Perché affidarsi alla preghiera durante la pandemia? Spesso ai cristiani viene rivolta questa domanda.
In un tempo di grande incertezza e sofferenza come quello che stiamo ancora vivendo, è più che lecito, anche da parte di chi non ha fede, porsi il quesito, e magari fare partire un confronto che possa valorizzare l’esperienza di ciascuno. Infatti, è evidente che momenti di grande intensità e significato ci invitano a vedere la propria vita e qualsiasi situazione in modo diverso. Con uno sguardo, potremmo dire, rinnovato.
Un’immagine che ci possa testimoniare la potenza e la profondità di quello che si vive in situazioni dolorosa, è quella di uomini e donne che pregano. In particolare se questi due uomini sono di religione diversa. Una foto simile, in particolare, ritrae un musulmano e un ebreo, ed è al centro della riflessione che il cardinale arcivescovo di Chicago Blase J. Cupich e il Metropolita greco-ortodosso primate della Metropolia di Chicago Nathanael Symeonides hanno consegnato all’Osservatore Romano
“È difficile discernere l’insostenibile pressione e l’insopportabile tristezza che i due operatori probabilmente hanno vissuto. Ma sono lì insieme, uniti in una missione comune e al centro di un luogo di pace prima di riprendere volontariamente un’altra straziante giornata di lavoro”, spiegano nell’articolo firmato e diffuso dal quotidiano della Santa Sede.
Infatti, accade spesso che nei tempi più duri le persone si affidino alla preghiera, e magari se ne dimentichino in altri contesti più lieti e spensierati. In questo tempo di coronavirus, sono infatti tante le persone che si sono rivolte alla preghiera. Molto più del normale.
Un economista dell’università di Copenaghen, spiegano infatti i due religiosi, ha rilevato questo fato con dati e numeri, evidenziando l’aumento delle persone che si rivolgono alla religione per superare mali contro i quali sono impotenti. Lo stesso si è verificato in rete. Le ricerche legate alla preghiera su internet, nei mesi della pandemia, hanno raggiunto le cifre più alte degli ultimi anni.
Lo stesso è accaduto in televisione e negli altri mezzi di comunicazione, con gli ascolti di rosari e preghiere comunitarie, online e in diretta, schizzati alle stelle. “Molti pregano con gratitudine per l’abbondanza nella loro vita, ad esempio un buon lavoro, un fisico sano, uno stretto gruppo di amici”, rilevano i religiosi.
“Mentre incoraggiamo la pratica quotidiana della preghiera a Dio, apprezziamo anche il rinascere della preghiera, seppur motivato dai tempi difficili”, sottolineano. “Spesso è nelle avversità che l’orazione diventa più preziosa per chi la pratica. Quando i muri sembrano schiacciarci, costringendoci a fare i conti con la nostra mortalità, la preghiera può liberarci creando uno spazio che ci consente di trovare la serenità sul modo in cui dovremmo vivere il tempo che ci è concesso su questa terra”.
Se infatti molto spesso, per risolvere una situazione problematica, ci sproniamo a fare qualcosa, la preghiera è sicuramente il primo e l’ultimo passo di ciò che dobbiamo compiere in quella situazione. Significa aprire il nostro cuore a Dio per liberarlo di ogni ansia, paura, fretta, disarmonia, e per prendere da Lui la forza di ciò che andremo a compiere.
E per ultima, la nostra preghiera rappresenterà un ringraziamento per ciò che abbiamo compiuto, per come sono andate le cose, consapevoli che è sempre la Sua e soltanto Sua volontà a cui abbiamo adempiuto e alla quale siamo chiamati a sottostare, accettandola con cuore libero. Ringraziare il Signore al termine di ogni nostra fatica significa consegnare a Lui il nostro sforzo, senza illudersi di essere merito o colpa nostra, e ricordandosi così che anche ogni nostro operato futuro potrà poggiare solo ed esclusivamente sulle Sue mani.
“Pratica antichissima, la preghiera è largamente riconosciuta e al tempo stesso profondamente fraintesa”, spiegano i religiosi. “Alcuni hanno usato la preghiera come mezzo, cercando solo un’apparenza esteriore di pietà, altri l’hanno usata come bastone per mettere in dubbio la pietà di quelli che non hanno mai incontrato. Di fatto, se la preghiera viene ridotta a un mero intrattenimento, non si conosceranno mai il suo significato e il suo fine, né si comprenderanno i suoi benefici”.
La domanda allora, legittima, che può essere fatta tanto da un cristiano che vuole approfondire il senso della sua fede, quanto da un ateo che fede non ne ha, ma magari sente nel suo cuore che avrebbe piacere di averla, è: che cos’è la preghiera?
“Un buon modo per capire la preghiera è vederla come un prisma dove si scopre qualcosa di veramente unico a seconda di come lo si osserva”, rispondono. “La preghiera ci aiuta a conoscere meglio noi stessi e a lavorare sulle nostre numerose mancanze. Ma la preghiera ci aiuta anche ad allontanarci da noi stessi e a concentrarci sui bisogni altrui. Aiuta a renderci umili attraverso l’accettazione del dato di fatto che abbiamo molto meno controllo sugli eventi della vita di quanto riteniamo”.
La preghiera quindi ci riporta anche alla mente che, in quanto individui liberi e senzienti, le nostre azioni hanno ricadute importanti sul nostro prossimo e su noi stessi. “Fondamentalmente la preghiera ci aiuta ad agire e a diventare le persone che siamo chiamate a essere”, spiegano nell’articolo. Ricordando le bellissime parole di Madre Teresa: “La preghiera che passa all’azione diventa amore, e l’amore che si trasforma in azione diventa servizio“.
“Come guide religiose di fedi diverse, la preghiera ci aiuta a rivelare le risposte alle domande che gravano su di noi”, concludono. “Certo, a volte le risposte che cerchiamo non sono subito chiare. Quando ciò accade, continuiamo a pregare.
E attraverso le nostre preghiere comprendiamo che raramente esiste una linea retta tra le questioni con cui ci confrontiamo e le risposte che desideriamo. A diventare importante è essere lì, in preghiera“.
Giovanni Bernardi
fonte: vaticannews
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