare dignità alla vita dei disabili ed aiutarli a trascorrere un esistenza in cui non si sentano esclusi ed inutili:

 

-Cure palliative per il dolore

-Assistenza costante

-Consulenza

-Vicinanza

 

Bastano questi elementi per permettere ai disabili ed ai malati di vivere serenamente e con speranza la propria vita come testimoniato anche dalle parole di Umberto Veronesi: “Nessuno mi ha mai chiesto di agevolare la sua morte. Ho posto da sempre un’attenzione estrema al controllo del dolore e, per mia fortuna, nessuno dei miei pazienti si è mai trovato in una condizione di sofferenza tale da chiedere di accelerare la sua fine” e sottolineato da un articolo del British Medical Journal: “Adeguate cure mediche, consulenza e una presenza amorevole accanto al malato spesso rimuovono la richiesta di eutanasia”.

 

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