Una storia di vera fede e di vera devozione, che non viene scalfita neanche dalla malattia. Una visita inaspettata al capezzale e poche semplici parole che colmano di amore e di speranza il cuore ella donna.
“Sono il falegname del Monastero” – queste furono le parole le quali Suor Maria Geltrude ascoltò dire da quell’uomo.
San Giuseppe: una devozione da sempre radicata
Lo scorso 8 dicembre si è concluso l’anno dedicato a San Giuseppe, Patrono della Chiesa Universale e padre putativo di Gesù, voluto da Papa Francesco. In quest’anno così intenso, tantissimi sono stati i fedeli che hanno riscoperto la figura di questo sant’uomo che ha accolto Maria ed il Bambino Gesù e, con loro, ha formato la Sacra Famiglia di Nazareth.
Gesù, che ha sempre voluto esser chiamato anche “figlio di Giuseppe”, è stato cresciuto da costui che, come Maria, Dio ha scelto per formare la sua famiglia. I Vangeli poco parlano di Giuseppe se non in un tempo limitato al prima e al dopo la nascita di Gesù. Ma questo è bastato per far sì che lui entrasse nel cuore di tutti noi, non solo come padre “sulla terra” di Gesù, ma anche come Patrono di tutte le famiglie.
Tanti sono i Santi che, nel corso dei secoli, a lui si sono rivolti o, verso di lui hanno avuto una grande devozione. Ma anche semplici fedeli e religiosi che, a proprio a San Giuseppe, hanno chiesto aiuto. La storia che stiamo per raccontarvi ora, ci narra di una suora che, verso Giuseppe, aveva una forte fede e una grande devozione.
Suor Maria Geltrude e la sua devozione al Patrono della Chiesa
Lei si chiamava suor Maria Geltrude di Gesù Nazareno e viveva nel monastero delle Clarisse a Tuscania, in provincia di Viterbo. Dopo tre anni dalla sua professione di fede, avvenuta nel 1868, si ammala di cancro. I medici non sanno più cosa fare per aiutarla a sopportare questo male. Era incurabile e la religiosa soffriva molto.
Quella mattina dell’8 marzo, mentre le altre sue consorelle erano alla Messa, lei, immobilizzata nel suo letto, vide la porta della sua stanza aprirsi ed entrare un uomo. Era solo, nessuno l’accompagnava, come stabiliva la regola del monastero. “Sono il falegname del Monastero” – disse e, prendendo una sedia lì vicino, si pose a sedere accanto al letto di Suor Maria Geltrude.
“Che le succede?” – le chiese quell’uomo. Suor Maria gli rispose: “Dicono che ho una malattia grave e non si può fare nulla”. La risposta dell’ospite fu, per la religiosa, inaspettata: “Confidi in Dio”. Poi si alzò e andò via.
“Sono il falegname del monastero”
Lo stupore della suora fu tale che ci fu un particolare che le rimase impresso: aveva due occhi luminosi come le stelle e le mani bianche da non poter sembrare un falegname. Quando nella sua stanza arrivò la suora infermiera, vide una sedia fuori posto. Chiese a Suor Maria Geltrude chi mai fosse lì entrato, e lei raccontò della visita del “falegname del monastero”.
La consorella rispose: “Il falegname? Ma nessuno può essere entrato, le chiavi del monastero le tiene la madre Badessa”. Ma Suor Maria era decisa: “Sì, e si è anche seduto qui e mi ha detto di confidare in Dio”. pensando si trattasse di un suo momento di delirio, la suora infermiera corse dalla Madre Badessa a raccontarle il fatto.
La Badessa sapeva che Suor Maria Geltrude era molto devota a San Giuseppe, tanto da pregarlo ardentemente durante tutta la sua malattia, chiedendo anche di esser guarita per una sua festa. Per questo, corse nella stanza dell’ammalata, prese le due sedie e si mise in ginocchio: “San Giuseppe, se veramente siete stato Voi a venire questa mattina, fatemi vedere in quale sedia vi siete seduto”.
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Il miracolo della sedia che si muoveva
Ed ecco che una delle sedie iniziò a muoversi. La Madre Badessa e le altre consorelle videro il prodigio, abbracciarono la sedia e, piangendo, iniziarono a lodare Dio per la grazia che aveva concesso sia a Suor Maria Geltrude che all’intera comunità monastica.
La suora guarì e visse in ottima salute in una vita nascosta di preghiera e semplicità. Morì il Giovedì Santo dell’anno 1920.
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