È sconcertante ciò che è avvenuto nel famoso ateneo a riprova di quanto l’ateismo stesso sia ritenuta una religione a tutti gli effetti.
Il “credo” di colui che è stato nominato cappellano ateo della celebre università americana è a dir poco sconvolgente, e purtroppo mostra una triste realtà che tanti vorrebbero fare passare per regola comune, quando non imporla in maniera subdola o persino coercitiva alle più giovani generazioni.
Ci si chiede se veramente queste importanti realtà accademiche internazionali pensino che Dio non conti nulla per l’essere umano e che si potrebbe davvero fare a meno di Lui. Se così fosse, purtroppo, sarebbe la vera e propria ritirata del pensiero umano, insomma una sconfitta per tutti. Siamo così certi che Gesù non abbia proprio nulla da dire all’uomo di oggi?
L’uomo in questione si chiama Greg Epstein, ha 44 anni ed è dichiaratamente ateo. Il suo programma di cappellano capo di Harvard è stato sintetizzato in un’intervista al Times. Ci si chiede però quale sia il senso, se non provocatorio, di nominare un “cappellano ateo”. Quale sarebbe il bisogno di una simile figura, già di per sé una contraddizione in termini? Pensare inoltre che un tempo la prestigiosa università bostoniana aveva come motto: “Verità per Cristo e per la Chiesa”.
La missione dell’università di Boston ai suoi albori, infatti, era la formazione dei sacerdoti che avrebbero dovuto seguire i primi coloni puritani del New England. La sciagurata scelta del cappellano Epstein è giunta dalle diverse fedi religiose presenti nell’ateneo, vale a dire quella cristiana, musulmana, ebraica, buddista, indù e di altre confessioni minori. Scelta piuttosto bizzarra, se si pensa che il suo ateismo è ben noto a tutti.
La sua pubblicazione più famosa si intitola “Good without God: what a billion nonreligious people do believe”, e il cuore del messaggio di questo testo è il “Buono senza Dio”. Insomma, non si può che strabuzzare gli occhi di fronte a questa realtà, difesa dagli elettori di questa figura che non la spiegazione che, a loro dire, gran parte dei giovani frequentatori di Harvard sono ormai atei e quindi non si può che accettare tutto questo.
Le indagini interne all’università sosterrebbero infatti che più del 40 per cento degli studenti avrebbe rivendicato lo scorso anno di essere ateo o agnostico. La prima domanda che viene da porsi è sul rispetto del restante 60 per cento, che di conseguenza si trova ad essere dileggiato da questa scelta. Pare che però le matricole avrebbero mostrato un raddoppiamento delle dichiarazioni di ateismo o di agnosticismo rispetto agli altri.
Certo, qualcuno potrebbe obiettare, con un simile cappellano è ben difficile avvicinarsi alle fede. Forse i giovani con la mente più libera e critica potrebbero notare qualche “incongruenza” rispetto al sistema ateo che viene loro proposto e di conseguenza iniziare a farsi qualche domanda, a cercare un tantino meglio nel fondo del loro cuore, oppure, perché no, entrare in qualche Chiesa per sedere dinnanzi al Tabernacolo.
“C’è un gruppo in aumento di persone che non si identifica più con alcuna tradizione religiosa, ma avverte ancora un reale bisogno di conversazione e sostegno su cosa significhi essere un buon essere umano e vivere una vita etica”, è quello che avrebbe spiegato il cappellano ateo. Purtroppo però il suo motto non fa che risuonare come la vera e proprio sconfitta dell’umano, specialmente se si pensa ad alcune parole di Benedetto XVI che oggi risuonano a dir poco profetiche.
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Ratzinger, rovesciando l’espressione “etsi Deus daretur”, invitava chiunque non riesca a trovare la via dell’accettazione di Dio, a vivere comunque come se Dio ci fosse. Mentre Epstein al contrario invita di farsi atei cercando una via che escluda a propri l’orizzonte soprannaturale, ponendosi in vera e propria antitesi rispetto alle parole di Benedetto XVI. Purtroppo, però, i cristiani sanno che è molto difficile mettere in pratica questa vita buona senza Dio di cui questo personaggio parla.
Un essere umano è costituito nella sua essenza dal bisogno di una dimensione trascendente, dall’urgenza di cercare il buono e il bello nella sua vita, donandosi al prossimo e volgendo al cielo il proprio sguardo, per evitare il rischio di abbassarlo sui propri piedi, o sul proprio ventre, rinchiudendosi in sé stesso, ammalandosi a causa del proprio narcisismo egoistico, di un’individualismo che escludendo il prossimo non fa che privarsi del senso della vita, e per ultimo della felicità umana.
Senza un orizzonte di senso che abbia ben salde le sue radici nel Signore, infatti, tutto prima o poi ciò che è presente nella propria vita viene privato di senso, e questo dato di realtà dovrebbe interrogare tutti, cristiani, atei o di altre religioni. Triste pensare che in un luogo di prestigio e di intelletto come Harvard ci si sia dimenticati di tutto questo.
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Forse le religioni dovrebbero quindi interrogarsi sulla penetrazione dell’ateismo tra le nuove generazioni, di questo non c’è dubbio. Ma altrettanto le grandi università dovrebbe porsi qualche domanda sullo smarrimento, da parte loro, della retta via del Signore e del bene universale che Lui soltanto ci ha indicato.
Giovanni Bernardi
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