Qualche giorno fa, per ben due volte, nel calendario italiano che ha spostato la festa dell’Ascensione alla domenica, abbiamo letto queste parole di Gesù nel Vangelo: “voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia.”. Parole forti, come spesso sembrano quelle di Gesù. Parole così forti che non danno neanche voglia di soffermarci sopra e si tende a passare oltre. Ma cosa vuol dire Gesù? Che cosa ci sta dicendo veramente? Il contesto è quello dell’ultima cena, nella quale Gesù annuncia ai Suoi discepoli la Sua passione imminente, la Sua morte sulla croce e la Sua risurrezione. Un dialogo tra sordi. Gesù parla loro e loro percepiscono le Sue parole soltanto sulla base delle proprie aspettative. Forse neppure capivano che stava per morire, perché era inconcepibile per loro. Se Gesù era davvero il Messia, doveva salvare Israele dall’oppressore romano, doveva vincere, doveva dare una vita piena di cose e di pace, ma un regno tutto degli israeliti. Oltre a tutto, come potevano gli apostoli immaginare e comprendere che stavano per ricevere, loro e il mondo intero, il dono d’amore più grande? In quel modo? Schernito e denigrato, offeso e maltrattato, scarnato dalla flagellazione, coperto di sputi e di insulti, poteva morire così il Messia? Lo capiranno molto più tardi, dopo aver tradito, dopo averlo rinnegato, dopo essere scappati… Lo capiranno e Giovanni scriverà nell’Apocalisse che: “l’Agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi”. (Ap 7,17)
Anche noi siamo così. Ci facciamo i nostri pensieri, ci costruiamo le nostre idee, delle cose, delle persone, delle situazioni, del passato del presente e, con tanta presunzione, anche del futuro… Poi ci sentiamo spaventati, frustrati, perché spesso nulla corrisponde alla volontà di Dio, a ciò che Dio ci manda, a ciò che Gesù permette. E ci ripieghiamo su noi stessi, sul nostro dolore, sulla nostra frustrazione, sulla nostra rabbia. Non ringraziamo… No! E di che cosa dovrei ringraziare? Non chiediamo con amore… e perché mai, visto che Dio non mi ascolta!? E non ci ricordiamo neanche che Lui è il Giusto e che quindi tutto ha un senso e un valore di ciò che mi accade nella mia vita. Siamo proprio come gli apostoli: non crediamo a chi ci dice che ciò che ci dà speranza certa è già avvenuto, proprio come gli apostoli che non hanno creduto alle donne che annunciavano la risurrezione. Noi ce ne torniamo sfiniti, delusi, demotivati in tutto, a volte persino arrabbiati perché vediamo solo morte, inutile e tremenda… Come gli apostoli che, al culmine della delusione, sono tornati sul lago a pescare, forse persino convinti di essere stati ingannati! Riflettiamo su questo, perché finché ci viene dato di riflettere sul comportamento degli apostoli, tutto bene… Ma che bella Lectio! E poi però quando noi ci troviamo in quella situazione siamo incapaci di rinunciare al nostro istinto cattivo, sotto sotto rifiutiamo di fare quel passo che ci permetterebbe di andare oltre e, soprattutto, di accettare quello che abbiamo, situazioni, persone e cose, gioie e dolori, perché nulla nella vita è per caso, nulla sfugge al Signore e tutto concorre al bene. Noi sappiamo che tutto concorre al bene, per coloro che amano Dio (Rm 8,28). E che Dio ci vuol dare ben di più di ciò di cui abbiamo bisogno…
Ed ecco che nei giorni successivi il Signore ci ha di nuovo parlato nel Vangelo e ci ha detto di chiedere, sì, di chiedere bene e nel Suo Nome. Conosciamo bene la frase: “Chiedete e vi sarà dato”, ma troppo spesso quella frase l’abbiamo interpretata a comodo nostro, come per dire al Signore: “se dici la verità allora dammi quello che ti chiedo”. Eh, no, non funziona così. Dobbiamo chiedere ciò di cui davvero abbiamo bisogno e per comprenderlo al di là delle nostre voglie o dei nostri desideri, dobbiamo prima meditare. Riconosciamo e accettiamo ciò che abbiamo, che abbiamo ricevuto? Riconosciamo che tutto ci viene dalla grazia e la magnanimità di Dio? E poi, lo ringraziamo per ogni cosa, che ci sia piacevole o anche no? Questo è il punto di partenza per poi comprendere cosa chiedere e anche come accettare ciò che ci viene dato… Ma non illudiamoci: non sempre sappiamo accettare e quindi poco e male sappiamo chiedere… Attendiamo e desideriamo ardentemente lo Spirito Santo, lo Spirito di Dio, e apriamoci, anche se con dolore, alla Sua azione potente e meravigliosa, come ha fatto Maria, come ci insegna a farlo sempre lei, la Madre di Dio, la Mamma nostra.
Sandra Fei
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