Una news non molto confortante per gli obiettori di coscienza arriva da Rovigo e dalle parole del direttore generale dell’ospedale San Luca di Trecenta, Antonio Compostella: “Il nostro obiettivo è assicurare la continuità dell’attività, anche perché l’erogazione della Pma (procreazione medicalmente assistita) rientra tra i livelli essenziali di assistenza stabiliti dal Ministero della Salute. E la figura del biologo è fondamentale.”. “Abbiamo fatto un approfondimento giuridico-amministrativo e la procedura è risultata corretta ed applicabile, altrimenti non avremmo emanato un bando con un vizio.”.
Si fa riferimento ad un bando per un laboratorio di fecondazione assistita dell’Usl 18 di Rovigo, per cui, la decisione da parte dei medici/biologi, di dichiararsi obiettori, equivale a “giusta causa di recesso”.
Ed è stato questo il caso di due biologhe, precedentemente assunte dalla struttura, che si sono viste ridurre lo stipendio per poi essere allontanate, in quanto non funzionali per l’attività del San Luca. Le dottoresse sono state infatti ritenute responsabili della sospensione del trattamento di fecondazione assistita a ben 150 coppie.
Per l’azienda sanitaria è legittima la scelta delle biologhe, ma non per l’ospedale di Trecenta che ha tre bollini rosa come “ospedale amico della donna e del bambino” e 200 fecondazioni attive, con 62 bambini nati con questa procedura, solo 2016.
Dopo un caso simile al San Camillo di Roma, si comincia a delineare l’intenzione di discriminare i dottori che desiderano dire la propria in merito ad un argomento così delicato, che dispone della vita e della morte di molti embrioni.
Dice il bando: “Trattandosi di selezione per dirigente biologo specifico per l’attività di laboratorio Pma, considerata la sostanziale infungibilità della figura professionale ricercata, costituisce giusta causa di recesso dell’Azienda ex art. 2119 cc., l’eventuale comunicazione da parte del Dirigente di obiezione di coscienza all’attività di Pma, ai sensi dell’art. 16 della legge 40/2004.”.
Ecco la risposta/denuncia del senatore Antonio De Poli dell’Udc: “Siamo al paradosso: un diritto, quello all’obiezione di coscienza, diventa motivo di licenziamento. Il ministro Lorenzin e il Governo diano un segnale chiaro valutando l’opportunità di emanare una direttiva chiarificatrice.”.
A questa voce si unisce quella dell’ex ministro Maurizio Sacconi: “Il bando è un atto incostituzionale perché discriminatorio. Sarebbe assurdo considerare quale causa di licenziamento l’obiezione.” e quella del presidente del Movimento per la vita, il senatore Gian Luigi Gigli: “La vicenda di Rovigo segnala il diffondersi di una tendenza a comprimere gli spazi dell’obiezione di coscienza, malgrado la legge 40 ne riconosca il diritto al pari della 194 per l’aborto. Questa tendenza, per quanto meno grave quando fa violenza al professionista che opera in strutture totalmente dedicate, pone problemi per chi opera dove la Pma costituisce solo un segmento del-l’attività.”.
Chi ribatte invece è il presidente del Veneto, Luca Zaia: “Siamo per la vita. Questa Regione ha fatto da tempo la scelta di agevolare la procreazione assistita e su questa strada non si torna indietro.”.
Entrambe le parti parlano di “vita” e di come proteggerla nel migliore dei modi, ma è evidente che partono da definizioni differenti: può l’uomo decidere della nascita di un bambino (cosa sacra) e del sacrificio di molti embrioni per raggiungere lo scopo (cosa deprecabile)?