Da pochi giorni la Chiesa ha celebrato il 70esimo anniversario del sacerdozio di Joseph Ratzinger, nel momento in cui il suo pensiero torna sempre più al centro.
Esattamente 70 anni fa, il 29 giugno 1951, quello che diventerà il Papa emerito Benedetto XVI decideva di consacrare la sua vita al Signore come prete.
Settant’anni di sacerdozio e soprattutto di servizio totale e disinteressato a Dio e al prossimo, nella Chiesa cattolica, che hanno anticipato e inglobato la gloriosa parentesi di Pontefice, che la storia ha già annotato e immortalato, mentre ai posteri sarà affidata la sentenza sulla sua scelta tanto rivoluzionaria quanto destabilizzante, oltre che ancora non del tutto chiarita o forse capita, che è quella della rinuncia.
Il papa emerito è infatti passato alla storia e ha fatto incredibilmente parlare di sé per la storica decisione delle sue “dimissioni”. Nonostante ciò, di Ratzinger, delle sue opere e del suo pensiero, del suo rapporto con il Papa in carica Francesco, di quanti vogliono tirare per la giacchetta uno da una parte e uno dall’altra, se ne parla ancora oggi e se ne parlerà per molto tempo.
In questi otto anni in cui Ratzinger ha svolto la funzione di emerito, sono arrivati, sporadici ma presenti, diversi interventi. Ogni volta, la strumentalizzazione da una parte e dall’altra è stata significativa. Insomma, tutti se ne sono approfittati per tirare acqua al proprio mulino, alcuni non aspettavano purtroppo altro. Scene molto tristi che non rendono alcun merito a uno dei maggiori teologici che la storia della cristianità moderna ci ha consegnato.
Critiche, attacchi, prese di posizione anche feroci hanno fatto da sfondo e da contorno alle parole di Ratzinger, a loro volta particolarmente dirompenti, dure, nette, sempre al servizio della Verità con la maiuscola. Perché è ciò che un uomo che si è donato totalmente al Signore è chiamato a fare nella propria vita: testimoniare il Suo nome e rendergli grazie con le proprie opere.
Chi lo ha attaccato ha sempre caldeggiato questa famosa e presunta promessa di Ratzinger di stare in silenzio, affermazione peraltro che non ha alcun riscontro nella realtà. Si tratta infatti di un tentativo bello e buono di voler silenziare una voce davvero libera ed evangelica, e che è tale proprio perché scomoda. Difficile immaginare un profeta che annuncia la Parola di Dio che in realtà punti sempre a compiacere la menzogna del mondo così come si presenta, corrotto e distorto, oggi a tratti incline alla perversione più cupa.
Ratzinger, denunciando nientemeno che una cultura contemporanea anti-cristica, non ne ha mai fatto mistero. Per questo di fronte a lui si è creata, negli ultimi anni ma probabilmente, nelle retrovie, già molto prima, una vera e propria schiera di “avversari” del suo Pontificato. Nell’introduzione a un recente libro su Benedetto XVI, scritto da Luca Caruso per le Edizioni Sanpino con il patrocinio della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger, a spiegare questa dolorosa situazione è stato nientemeno che il segretario personale dell’ex pontefice, mons. Georg Gaenswein.
“Ogni volta che si cerca di comprendere e inquadrare Benedetto XVI, sorgono immediatamente divisioni e liti“, ha scritto con rammarico l’arcivescovo cattolico tedesco, dal 7 dicembre 2012 prefetto della Casa Pontificia. Ratzinger infatti è notoriamente “considerato uno dei pensatori più intelligenti dei nostri tempi e al tempo stesso una figura affascinante. Ma anche un personaggio scomodo per i suoi avversari, che non mancano”.
Una constatazione che si limita a cogliere la realtà dei fatti ma che allo stesso tempo è destinata a fare a lungo discutere. Una “scomodità” inevitabile, quella di un annunciatore della Parola come Benedetto XVI, che nello stesso tempo ha tristemente creato delle vere e proprie “correnti”, quelle dei sedicenti “ratzingeriani” e “anti-ratzingeriani”, auto-definitisi persino “bergogliani”, come se tutto ciò fosse un vanto per l’attuale Pontefice. Nulla di più imbarazzante.
Si tratta infatti di bieche e becere ideologie, che fanno riferimento a movimenti politico-clericali o correnti interne al Vaticano, quasi si trattasse di un partito politico. Quando invece per qualcuno, alzando lo sguardo, fare riferimento a Ratzinger significa fare riferimento a un modo di concepire il cattolicesimo secondo la dottrina cristiana, tenendo cioè sempre bene in mente i punti saldi della propria fede alla luce dei grandi scritti teologici del Pastore di Lubinga.
Si tratta cioè di riconoscere il contributo del pensiero di Benedetto XVI al cattolicesimo e all’Occidente intero, a cui è stata indicata una vita per risorgere dal proprio baratro, ma che purtroppo non sembra ancora avere imboccato. Tutto passa però per l’onesta di chi riesce a leggere i messaggi del Papa emerito senza pregiudizi, e soprattutto senza le lenti infangate dei propri interessi che tendono a strumentalizzare ogni parola e ogni insegnamento donato da Ratzinger al mondo, tanto con la sua produzione letteraria che attraverso gli atti del suo ministero petrino. Fino all’ultimo, quello della rinuncia, per alcuni persino solo presunta.
Gaenswein tutto questo lo ha messo in luce con chiarezza, ad esempio quando ha fatto presente che “un intellettuale francese una volta ha notato che non appena si menzionava il nome di Ratzinger pregiudizi, falsità e persino disinformazione regolare dominavano ogni discussione”. Questo perché il pensiero di Ratzinger è molto scomodo per chi ragiona con le logiche del mondo, e tutto ciò non può essere che una medaglia al valore, un marchio di genuino disinteresse volto all’evangelizzazione di questa terra al fine dell’instaurazione futura del Regno di Dio.
