Chat Gpt è davvero il fenomeno del momento, un rullo compressore che pare travolgere e fagocitare ogni cosa.
Difficile pensare si possa persino discorrere di teologia o di spiritualità con i mezzi informatici più avanzati.
Eppure, in Germania è successo qualcosa di veramente inquietante…
Uno strano esperimento
Avete mai pensato all’ipotesi di un prete-avatar e di una funzione religiosa celebrata da un’intelligenza artificiale? No, non stiamo parlando di fantascienza ma di un vero e proprio esperimento socio-ecclesiale, che ha già avuto il suo corso.
È successo di recente in una comunità a Fuerth, in una terra pur cattolicissima come la Baviera. Nelle chiese riformate, com’è noto, la gerarchia è quasi inesistente e certe iniziative possono essere prese da qualunque fedele.
Ebbene, è stata di Jonas Simmerlein, un giovane teologo e filosofo dell’Università di Vienna, l’idea di mettere in piedi, presso la chiesa luterana di San Paolo, un’operazione rivoluzionaria tanto dal punto di vista tecnologico quanto dal punto di vista ecclesiastico.
Tutto perfetto ma… senza emozioni
In occasione della Giornata della Chiesa Evangelica, sopra l’altare, Simmerlein ha allestito un maxischermo dove sono apparsi gli avatar di quattro predicatori – due uomini e due donne – i cui sermoni sono stati generati dal chatbot di OpenAI.
“Ho detto all’intelligenza artificiale: ‘Siamo a un congresso ecclesiale, tu sei un predicatore e il motto è: ora è il tempo. Come dovrebbe essere una funzione religiosa?”, ha spiegato Simmerlein intervistato dall’Associated Press.
È facile comprendere come l’esperimento – pur riguardando soltanto una piccolissima parte della convention – sia stato allestito non tanto per ragioni religiose, spirituali o pastorali quanto per suscitare un dibattito e misurare le reazioni tra i fedeli. Reazioni che, come si può facilmente intuire, non sono state tutte uguali.
L’impatto prevalente è stato lo choc. Qualcuno ha detto che l’argomento è troppo delicato per poter essere affidato in toto a un’intelligenza artificiale. Altri hanno lamentato l’impossibilità di interagire con i quattro “pastori virtuali”.
“Sono stato piacevolmente sorpreso di quanto ha funzionato bene. Ma una cosa che mi è assolutamente mancata è stata l’emotività”, ha detto un fedele all’uscita dall’esperimento.
Nessuno ha mai volato con un’ala sola
Va detto che le riunioni delle comunità protestanti, luterane o evangeliche hanno un carattere più marcatamente assembleare rispetto a quelle cattoliche. Si ascoltano catechesi, si prega ma si discute anche molto tra fedeli. Non si discute solo di spiritualità ma anche di argomenti attuali, come può esserlo – per l’appunto – l’intelligenza artificiale.
Nelle chiese riformate si tende, quasi per partito preso, a sfidare i tabù e i dogmi in tutte le loro forme. Sebbene, allora, le prediche dei quattro avatar della chiesa di San Paolo non avessero una funzione ufficiale, è come se un argine si fosse rotto.
Predica virtuale? Pastori avatar? Se ne può e se ne deve parlare. E se c’è qualche forma di consenso, si può e si deve andare avanti. In questo modo, però, viene posta l’opinione degli uomini davanti alla Parola di Dio. Ci sono ambiti della conoscenza, in cui il sacro e il profano devono rimanere separati.
Essendo per definizione una creazione umana, l’intelligenza artificiale potrà solamente esprimere un pensiero umano. Non potrà mai avere un’ispirazione divina ma si limiterà ad esprimere una sommatoria di pensieri umani su Dio. La differenza è enorme ma c’è il rischio che qualcuno possa non coglierla. E non per mancanza di fede ma per mancanza di ragione.
Introducendo una delle sue ultime encicliche, San Giovanni Paolo II scriveva: “La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità” (Fides et ratio). Se si rinuncia ad una sola delle due, quindi, lo schianto verso il basso rischia di essere molto doloroso.