Sono passati quarant’anni dalla beatificazione di Bartolo Longo. Il ricordo del vescovo di Pompei: ha lasciato una visione coraggiosa del futuro.
Il beato Bartolo Longo, fondatore del Santuario della Madonna del Rosario di Pompei, è stato ricordato dal prelato di Pompei, monsignor Tommaso Caputo, con una lettera. Il religioso ha spiegato che guardando al beato Longo è possibile trovare, anche in un momento difficile come quello del Coronavirus, forte ispirazione. In vista di un nuovo slancio che riguardi l’impegno personale sia in ambito ecclesiale che sociale.
Non dobbiamo infatti lasciarci abbattere dai problemi e dalle incognite, ha spiegato l’arcivescovo prelato di Pompei. Le stesse incognite che vorrebbero impedirci di annunciare il Vangelo, e guardare al futuro della propria vita con speranza e ottimismo. Al contrario, l’obiettivo del cristiano è quello di perseguire la costruzione della Città di Dio anche tra le macerie e la desolazione, che talvolta può essere tanto materiale quanto spirituale e di fede.
“Ripartire dopo la crisi, per noi pompeiani e devoti della Vergine del Rosario, deve necessariamente significare il prendere coscienza della nostra storia di fede e di carità. Per poi impegnarci in prima persona affinché il mondo di domani, cominciando dalla nostra città, sia più solidale, più inclusivo, più unito e concorde”, ha spiegato monsignor Caputo.
Si è infatti detto più volte che sarebbe un vero dramma se questi duri mesi, vissuti a contatto con l’emergenza del Coronavirus, cadano nel nulla senza consegnarci un insegnamento nuovo su come affrontare la vita e le difficoltà della società contemporanea.
Serve quindi “una sferzata di speranza e di coraggio”, ha spiegato Caputo. O meglio “una nuova carica di energia per testimoniare con più fedeltà e vigore il privilegio di essere parte viva di una Chiesa che annuncia Cristo Salvatore praticando la carità come espressione della fede”. Un messaggio che vale ancora più per il Santuario di Pompei, che ha vissuto come tutti una dura crisi legata alla chiusura nei mesi più duri della pandemia.
In questi terribili mesi, tuttavia, “nonostante le limitazioni, il Santuario, come centro di fede e faro di carità, non si è mai fermato, così come le parrocchie della Prelatura che hanno continuato a svolgere la loro missione di fede e di carità sul territorio”, ha spiegato il vescovo.
Citando la fantasia e l’inventiva dei tanti operatori e volontari che hanno saputo ravvivare le Opere del Santuario di Pompei, anche grazie alle nuove tecnologie, nell’ambito dei numerosi gruppi nati intorno al Santuario di Pompei e grazie al carisma del beato Longo. Le Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei, i Fratelli delle Scuole Cristiane, l’Ordine di Malta, la Comunità Incontro, le Misericordie, la Caritas diocesana.
In questo modo è stato possibile dare vita a “una rete di rapporti virtuali non effimeri”. Con mezzi come i social è stato possibile raggiungere “persone o interi nuclei familiari poco abituati a una frequenza ordinaria e diretta; un dato di cui tener conto nello sviluppo della linea pastorale”. “Abbiamo imparato a coniugare con le mutate esigenze dei tempi le forme di carità che hanno tradotto in opere il fondamento della fede”, ha spiegato il vescovo.
Necessario, in tutto ciò, affidarsi alla Provvidenza, come fece il beato Bartolo Longo, “per realizzare una rinascita umana e cristiana secondo il progetto di Dio”. Già in quel tempo, infatti, la miseria e l’ignoranza rappresentavano un problema tanto quando la pandemia oggi. Oggi come allora, infatti, sono i più deboli a subire gli affetti delle crisi. La perdita di lavoro, di speranza, di sicurezza.
In questo percorso temporale, ha concluso il prelato, è quindi necessario osservare “il grande spazio che si apre per discernere l’oggi di Dio“.
Giovanni Bernardi
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