La preghiera non fa bene solo allo spirito ma anche al corpo, avere il dono della fede ci porta a credere nell’importanza della preghiera, molti sono portati a pensare che faccia bene solo allo spirito, ma negli ultimi tempi numerosi studi scientifici dimostrano che chi crede ha una risposta più efficace nel combattere le malattie del proprio corpo, ed effetti positivi sull’organismo.
Vediamo alcuni studi effettuati che compravano la veridicità di tale argomentazioni:
Contro l’infarto
Una ricerca condotta in Israele condotta dall’Università di Tel Aviv sulla popolazione maschile degli insediamenti israeliani, ha accertato le proprietà benefiche della preghiera nei confronti della pressione arteriosa e dell’apparato cardiovascolare in genere.
Secondo i ricercatori israeliani è risultato che pregare ha un effetto benefico sulla regolazione del sistema nervoso autonomo e che la preghiera meditativa è in grado di produrre benessere psichico e spirituale che ha particolare efficacia nella popolazione “a rischio”, come gli anziani, producendo un abbassamento della pressione arteriosa. In sostanza aiuta a vincere ansia e nervosismo.
Alla stessa conclusione sono giunti anche un pool di esperti dell’università di Pavia, che hanno registrato la frequenza respiratoria di 23 soggetti adulti sani durante una normale conversazione, mentre recitavano una preghiera e per sei minuti di respirazione controllata. Il risultato? Nel momento di preghiera la frequenza respiratoria si è mostrata più regolare.
Contro il cancro
È stato più volte accertato che la lotta ai tumori non può fare a meno di un atteggiamento del paziente improntato all’ottimismo e alla serenità. Ecco perché anche la preghiera, in tutte le sue forme rappresenta un aiuto importante per un paziente oncologico. E funziona anche se la fede si cerca tramite Internet, in gruppi di preghiera che si raccolgono sfruttando le opportunità offerte dal Web. È la conclusione di uno studio condotto dai ricercatori statunitensi della University of Winsconsin-Madison Center of Excellence in Cancer, condotto su 97 donne colpite da cancro alla mammella residenti negli stati americani del Winsconsin e del Michigan.
“Conosciamo molti malati di cancro che cercano sostegno nella preghiera”, ha spiegato Bret Shaw, ricercatore a capo dello studio, “affidandosi a gruppi che si raccolgono on line. Il nostro è il primo lavoro che esamina effetti psicologici ed eventuali ripercussioni sul loro comportamento”.
Le pazienti sono state intervistate prima che prendessero parte ai gruppi di preghiera, e quattro mesi dopo. Analizzando i testi delle loro pratiche, gli studiosi hanno osservato che all’aumentare delle parole di matrice religiosa (per esempio “preghiera”, “Dio”, “Santo”, “adorare”) diminuiva il livello di emozioni negative , mentre aumentavano benessere e ottimismo.
“Da un punto di vista psicologico”, ha detto ancora Shaw, “ci sono numerosi motivi per cui i malati di cancro possono trarre beneficio dalla preghiera, sia nella sua forma tradizionale che su Internet. Analizzando il contenuto dei loro messaggi, si può dedurre come questi pazienti usino la preghiera per fare fronte alla loro malattia, finiscano per essere meno spaventati dalla morte e riescano, grazie alla fede, a vedere la loro situazione in una chiave più costruttiva”.
Dopo l’ictus
Una forte dose di spiritualità può ridurre lo stress emotivo legato alle difficoltà di un ricovero dopo un ictus. Lo dimostra un recente studio condotto nel centro di riabilitazione dell’Ospedale San Raffaele Pisana di Roma, su 132 pazienti, con età media di 72 anni. “Chi è religioso e attivo all’interno di una comunità”, ha spiegato Salvatore Giaquinto, responsabile del centro di riabilitazione della struttura romana, “riceve più aiuti. Il supporto sociale che arriva loro anche attraverso i volontari viene vissuto come una esperienza di cure e amore che permette di non sentirsi soli”.
Lo studio non stabilisce quale sia la religione che contribuisce in modo maggiore a questo beneficio, ma dimostra solo che chi è religioso ha qualche possibilità in più di essere aiutato ad uscire da un evento grave come l’ictus.