Chi afferma ad esempio che il Papa emerito sarebbe una personalità a suo modo divisiva dice una totale falsità, perché è altrettanto nota la sua dolcezza, la sua mitezza, la sua ferma volontà nell’evitare la disgregazione della Chiesa. Insomma, ciò che si attribuisce a Ratzinger, per mano dei suoi “avversari”, non è nulla che di più lontano possibile dalla realtà dei fatti.
Dietro cui c’è un’opera di propaganda menzognera sempre attiva, che Gaenswein nel suo testo ha definito come volta a uno “scopo specifico”. Costruire “un’immagine che non è in grado di mostrare la realtà né della persona né dell’operato, ma solo una rappresentazione fittizia”. Un tentativo continuo, in sostanza, di delegittimazione, che parte persino dalla sua Germania, dove il pensiero di Ratzinger rappresenta un vero e proprio baluardo contro le derive anti-cristiane che oggi la Chiesa tedesca vorrebbe sfortunatamente perseguire.
D’altronde, però, gli “avversari” di Ratzinger per qualcuno lo hanno sempre accompagnato, fin dall’inizio del suo sacerdote, proprio come accadde a Gesù durante la Sua predicazione e per tutto l’arco della Sua vita terrena. Nel 2009, non a caso, i giornali riportavano intorno a Benedetto XVI tutta una lunga congrega di “lupi” che hanno fatto di tutto per screditarlo e danneggiarlo. Al punto che Ratzinger ha persino posto “l’altra guancia” con le sue dimissioni.
Ma quei tentativi, di fatto, sono andati più a fondo che mai, per la semplice ragione che il pensiero ratzingeriano è sempre più attuale, forte, vigoroso e ogni giorno che passa viene sempre più compreso anche dalla popolazione più distante dalla Chiesa cattolica. Basta pensare alla discussione italiana sul Ddl Zan e allo scossone della nota diplomatica vaticana destinata allo Stato italiano che mette in guardia dall’approvazione di una tale legge.
Un atto che molti cristiani aspettavano e che smonta completamente ogni narrazione sulla dualità dei due Pontefici, Francesco e Benedetto XVI. Se infatti, come è giusto che sia, tra i due ci sono difformità stilistiche, dottrinali o comunicative, nella sostanza del pensiero e nella salda adesione alla dottrina cristiana tutte queste presunte difformità sono assolutamente inesistenti. Si tratta di forme che fanno parte del linguaggio del mondo ma che nulla hanno a che vedere con la fede nel Signore e con la missione del suo Vicario su questa terra.
Per molti, quella nota ha ricordato lo stile ratzingeriano oppure quello ancora più particolare che farebbe capo alla scuola di pensiero del cardinal Camillo Ruini, per lunghi anni guida della Cei. Si trattava però di tempi diversi. Il richiamo oggi della Santa sede sul Ddl Zan è un messaggio puramente bergogliano, che mette in guardia dalle derive del mondo e dalle sue “colonizzazioni ideologiche”, che è pienamente in linea con il pensiero di Benedetto XVI, da cui anzi attinge “a piene mani”, in quanto una vera e propria miniera di analisi e di visione sul mondo per i cristiani e per la Chiesa.
Insomma, quella nota verbale, oltre a essere un atto formale, chiarisce una volta per tutte quale sia il pensiero cattolico sul Ddl Zan. Ovvero, non contrarietà alla tutela da ogni violenza, ma preoccupazione per alcuni punti specifici, come quello di volere imporre una visione antropologica dell’uomo e della famiglia totalmente anti-cristiana e contro la legge naturale e del Signore.
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Joseph Ratzinger, sulla scia di San Giovanni Paolo II, ha lottato con tutto sé stesso contro la proliferazione dei “nuovi diritti”. Papa Francesco ha certificato che la Chiesa è una e immutabile, e che quindi la musica non cambia affatto. La Chiesa, e i cristiani, hanno ben percepito i tanti rischi dietro questa visione del mondo, e sono intenti a combatterli con tutte le loro forze.
A dimostrazione di ciò, nel 2018 Francesco e Benedetto sono persino intervenuti insieme contro questi presunti nuovi diritti, in occasione del simposio internazionale “Diritti fondamentali e conflitti fra diritti” organizzato dalla Fondazione Benedetto XVI. “Nel corso degli anni, l’interpretazione di alcuni diritti è andata progressivamente modificandosi, così da includere una molteplicità di “nuovi diritti”, non di rado in contrapposizione tra loro”, scriveva infatti per l’occasione il pastore argentino. Con parole che riecheggiano molto la sensibilità del teologo tedesco. Su queste si fonda la visione della Chiesa sull’impianto ideologico che sta alla base del Ddl Zan.
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Insomma, anche stavolta la “Chiesa in uscita” di Francesco, sempre concentrata sugli ultimi, sulle periferie e sulla misericordia, ha evitato di rimanere chiusa in sé stessa e ha ben visto i pericoli per gli stessi ultimi, come può accadere per esempio con il mercato dell’utero in affitto, e per la società tutta, con una visione distorta dell’essere umano, della sua identità naturale e delle relazioni affettive e familiari tra gli stessi. Certificando che, oggi come sempre, chi cerca risposte e vuole porsi domande serie sui fatti della vita e sul cammino dell’umanità deve rivolgersi, ancora una volta, alla Chiesa e al pensiero cristiano, certi che, come una madre amorevole, questa non lascia mai soli i suoi figli.
Giovanni Bernardi
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