Perché le parole del Vescovo faranno certamente discutere?

I pastori della Chiesa Cattolica non hanno mai mancato di pronunciarsi in merito. Quanto affermato da monsignor Corrado Sanguineti, tuttavia, segna un cambio di passo.

Da secoli, la Chiesa è abituata a fare mea culpa sulla propria condotta. Quando a farlo è un vescovo e non il Papa, siamo alla classica rondine che non necessariamente fa primavera ma, in ogni caso, è un segnale da non sottovalutare.

Giovani e anziani sempre più alienati

Adesso che la pandemia (quantomeno sul piano mediatico e dell’opinione pubblica) è entrata nella sua fase discendente, le autocritiche iniziano ad emergere a tutti i livelli. C’è ancora una parte consistente delle élite e della popolazione che difende le misure restrittive del biennio 2020-2022.

Sono sempre più numerose, tuttavia, le personalità che auspicano un cambio di passo e una “narrazione” differente. Una dinamica che inizia a riscontrarsi anche nella Chiesa. Faranno sicuramente discutere (ma molti, al contrario, applaudiranno), ad esempio, le dichiarazioni rilasciate al quotidiano La Verità dal vescovo di Pavia, monsignor Corrado Sanguineti.

Il presule ha individuato l’eredità delle restrizioni pandemiche in un “una società più sfilacciata e individualista, con forti ricadute a livello psicologico tra i giovani”, mentre, più del solito, gli anziani sono stati costretti a “lunghi periodi di isolamento e solitudine”.

Una comunicazione troppo “ansiogena”

Da parte sua, monsignor Sanguineti non lesina critiche alla Chiesa italiana: se si è riscontrata una “forte disaffezione alla vita liturgica”, ciò è avvenuto anche perché “forse abbiamo accettato troppo passivamente le restrizioni dei primi mesi sulla presenza alle celebrazioni”.

Il riferimento del vescovo di Pavia è alla sospensione delle celebrazioni in pubblico a marzo, aprile e maggio del 2020; da qui la nuova abitudine di molti a seguire le messe in streaming che alcune parrocchie e santuari continuano a trasmettere.

Monsignor Sanguineti non fa sconti a nessuno: “Come Chiesa, non sempre abbiamo saputo dire parole “nuove”, diverse dal mainstream culturale”, afferma, indicando l’insistenza di molti pastori riguardo al rispetto dei protocolli, a partire dall’igienizzazione delle mani, al corretto uso della mascherina, fino all’obbligo morale delle vaccinazioni. Una Chiesa incapace di andare oltre le raccomandazioni delle istituzioni civili e di affrontare la novità con spirito di fede e di profezia.

Sarebbe necessario, quindi, ha ammonito il vescovo, porre fine a “una comunicazione ansiogena sul Covid e superare una politica sanitaria fondata sulle limitazioni e tarata solo sui vaccini, che ha creato attese esagerate e favorito delusioni e tensioni”. In fin dei conti, ha aggiunto, “la vita non può essere schiacciata sul problema del Covid”.

“La scienza non diventi un idolo”

Il ragionamento espresso dal vescovo di Pavia è ad ampio raggio e si spinge oltre gli steccati dell’emergenza sanitaria. La narrazione che ha prevalso in questi due anni e mezzo è la stessa che considera “l’uomo un problema” per il pianeta in cui vive, oscillando tra due poli inconciliabili: il nichilismo e il delirio d’onnipotenza dell’uomo che, scacciato Dio dall’immaginario collettivo, pretende di sostituirsi a Lui.

A braccetto con entrambe queste concezioni, si pone l’idolatria della scienza, la quale è “una forma di conoscenza molto preziosa, ma non è l’unica né è in grado di esaurire il reale”, sottolinea Sanguineti. “La storia insegna che la medicina va pensata dentro un quadro etico – prosegue –. La scienza è una risorsa, ma non può diventare un idolo. Dare tutto in mano agli scienziati o ai medici senza porsi troppe domande di tipo morale significa prepararsi a un domani espropriato della centralità dell’uomo”.

Le affermazioni rilasciate da monsignor Sanguineti nell’intervista a La Verità susciteranno verosimilmente reazioni di segno opposto. Comunque la si pensi, tuttavia, è impossibile disconoscere al vescovo di Pavia una buona dose di coraggio e di lungimiranza. Del resto, la Chiesa non può rimanere appiattita né sul presente, né sulle convenzioni del mondo.

È auspicabile, quindi, che le posizioni di Sanguineti, per quanto possano suonare piuttosto dure e nette alle orecchie di qualcuno, non vengano prese sottogamba e siano apertamente discusse in una Chiesa all’insegna della sinodalità e della parresia.

 

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