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La vergogna della “pillola dei cinque giorni dopo” libera per ogni minorenne

L’Aifa, l’agenzia di farmacovigilanza italiana, alcuni giorni fa ha stabilito che le minorenni possono recarsi in farmacia e chiedere la pillola dei cinque giorni dopo.

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Si tratta di un “contraccettivo di emergenza” che va preso entro cinque giorni da un rapporto sessuale per evitare la gravidanza. Cinque anni anni fa il Consiglio superiore di Sanità ha dichiarato in maniera esplicita che il farmaco non esclude “un’azione antinidatoria”.

Il farmaco abortivo che viene liberamente distribuito alle minorenni

In parole povere, si tratta di un farmaco che di fronte alla presenza di un embrione già formato provoca un aborto, seppure precoce. In quell’occasione l’Aifa non tenne in alcuna considerazione le parole del Css e ha eliminato la necessità di effettuare il test di gravidanza, ha omesso nel foglietto illustrativo le informazioni sulla possibile azione antinidatoria, e ha tolto la ricetta per le maggiorenni.

Per arrivare, ora, a eliminare anche la ricetta per le minorenni. Il tutto, si immagina, per vendere più pillole possibile, perché per le aziende che la producono di business si tratta. Per il direttore dell’agenzia, come riporta il quotidiano Avvenire, si tratterebbe nientemeno che di “uno strumento etico in quanto consente di evitare i momenti critici che di solito sono a carico solo delle ragazze”.

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La pillola dei cinque giorni dopo, farmaco dannoso anche per la salute

Insomma, invece di condividere con i genitori i propri dubbi, paure, o qualsiasi altro pensiero, con i propri genitori, basterebbe prendere la pillola abortiva e via, il gioco è fatto. Al massimo, si potrebbe fermare a leggere le poche righe di spiegazione inserite nel foglietto illustrativo. Una realtà che di etico ha ben poco. Se poi si considera che per un qualsiasi antibiotico serva la ricetta, l’unica cosa che emerge è l’ipocrisia di questa scelta.

Oltre a questo, si tratta anche di una decisione piuttosto pericolosa anche per la salute stessa delle minorenni, visto che la pillola provoca importanti effetti collaterali. E che richiederebbero necessariamente un parere da parte del medico di chi è intenzionato ad assumere questo pesante farmaco.

Le decisioni dell’Aifa e di Speranza, un doppio dramma

La volontà della decisione dell’Aifa è perciò evidente: fregarsene altamente della salute fisica, oltre che interiore, delle ragazze minorenni, e ampliare in maniera esponenziale il numero di “criptoaborti”. Messa in parallelo alla decisione del ministro della Salute Speranza di somministrare la Ru486 in regime di day hospital, si vede come il desiderio del governo sia di rendere semplici, facili, nascoste le pratiche abortive. Paragonandola all’assunzione di una pasticca per la febbre o per il mal di testa.

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Dando grande impulso a una mentalità anti-vita, di sesso libero, incrementando in maniera drammatica il numero degli aborti. “Praticamente una tredicenne o una quattordicenne potrà, senza ricetta medica, andare in farmacia e acquistare un composto chimico a base di ulipistral acetato affinché, in caso di avvenuto concepimento di un figlio, il suo utero (l’ambiente in cui il nuovo essere umano dovrebbe trovare stabile alloggio fino alla nascita) si renda inagibile e inospitale”, è il commento preoccupato di Marina Casini Bandini, presidente nazionale del Movimento per la vita.

La “contraccezione di emergenza” è evidentemente “un inganno”

“Conseguenza: il nuovo essere umano che ha appena iniziato a esistere viene espulso e muore”, spiega. Precisando che la “contraccezione di emergenza” di cui si parla è evidentemente “un inganno”. “Ciò che rende drammatica la situazione è il palese tentativo di cancellare, nella mente, nei cuori, nelle coscienze, anche solo il pensiero che in gioco ci sia un concreto e reale, unico e irripetibile essere umano che ha bisogno solo di tempo e spazio per manifestarsi in ciò che già è”, conclude la Casini.

“È dunque necessario vedere, sapere, conoscere, ma la decisione dell’Aifa va nella direzione esattamente opposta: lo sguardo è rifiutato, il figlio negato in partenza e così insieme alla vita si distruggono i diritti fondamentali dell’uomo e il principio di uguaglianza e si tenta di imporre un pensiero unico falsificando la realtà”.

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Pillola dei cinque giorni dopo, invito a “mobilitazione delle coscienze”

Per cui l’invito è a una “mobilitazione delle coscienze” che impedisca “l’assuefazione, la rassegnazione, l’indifferenza. È necessaria una seria e approfondita riflessione sull’obiezione di coscienza dei farmacisti alla luce dei principi costituzionali, della libertà di coscienza riconosciuta dalle carte sui diritti umani, ma anche alla luce dell’art. 9 della legge sull’aborto che abilita a sollevare obiezione di coscienza il ‘personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie”.

Sulla stessa linea la vicepresidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, Emma Ciccarelli. “Superficiale e irresponsabile, quest’autorizzazione è un’umiliazione per le donne: solo chi non ha mai vissuto sulla propria pelle la pesantezza di una scelta tanto delicata, fatta in preda al panico e alla paura delle conseguenze, può consentire una tale azione”, ha affermato.

Un vero atto discriminatorio nei confronti delle donne

Che elenca uno a uno tutte le ragioni per cui la decisione rappresenta un vero atto discriminatorio nei confronti delle donne. “Il ciclo mestruale ci ricorda ogni mese le nostre potenzialità e le nostre responsabilità nei confronti della vita. Ogni mese le donne hanno questo orologio che le mette in diretto contatto con le proprie azioni. Noi mamme insegniamo alle nostre figlie a leggere questo orologio e a dare il giusto valore, a vivere con gioia la sessualità ma anche nel rispetto del proprio corpo e di quello altrui.

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La battaglia che conduciamo da decenni noi donne per avere parità per essere riconosciute nella nostra dignità con questa determina ha segnato un forte passo indietro, ha prevalso il lavarsene le mani tipico del genere maschile, il liquidare il problema rimettendo ancora tutto sulle spalle delle donne. Non è libertà questa. È menefreghismo”.

Giovanni Bernardi

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Giovanni Bernardi

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