Si sono recate al gay pride portando con sé l’effige della Madonna con un’aureola arcobaleno. Un gesto sacrilego e blasfemo che ora potrebbe costargli il carcere.
Si tratta di un rischio che ora stanno vivendo tre attiviste Lgbt polacche. Proprio nel Paese che ha dato i natali a una delle figure più importanti dello scorso secolo, il santo Papa Giovanni Paolo II, sempre più il cristianesimo è sotto minaccia.
La fede è attaccata anche in Polonia, patria di Giovanni Paolo II
La Polonia sempre più sembra essere uno degli ultimi grandi baluardi della fede in Europa. Eppure anche lì ogni giorno la fede viene attaccata, accusata, ridicolizzata. Anche in Polonia i cattolici fanno fatica a vivere liberamente il proprio credo, a manifestarlo in pubblico apertamente.
Così si assiste a sfilate irrispettose e offensive, spesso promosse da quanti vorrebbero affermarsi come promotori dei diritti di tolleranza, apertura e inclusione, ma poi i primi ad attaccare chi vive liberamente il proprio credo finiscono per essere proprio loro.
Serve una forte riflessioni su chi offende e chi è offeso
Ora però le attiviste potrebbero vedersela nient’affatto bella. Il pericolo, per le due giovani, è di essere condannate a due anni per aver “offeso le convinzioni religiose”. Subito associazioni di varia natura chiedono di fare cadere le accuse il nome della difesa alla “libertà di espressione”.
Purtroppo, però, manca spesso una riflessione su chi veramente eserciti la propria libertà di espressione, o al contrario manchi di rispetto a quella di altri. Un conto è la libertà di esprimere un credo, l’altra è quella di irridere un credo altrui. Due cose ben diverse.
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Le tre attiviste però ora rischiano grosso
Le tre ragazze, Elżbieta, Anna e Joanna, hanno esposto durante un gay pride un’immagine della Madonna con un’aurea arcobaleno, con un evidente intento provocatorio. Un fatto che risale al 2019 ma che torna così di stringente attualità. L’indagine è infatti partita nel maggio 2019, e nel luglio 2020 tutte e tre le donne sono state incriminate. La polizia ha arrestato Elżbieta al suo ritorno nel paese dopo un viaggio all’estero con Amnesty International. Il processo è iniziato nella giornata di mercoledì 13 gennaio.
L’accusa è quella di “aver offeso le convinzioni religiose“, ai sensi dell’articolo 196 del codice penale polacco, che afferma che “chiunque sia ritenuto colpevole di aver offeso intenzionalmente i sentimenti religiosi attraverso la calunnia pubblica di un oggetto o luogo di culto è passibile di una multa, una restrizione alla libertà o della reclusione per un massimo di due anni”.
Giovanni Bernardi