Dopo aver ricevuto il Cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione della Causa dei Santi, Papa Francesco ha concesso a quest’ultimo di dare mandato alla congregazione per promulgare i decreti che porteranno alla Chiesa 5 nuovi beati e 7 nuovi servi di Dio.
Tra questi spicca la figura del Cardinale vietnamita Francesco Saverio Nguyên Van Thuân morto quindici anni fa. Nato il 17 aprile 1928 a Huê , quest’uomo di Dio proveniva da una famiglia profondamente religiosa che nel corso degli anni aveva subito diversi martiri: la nonna morì insieme a gran parte della sua famiglia nel 1885 quando un gruppo di persecutori diede fuoco a tutto il villaggio, in questa occasione si salvarono solo il nonno, in Malesia per motivi di studio, e la madre. Anche la famiglia del padre è stata perseguitata varie volte, il bisnonno gli raccontava spesso di quando l’intera famiglia fu costretta a convertirsi, per non finire in prigione come suo padre incarcerato perché cristiano.
Nonostante le difficoltà Nguyên Van Thuân è stato educato dalla madre al cattolicesimo, ogni sera gli leggeva storie della Bibbia e i valori cristiani, inoltre gli parlava sempre di Santa Teresina per fargli comprendere il grande valore del perdono. Crescendo Xavier comprese che la sua vocazione era forte ed ha cominciato il seminario per diventare un prete. Nominato Sacerdote nel 1953, ha ricevuto il titolo di Arcivescovo titolare di Vadesi e Coadiutore di Saigon nel 1975 per volontà di Papa Paolo VI.
Il suo lavoro nella diocesi di Saigon, però, è stato interrotto pochi mesi dopo il suo inizio, quando salirono al potere i comunisti e fu imprigionato come rappresentante della fede cattolica. In quel periodo la madre di Padre Saverio pregava affinché il figlio mantenesse la fede e così fece, guadagnandosi anche il rispetto dei suoi carcerieri. Questi gli chiedevano spesso: “Ma tu un giorno, se sarai liberato, ci farai perseguitare?”, ma lui rispondeva: “No, assolutamente”. “Ci farai uccidere?” E lui sorprendendoli per la grande compassione: “Certo che no, io vi amo”. “Come? Tu ci ami?” e questo con dolcezza gli rispondeva “Sì, certo. Io vi amo”.
Nove anni di prigionia durissima non gli hanno incrinato la fede, ogni giorno, intorno alle tre di pomeriggio, celebrava la messa e benediceva anche i suoi carcerieri e la sera recitava il rosario, consapevole che prima o poi Dio lo avrebbe liberato. Un giorno quando gli chiesero come fece a mantenere la sua fede in Dio così a lungo e nonostante tutte le avversità che aveva subito lui rispose: “Non di rado, nel mondo moderno, ci sentiamo perdenti. Ma l’avventura della speranza ci porta oltre. Un giorno ho trovato scritto su un calendario queste parole: ‘Il mondo è di chi lo ama e sa meglio dargliene la prova’. Quanto sono vere queste parole! Nel cuore di ogni persona c’è un’infinita sete d’amore e noi, con quell’amore che Dio ha effuso nei nostri cuori, possiamo saziarla”.
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