Non sempre riusciamo ad essere concentrati quando preghiamo, e probabilmente è capitato a tutti di lasciarsi distrarre da pensieri o preoccupazioni.
Ma non per questo vuol dire che non sappiamo pregare o che non amiamo il Signore o la Vergine Maria, ai quali stiamo rivolgendo le nostre orazioni.
C’è una domanda molto particolare che un fedele ha posto ad un sacerdote circa proprio questo problema. Vediamo insieme qual è stata la sua risposta.
Succede anche quando si recita il Rosario
Riusciamo sempre ad esser concentrati quando preghiamo? Non ci è mai capitato di esser distratti e di pensare a tutt’altro, nonostante siamo in chiesa davanti a Gesù? Pensiamo proprio di sì, almeno una volta nella vita questo ci è successo.
Un fedele ha posto, di conseguenza, una domanda particolare quanto interessante ad un sacerdote, chiedendogli come fare a non distrarsi: “Ho recitato poco fa il santo Rosario ma non mi è riuscito come volevo. Come faccio a non distrarmi e vivere quel momento con più intensità?” – scrive.
Una richiesta legittima, perché la distrazione può esser fonte di allontanamento dalla preghiera. Vediamo cosa ha risposto il sacerdote: “Mi dici che vai distratto nel Rosario. Bisogna riconoscere che è facile andare distratti nel Rosario. Il rimedio lo si trova nella struttura stessa di questa preghiera perché durante la recita del Pater e dell’Ave Maria ci si dovrebbe impegnare a ricostruire la scena.
Ma i motivi di distrazione non mancano lo stesso sia per la stanchezza della giornata sia perché appena ci si ferma riaffiorano al nostro pensiero tutte le cose che abbiamo sospeso, le parole che vanno dette e le cose che vanno fatte. Per cui alla fine dobbiamo accontentarci di aver dedicato un po’ del nostro tempo a stare con il Signore. In tal modo non perdiamo il merito della preghiera” – spiega Padre Angelo.
Cosa pensavano, in merito, i Santi? Padre Angelo ci fa l’esempio di un’esperienza di Santa Teresa del Bambin Gesù: “Santa Teresa di Gesù Bambino si addolorava per le sue distrazioni nel Rosario.
Il fedele pone la domanda a padre Angelo
Scrive: “Non vorrei però, Madre cara, farle credere che io reciti senza devozione le preghiere in comune, nel coro o negli eremitaggi. Al contrario, amo molto le preghiere in comune, perché Gesù ha promesso di «trovarsi in mezzo a coloro che si riuniscono nel suo nome»; sento allora che il fervore delle mie sorelle supplisce al mio. Ma da sola (ho vergogna di confessarlo), la recita del Rosario mi costa più che mettermi uno strumento di penitenza. Sento che lo dico così male! Ho un bell’impegnarmi nel meditare i misteri del Rosario, non arrivo a fissare il mio spirito.
Per lungo tempo mi sono afflitta per questa mancanza di devozione che mi meravigliava, perché amo tanto la Vergine Santa, tanto che mi dovrebbe esser facile fare in onor suo le preghiere che le piacciono. Ora me ne cruccio meno, penso che la Regina dei Cieli è mia madre, vede certo la mia buona volontà e se ne contenta”.
Tuttavia Santa Teresa amava la preghiera del Rosario, lo portava sempre con sé anche prima di essere carmelitana. Quando andò in pellegrinaggio a Loreto volle posare il suo Rosario sulla scodella nella quale aveva mangiato Gesù. Scrive: “Ho visto la cameretta ove l’angelo discese presso la Vergine Santa… Ho deposto il mio Rosario nella scodella di Gesù Bambino… Come sono incantevoli questi ricordi! Ma la nostra consolazione più grande fu ricevere Gesù stesso nella sua casa ed essere il tempio vivo di lui nel luogo che egli aveva onorato con la sua presenza” – continua.
Padre Angelo, però, cerca di farci porre l’attenzione anche sul concetto di preghiera inteso da San Tommaso: “Proposito dell’attenzione nella preghiera San Tommaso ricorda che la preghiera ha tre effetti: un primo è meritorio per la vita eterna, un secondo guarda l’efficacia della preghiera nel chiedere grazie e un terzo in quanto è di nutrimento per l’anima.
Circa il primo effetto (presupposto che la preghiera ha un effetto meritorio per la vita eterna solo se è compiuta in grazia di Dio) San Tommaso dice che “per conseguire questo effetto non si richiede che l’attenzione accompagni assolutamente la preghiera in tutta la sua durata. Come avviene in tutte le altre azioni meritorie, è sufficiente la virtualità della prima intenzione con la quale uno inizia la preghiera”. Circa l’effetto impetratorio dice che “anche per questo basta l’intenzione iniziale, di cui Dio soprattutto tien conto.
Ma se l’intenzione iniziale manca, la preghiera non è capace né di meritare, né di impetrare: infatti ‘Dio non ascolta quella preghiera alla quale chi prega non presta attenzione”. Per il terzo effetto, che è quello di nutrimento o di refezione spirituale dell’anima, si richiede necessariamente l’attenzione perché di fatto non ci si nutre”.
In ultimo, il sacerdote congeda il fedele con un incoraggiamento: “Pertanto non scoraggiarti per le distrazioni perché in ogni caso la preghiera consegue sempre qualche effetto, come ad esempio il primo e il secondo. È sempre un tempo ben speso quello della preghiera”.
Fonte: amicidomenicani