Quando preghiamo, ci uniamo a Dio Padre. Che sia una preghiera per chiedere una grazia, o un ringraziamento, Lui ci ascolta sempre.
Ma siamo sicuri di pregare sempre, nella certezza di sentire che Dio è con noi? Siamo sicuri di sentire la presenza di Dio nella nostra preghiera e nella nostra invocazione?
Dio nella nostra preghiera: come sentirlo
Fare esperienza di Dio attraverso la preghiera sembra, apparentemente, la cosa più semplice di questo mondo. Davanti al Santissimo Sacramento in chiesa o nel raccoglimento della nostra stanza, il nostro pregare si eleva al cielo, certi che Lui sempre ci ascolta.
Siamo sicuri di sentire sempre quel calore e quel trasporto che ci uniscono a Dio quando preghiamo? Perché alcuni riescono a sentirlo ed altri no? Quando si prega, alcuni sono così presi che, addirittura, piangono. Altri, invece, che non riescono a sentire quella presenza vivificatrice accanto. Come è possibile tutto ciò? Eppure la preghiera è uguale per tutti…forse.
“Dio non si preoccupa dunque per me?”, “Non so pregare, amarLo?”, “Sono sulla strada sbagliata?”, diciamo spesso. Se molti pregano, fanno la comunione, si confessano, ci sono altri, invece, che assistono ad una liturgia senza convinzione. O ancora, altri sentono nella loro carne, a volte in modo molto violento, la presenza di Dio.
In un libro, dal titolo “Si prega di non disturbare. Piccolo manuale per conversare con Dio”, di Padre Matthieu Aine, ci sono alcune delle risposte ai nostri quesiti: “L’esperienza affettiva non è un passaggio obbligato per andare verso Dio. Possiamo benissimo unirci a Lui in un’esperienza di fede più intellettuale o più diffusa, come una certezza che tocca il fondo della nostra anima” – descrive.
Sant’Agostino descrive la sua esperienza di preghiera
Non sempre tutti riescono a percepire il beneficio della presenza di Dio durante o, anche, dopo la preghiera: “Ho trovato in quei primi tempi un’infinita dolcezza nel considerare la profondità dei Vostri disegni per la salvezza degli uomini, e non potevo stancarmi di rallegrarmene. Oh, che emozione ho provato, quante lacrime ho versato” – scriveva Sant’Agostino nelle sue Confessioni, raccontando la sua esperienza.
“Non c’è una spiegazione razionale. È una grazia che non centra con la nostra dignità o le nostre azioni. Non dobbiamo essere gelosi di chi la riceve perché ciò ci impedisce di vedere quello che abbiamo ricevuto: il Signore vuole che partiamo sempre dai Suoi doni” – spiega Padre Aine. Tutto ciò per aiutarci a comprendere che, non è vero che quando non sentiamo la presenza di Dio, vuol dire che lui ci ha abbandonati.
“Ciò che conta è amarlo”
“Ciò che conta è amarLo non perché sentiamo o perché Egli ci dà qualcosa, ma perché è gratuito. Se sentiamo qualcosa, tanto meglio, se non sentiamo niente, tanto meglio, perché amiamo Dio non per quello che ne ricaviamo, ma per Lui stesso e ha dato la Sua vita per me” – continua padre Aine.
Ma quanti sentono, anche, l’aridità nella preghiera, come se davvero Dio fosse lontano? “A volte sentiremo la Sua presenza, spesso sperimenteremo l’aridità. Ma non importa! Non è questo l’essenziale e, soprattutto, non dipende veramente da noi. Ciò che dipende da noi è essere lì. […] Il valore della nostra preghiera non dipende più dal nostro sentire, ma dalla Sua fedeltà” – spiega un altro sacerdote, padre Grosjean nel libro “Donare la propria vita”.
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Quando sentiamo questa “aridità”, dobbiamo interpretarlo come un invito inviato da Dio per fortificare la nostra fede. Dio è sempre con noi, non ci abbandona mai: “Tu eri dentro di me e non lo sapevo” – scriveva Sant’Agostino.
Ed in effetti…così è. Basta guardare attentamente nel nostro cuore e scoprire come Dio c’è sempre, anche nel momento della nostra preghiera.
Fonte: aleteia
ROSALIA GIGLIANO