Da un po’ di tempo ci arrivano richieste di spiegazioni sul perché Dio permette il male, perché esiste la sofferenza. La questione è davvero rilevante nella vita di ciascuno, e quindi abbiamo deciso di proporre intanto una prima riflessione.
Tre tipi di sofferenza
Senza entrare nella profonda teologia, ma cercando piuttosto di metterla in pratica, possiamo dire che ci sono tre tipi di sofferenza.
Il primo tipo di sofferenza/male è quella legata al nostro peccato. Il secondo è quello legato alle prove da affrontare nel cammino verso Dio. Il terzo tipo è quello legato all’offerta di sé per concorrere al completamento “di ciò che manca ai patimenti di Cristo, nel suo corpo che è la Chiesa.” (Col 1,24). Ognuno lo vedremo nel dettaglio nelle puntate seguenti.
Intanto, guardiamoci dentro.
Abbiamo un tale fortissimo rifiuto di ciò che fa soffrire che ci concentriamo solo su di esso – neppure sulla sofferenza, a volte – e non prendiamo coscienza né consapevolezza della nostra situazione reale. La sofferenza nella vita di ciascuno di noi, non casca mai dal nulla, né è una persecuzione. Tanti se soffrono si convincono che qualcuno li perseguita, fino a pensare di essere vittime di un maligno così accanito da non lasciare più scampo alla persona e farla sentire abbandonata da tutti e da Dio. No! Non è quasi mai così. Ricordiamoci che siamo noi i peccatori. Il maligno è soltanto un suggeritore. Noi quelli che acconsentono, come Eva e come Adamo, alla suggestione e quelli che agiscono, ossia compiono il male, commettono il peccato.
Comprendere come dove e perché pecchiamo.
Guardiamo al nostro rifiuto, istintivo a volte, presuntuoso e orgoglioso altre volte, di ciò che fa soffrire. Come ci comportiamo? La sofferenza fa male, sì è vero, ma a volte fa male agli altri… il male che facciamo uccide noi e tanto, troppo spesso anche il nostro prossimo. Perché allora lo compiamo? Perché siamo convinti che ciò che facciamo in funzione di ciò che desideriamo sia giusto, sia buono, sia unica via accettabile. E l’umiltà è sconfitta, Dio messo da parte e noi in trappola. Dando la precedenza a noi, i nostri pensieri, i nostri desideri, le nostre personalissime considerazioni, abbiamo messo da parte Dio, Lo abbiamo rifiutato. Scoviamo il perché e il quando questo avviene. Poi, mettiamoci in preghiera, chiediamo perdono, prima nella preghiera e poi nella confessione, con profonda e commossa umiltà. Infine, chiediamo aiuto al Signore, perché senza di Lui ricadremo e ricadremo allo stesso identico modo senza sforzo né vera intenzione di cambiare.
Riconoscere il nostro rifiuto di Dio, capire la sofferenza…
Non è con il raziocinio e la ragione del mondo che comprenderemo la sofferenza! Se non riconosciamo il nostro rifiuto di Dio, il nostro metterci davanti a Lui, anzi, il nostro voler farne senza, non potremo mai né comprendere né accettare la sofferenza, per viverla a gloria di Dio. Ci vuole tanta umiltà e tanto amore. Ci vuole quell’amore di cui spesso parliamo: quello di Gesù che ci riempie il cuore fino a scoppiarne, fino a non desiderare altro che stare in eterno con Lui e donarsi per la salvezza dei fratelli. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.” (Gv 15,13). E siccome è l’unico vero amore più grande di tutto e di tutti, è l’amore di Dio… l’amore di Dio in noi. È davvero questo ciò che vogliamo rifiutare?
CONTINUA…
Sandra Fei