PREGHIERA
O gloriosissimo principe S. Michele, ricorro a Voi, che siete il mio padre, il mio amico, la mia consolazione e sicurezza. Per mezzo vostro io ho tutti i benefici che mi vengono dal Signore. Se sono libero dalla pestilenza, dai terremoti, dalle tempeste, e da altri gravi flagelli, lo devo a Voi che siete il mio consolatore. Glorioso principe, non mi private della vostra presenza nell’ora della morte! Consolatemi in vita ed in morte e guidatemi dopo la morte a vedere la bella faccia di Dio in eterno. Così sia.
APPARIZIONE
Ecco la storia della miracolosa apparizione di San Michele arcangelo al vescovo di Manfredonia, che sconfisse la peste. È raccontata da un testimone del tempo…
L’anno 1656 in quasi tutta l’Italia, e specialmente nel Regno di Napoli, incrudeliva la peste. Nella sola città di Napoli aveva mietuto quattrocento mila vittime. Fu attaccata anche la città di Foggia a tal punto da restarne quasi spopolata. Manfredonia, vedendo vicino il nemico, pose guardie d’intorno, mandò ordini, editti. L’Arcivescovo Giannolfo Puccinelli cercò allontanare il male umanamente inevitabile con molti spirituali rimedi. Confidando nel patrocinio di S. Michele Arcangelo, dopo aver fatto processioni e pubbliche dimostrazioni di penitenza, unitamente al suo Clero e popolo tutto, raccolti nel tempio della Sacra Grotta, e prostrati con la faccia per terra, con gemiti assordavano il Cielo, e per intenerire la Divina Misericordia ordinò un triduo di digiuni per tutta la sua Diocesi. Il male frattanto a gran passi avanzava verso Manfredonia, per la qual cosa il buon Prelato, dopo avere conferito varie volte con gli Ecclesiastici, decise che si dovesse con instancabile assiduità insistere presso il glorioso S. Michele per ricevere aiuto. Ordinò un altro triduo di digiuno e preghiere, esortando il popolo alla penitenza. Intanto fu interiormente ispirato a formare una supplica a nome di tutta la città, e presentarla sull’altare a S. Michele Arcangelo, onde si interponesse come mediatore presso Dio. Ebbero miracoloso effetto i desideri comuni, perchè la supplica venne esaudita e fu il S. Arcangelo stesso a recarne l’annuncio. Verso le cinque di notte, nel giorno 22 settembre, mentre l’arcivescovo stava in camera sua recitando preghiere, e mentre tutta la famiglia dormiva, udì uno strano rumore a somiglianza di terremoto, dalla parte di Oriente vide una gran luce, ed in mezzo alla luce riconobbe il glorioso Principe S. Michele, il quale gli disse: « Sappiate o Pastore di queste pecorelle, che io Michele Arcangelo ho ottenuto dalla SS. Trinità, che dovunque con divozione verranno adoperati i sassi della mia Basilica dalle case, dalle città e luoghi la peste se ne andrà. Predicate, narrate a tutti la grazia divina. « Ubi saxa devote reponuntur ibi pestes de hominibus dispellantur ». «Voi benedirete i sassi scolpendovi il segno di Croce col mio nome. Predicate di doversi placare Dio dell’ira del prossimo terremoto». Intanto i servitori destati dallo strano rumore, corrono nella camera e trovano l’Arcivescovo come morto, giacente a terra. Spaventati lo sollevano e lo ristorano, ma egli non cessò di gemere e di sospirare, e versando lagrime pronunciava solo il nome di San Michele. Il giorno seguente comparve in pubblico come messaggero di pace. Convocato il popolo, altro non proferiva che «Viva S. Michele; la grazia è fatta; Viva S. Michele». Fece subito scheggiare delle pietre dalle pareti medesime, scolpendovi nel mezzo la Croce col nome di S. Michele, e poi le benediceva con rito particolare. Ognuno si caricò di queste sacre pietre. Non mancò chi temesse del futuro male, e dubitasse del bene presente. Ma svanì ogni dubbio quando avvenne il terremoto il 17 ottobre, come aveva annunciato San Michele. Si accrebbe la certezza, quando succedette un altro più orribile terremoto con notevole danno delle vicine città, restando illesa invece Manfredonia, ed immune dalla peste prodigiosamente.