La storia che segue racconta di un pilota, originario dello Zaire, salvatosi miracolosamente da un brutto incidente aereo.
Lui è un cristiano molto devoto, con moglie e tre figli; il racconto delle sue vicende e della sua fede ferrea ci aiuta a comprendere i disegni di Dio, non sempre chiari agli occhi degli uomini.
“Il 19 Aprile 1990, stavo volando su un aereo delle Forze Armate dello Zaire, un C-130H.
Da Kinshasa, dovevamo trasportare del materiale nella città del Presidente dello Zaire, Gbadolite.
Il tempo era brutto e un grande agglomerato di nuvole aveva fatto rinviare alle 8,00 il decollo, previsto per le 6,00”.
Ad un certo punto, il decollo fu autorizzato, ma “Dopo 3 minuti di volo, a 600-700 metri di altezza, si illuminò la spia principale (masterlight) nella cabina di bordo: “Fire!”.
Le spie indicarono uno dei 4 motori: il numero 3”.
Il motore numero 3 stava bruciando e il pilota iniziò ad attivare le procedure di emergenza, per cercare di ritornare a terra, il prima possibile.
A bordo, c’erano 57 persone dell’equipaggio, lui compreso.
Mentre eseguiva queste manovre, però, l’aereo prese un’angolazione inaspettata e pericolosa, a causa del guasto al motore, che lo portava dritto verso terra, a precipitare contro la cima di una montagna.
Allo schianto, molti di loro persero i sensi. Quando il pilota si risveglio e aprì gli occhi, mentre le fiamme continuavano ad avanzare, si rese conto della tragedia che stava vivendo: “Due piloti, alla mia sinistra, erano vivi; alla mia destra il comandante aveva la testa aperta in due parti, le gambe schiacciate e delirava. Più a destra c’era un altro membro dell’equipaggio: era vivo, ma la lamiera lo aveva veramente imprigionato e, più si muoveva, più il suo corpo si tagliava, ad un certo punto il fuoco lo divorò per primo, si lamentava gridando e invocava i nomi della moglie e dei figli”.
Come lui, tutti gli altri aspettavano di morire, da un momento all’altro. Il pilota iniziò a pregare e perse di nuovo conoscenza.
Ad un certo punto, sentì: “ “Svegliati, svegliati, arriva il fuoco!” e, risvegliandomi, mi ritrovai in una strana posizione: dalla vita fino alla testa fuori dell’aereo e le gambe dentro”.
Non seppe mai come si trovò in quella posizione e non seppe mai il nome del ragazzo che, subito dopo, lo soccorse, per portarlo in ospedale.
Dopo 7 giorni in sala di rianimazione e altri 7 in osservazione, perché aveva ferite profonde alla testa, bruciature varie ed aveva inalato gas tossici, venne dimesso. Seppe di essere l’unico superstite.
Antonella Sanicanti
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