Di fronte allo scoramento collettivo non tutti restano con le mani in mano, un sacerdote si rimbocca le maniche e trascina gli altri.
Come ad esempio accade a Roma, nel quartiere Garbatella, dove don Alessandro non esita a scendere per la strada per intercettare il malessere crescente in tanti giovani di questa generazione.
L’obiettivo di questo sacerdote è quello di riprendersi la piazza, ma in maniera consapevole, vale a dire con la coscienza di come ci si comporta davvero e di cosa significa veramente spendersi per il bene del prossimo, senza condizioni né remore.
Nei giorni scorsi è infatti andata in scena, nel quartiere popolare romano, una manifestazione in cui si è chiesto a gran voce di recuperare i luoghi ordinari della socialità, sempre più freddi e privi di relazioni umane autentiche, invase dalle logiche turistiche e degli interessi commerciali.
La particolarità di questo evento, però, è che il tutto è partito da questa speciale parrocchia di San Francesco Saverio di piazza Damiano Sauli. Lì infatti il parroco, don Alessandro Di Medio, è riuscito con la sua fatica a trovare riscontro nelle istituzioni, quindi con l’appoggio anche delle forze dell’ordine, per fare finalmente luce sui tanti rischi che oggi i giovani corrono nelle nostre strade, a un anno e mezzo dal drammatico evento dello scoppio pandemico.
Sui giornali infatti si parla tanto di sofferenza, disagio psicologico e mancanza di relazionalità, ma purtroppo sono in pochi a darsi concretamente da fare per cambiare qualcosa. Don Alessandro è senza dubbio tra questi.
“La piazza dalla sera fino a notte fonda è vissuta dai giovani e giovanissimi. Questo è un bene perché i ragazzi devono riscoprire la socialità ma la nostra preoccupazione è che siano abbandonati a loro stessi”, ha spiegato il religioso intervistato dall’agenzia cattolica Sir.
La sua analisi, però, non è tutta rose e fiori. “Con la fine del coprifuoco è cresciuta l’ansia dei giovani di riprendersi le strade, ma quello che sentiamo sono urla che nascondono un malessere di fondo”, spiega. Da qui, la conclusione: “È importante che le istituzioni e gli attori sociali come la parrocchia si sintonizzino, per non lasciar cadere nel vuoto il bisogno di aiuto di tanti giovani”.
Il fatto è che se i tempi cambiano, anche i luoghi si modificano con loro. Garbatella è un quartiere romano celebre per le tante narrazioni che ne sono state fatte, da quelle di Pasolini nei suoi romanzi alle fiction televisive più recenti. Oggi si dice che il quartiere vive, almeno all’apparenza, una rinascita, con i prezzi degli appartamenti che salvono, i percorsi turistici che si incrociano con le case popolari e la crescita di uffici e opportunità lavorative.
Purtroppo però non è tutto come sembra, e i problemi dei ragazzi che nascono e crescono in questa zona restano sempre gli stessi, proprio come accade in molto delle altre periferie romane o di gran parte delle metropoli italiane. “Nei lotti alcuni vivono ai domiciliari. C’è delinquenza e degrado sociale. Dovere della parrocchia è fare in modo che il malessere non sia trascurato”, spiega don Alessandro con tristezza.
Da qui si capisce perché anche la lodevole iniziativa del sacerdote possa avere ricevuto critiche. “C’è chi storce il naso e non vede di buon occhio la nostra attività in piazza”. Per fortuna, però, stavolta almeno l’appoggio delle istituzioni è stato presente, in particolare quello del Municipio VIII in cui è inserito. Insomma, la strada pare quella giusta ma di certo ancora non basta.
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“Serve un intervento integrato perché le strutture istituzionali non hanno abbastanza risorse per rispondere all’enorme questione sociale che si è aperta dopo il Covid”, è quanto ha affermato all’agenzia stampa il presidente del Municipio Amedeo Ciaccheri. Spiegando che “ne è un segnale che anche la parrocchia si faccia portavoce di un incontro fra istituzioni e forze dell’ordine per essere parte attiva della soluzione”.
Però c’è il tema della crisi economica, l’incertezza sul futuro che come una scure si sta abbattendo in tante zone d’Italia. Che genera preoccupazione e incertezza, nonché purtroppo, talvolta, miseria e sofferenza. “Con i nostri servizi sociali e la rete di volontariato, abbiamo attivato percorsi per avere ben chiaro quale sia stato l’impatto sulla popolazione. Abbiamo lavorato con l’associazionismo durante la pandemia per progetti di supporto e sostegno rivolti all’infanzia e all’adolescenza. Tutto questo oggi è più evidente dopo la pandemia”.
La strada è tracciata, urge un surplus di solidarietà. “Il tema è come condividiamo la vita sociale nella piazza. I giovani sentono il bisogno di riprendere gli spazi che durante l’anno sono stati assenti”, si spiega. “Fra loro sentiamo una grande esigenza con la fine del coprifuoco di trovare momenti di incontro. Per loro è mancata la quotidianità”. Oltre alla piazza, infatti, ora è il momento di ragionare su proposte valide per uscire dalla difficoltà insieme.
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Don Alessandro ha già idee chiare, che sicuramente possono diventare un modello per tante zona del Paese analoghe alla sua. “A cominciare da uno sportello di supporto psicologico che aiuti gli adolescenti, ma non solo. E poi uno spazio di incontro per la domanda e offerta di lavoro e infine un corso professionale”.
Giovanni Bernardi
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