Abolizione universale della maternità surrogata». È questo l’obiettivo dell’assise mondiale che si è costituita presso il Parlamento francese lo scorso 2 febbraio. L’iniziativa internazionale per dire no all’utero in affitto, che mira a porre fine al supermarket planetario della vita nascente, ha impegnato intellettuali, politici, femministe di ogni orientamento sessuale, ricercatrici, giuriste, medici e attivisti per i diritti umani che hanno raggiunto la capitale francese da tutto il mondo per partecipare all’evento contro l’aberrazione della gestazione per conto terzi.
L’obiettivo dell’assise è quello di fare pressione su tutti gli Stati affinché aboliscano la pratica dell’utero in affitto. È possibile da parte di tutti sottoscrivere l’appello http://abolition-gpa.org/charte/italiano/ La principale animatrice di questa campagna è Sylviane Agacinski, filosofa femminista e moglie dell’ex primo ministro socialista Lionel Jospin. L’autrice di Corps en miettes ha accusato i media che «si sono smarriti volendo vedere nell’utero in affitto – dice – un presunto progresso. Hanno parlato molto della felicità delle coppie che vogliono un bambino a ogni costo, al punto che si è radicata l’idea che esista un diritto al figlio, indipendentemente dai mezzi per farlo nascere. Nonostante questa propaganda, si comincia a comprendere, grazie a numerosi documentari, la violenza che rappresenta, per le donne, l’ingresso della maternità su questo mercato».
Stupisce, ma neanche troppo, il silenzio delle femministe italiane che, come in altre occasioni, accusano un grave ritardo sui temi di attualità che interessano le donne, come nel caso della pratica dell’utero in affitto che utilizza il corpo femminile come un contenitore-incubatore. La capacità riproduttiva insomma diventa merce da vendere e le messaggere italiane dei diritti non hanno nulla da obiettare. L’obiettivo dell’assise mondiale contro la maternità surrogata vuole fare il punto della situazione “del mercato mondiale delle donne e dei neonati” e invitare gli Stati a combattere “una pratica alienante per la persona umana, fonte di disuguaglianza di genere e di sfruttamento”.
Fonte: Il secolo d’Italia
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